Competitività, protezione degli europei, autonomia strategica. Il colloquio tra Draghi e Macron

Il presidente francese e l’ex premier si vedono per dialogare attorno al report sulla competitività europea. Su molti punti c’è una comunione d’intenti

Parigi. Mario Draghi e Emmanuel Macron di nuovo assieme, uno accanto all’altro, ma non più per parlare dei rapporti bilaterali tra Italia e Francia, superare le rispettive incomprensioni e rafforzare i legami nel solco del Trattato del Quirinale, bensì per dialogare attorno al report sulla competitività dell’Europa che l’ex presidente della Bce e del Consiglio italiano ha presentato a settembre: la bussola che dovrà orientare una Commissione europea ambiziosa, dagli investimenti sulla difesa, alla sburocratizzazione, fino a una maggiore autonomia industriale e alla creazione di un terreno propizio alla comparsa di campioni europei dell’high-tech.

L’incontro si è tenuto ieri al Collège de France, prestigiosa istituzione fondata nel 1530, ed è stato animato da Philippe Aghion, ex professore di Harvard che contribuì nel 2017 alla stesura del programma economico del candidato di En Marche!. La prima domanda è stata sulle conseguenze per l’Europa della rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca. “E’ ancora molto difficile dire cosa succederà con la nuova Amministrazione Trump. Ma sicuramente darà un ulteriore grande impulso di sviluppo al settore high tech, un settore in cui siamo già in ritardo. Ci troveremo dunque ad affrontare un periodo in cui dovremo lavorare più intensamente rispetto a quanto avevamo precedentemente pianificato”, ha dichiarato Mario Draghi in apertura del dibattito, prima di aggiungere: “La seconda cosa abbastanza sicura è che ci saranno più dazi. Negli ultimi cinque anni, l’Europa è diventata ancora più dipendente dagli Stati Uniti: le esportazioni ora rappresentano circa il 20 per cento del nostro commercio totale. Gli Stati Uniti sono il secondo maggiore fornitore di gas naturale liquefatto e il principale fornitore di equipaggiamenti militari per la guerra in Ucraina”. L’orizzonte di maggiori dazi deve “suonare come un campanello d’allarme per l’Europa”, ha affermato Draghi, che ha risposto alle domande di Aghion in inglese, ripetendo più volte l’espressione “wake up call”. “Dovremmo anche aspettarci pressioni per modificare le nostre regolamentazioni europee per fare spazio al settore high-tech degli Stati Uniti. Inoltre gli standard climatici cambieranno sicuramente. Quel poco che è stato fatto in precedenza probabilmente verrà annullato”, ha aggiunto l’ex presidente del Consiglio italiano.

“In Europa, per dirlo in modo molto semplice, investiamo troppo poco, a livello sia pubblico sia privato. E, soprattutto nel settore privato, sugli elementi di ricerca che fanno la differenza”, ha esordito Macron, evidenziando l’ipertrofia di regole che strozzano le aziende europee e la protezione inadeguata del mercato interno dell’Ue. “Regolamentiamo in modo eccessivo e abbiamo aumentato questa sovra-regolamentazione rispetto agli americani. E proteggiamo troppo poco”, ha detto, aggiungendo: “Gli americani e i cinesi proteggono il loro mercato. Questa protezione include politiche di incoraggiamento della domanda interna, un punto dove l’Europa si è indebolita, sacrificando la propria domanda interna per favorire modelli economici basati sulle esportazioni. Di conseguenza, l’Europa ne risente maggiormente quando le esportazioni rallentano”. Per Macron, la tavola rotonda è stata anche un modo per riaffermare il suo sostegno alle proposte del rapporto Draghi, che vede come un prolungamento del discorso della Sorbona dell’aprile 2024, quando disse che “l’Europa può morire”, manifestando l’urgenza di un sussulto, di un cambio di passo verso l’autonomia strategica.

Durante il suo intervento, Macron ha invitato l’Europa ad agire in modo unito e deciso verso un’indipendenza europea: “Ritardare ulteriormente porterebbe a dilemmi difficilmente risolvibili. Occorrono scelte decisive in settori strategici, inclusa la politica commerciale e industriale, con un focus sul mercato unico e l’innovazione”. Un appello rilanciato da Draghi: “Non vedo alcun destino ineluttabile. Tuttavia, se ci dividiamo, perdiamo il nostro vantaggio. E il rischio, se nei prossimi due anni non otteniamo risultati concreti, è che alcuni paesi siano tentati da avventure individuali con gli Stati Uniti d’America. Penso che la preferenza debba andare all’azione collettiva, perché è ciò che ci permette di essere efficaci”. Per Draghi, se i paesi europei non sono uniti non possono resistere a una politica di dazi ingiusta degli Stati Uniti: “Quindi, la politica commerciale difensiva deve essere a livello del mercato unico”. L’ex presidente della Bce ha sottolineato l’importanza di “applicare la logica del mercato unico a settori che finora abbiamo escluso”, come “l’energia e le telecomunicazioni”: il mercato unico è importante perché “permette di investire. In questo contesto, uno degli aspetti da affrontare a 27 è il settore finanziario. L’unione dei mercati di capitali è cruciale”.

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