Dorothy Parker torna in libreria ma con disclaimer. Beato chi l’ha letta prima

Gli strepitosi racconti della scrittrice statunitense arrivano in una “nuova edizione” che ne incrimina alcuni passaggi, invitando il pubblico più giovane a leggere l’opera considerando il contesto storico in cui sono stati scritti e le sensibilità sociali diverse da quelle odierne

Ah che bello, torna in libreria Dorothy Parker (non è la prima volta, ma i suoi racconti sono talmente strepitosi che nessuna generazione può privarsene). La casa editrice Astoria segnala per questa raccolta di storie – “Dal diario di una signora di New York” – un copyright del 2015. Questa dell’ottobre 2024 è indicata come “nuova edizione”. Non stiamo giocando ai filologi (il gioco più noioso del mondo: con i computer e le loro prodigiose memorie, a dispetto del tasto “cancella”, lo credevamo sparito e invece vive e prospera, e minaccia di farlo per i decenni a venire).



Siamo stupiti, per nulla piacevolmente, della scritta che la sigla Astoria ha piazzato per proteggere i giovani virgulti dall’incontro senza rete di protezione con Dorothy Parker. Eccola qua, la mettiamo in corsivo per evitare equivoci: Quest’opera è stata scritta in un periodo storico in cui le sensibilità sociali erano significativamente diverse rispetto all’attuale. Gli autori di quell’epoca potrebbero aver espresso giudizi, pregiudizi o avversioni che oggi sono considerati inaccettabili e politicamente scorretti. Tali opinioni non riflettono quella dell’editore o dei lettori moderni. Vi invitiamo quindi a leggere quest’opera considerando il contesto storico.


Beato chi ha potuto godersi Dorothy Parker senza queste censure. Saltiamo di gioia, qualcosa l’abbiamo azzeccata nella vita. Andiamo a periziare questi racconti, che ci sarà mai? Ecco: la parola “negra”, scritta per intero e riferita a una donna che dovrebbe prendersi cura di un’altra e non all’altezza. Non c’è neppure la strepitosa poesia sui cocktail Martini bevuti all’Algonquin: Dorothy Rothschild – Parker è il nome del marito – nasce nel 1944 e a dispetto degli alti e bassi finanziari si è goduta la vita. Da qui i versi sul Martini – che comunque, colpo di scena, il sito Martini Madness non ritiene debbano attribuirsi alla scrittrice.



Sostiene il sito, dedito al Martini in tutti i suoi stati e travestimenti, che la chiusa poetica “al quarto Martini, finisco sotto il mio cavaliere” (la riga precedente recitava “al terzo Martini finisco sotto il tavolo”) non va considerata al 100 per cento Dorothy Parker. Girava in quegli anni tra chi tendeva a esagerare. Non sembra proprio un pericolo per la gioventù – forse più per i lettori e le lettrici mature. In qualsiasi giallo di quegli anni – genere hard boiled, non Agatha Christie con i cadaveri che rovinavano le petunie – i detective ci davano parecchio dentro, poi una doccia e via come nuovi.

Sarà l’ultimo racconto, a scatenare la moderna buoncostume? “Dal diario di una signora di New York”. Lunedì si lamenta dello champagne bevuto alla festa, mica si può stare alzati fino alle cinque senza niente in pancia. Poi arriva la manicure, con il suo carico di pettegolezzi. Interessanti, ma la sciagurata osa mettere sulle unghie della cliente un disgustoso smalto color mandarino. Mercoledì, tac, un’unghia si spezza – e la manicure è impegnata. Dramma da crisi isterica. Sarà questo il passo incriminato? Considerare le donne sciocchine senza cervello?

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