Dal razzismo a Gaza, passando per tweet. L’idea che una presa di posizione politica decida dell’anima di chi la assume, l’idea che ci siano solo due campi di un grande scontro epocale e che le posizioni terze siano sospette è sintomatico dai tempi intolleranti in cui navighiamo
Ieri il filosofo del diritto Mario Ricciardi, già direttore del Mulino, ha scritto su X un tweet (si chiamano ancora così?) che mi sembra sintomatico dei tempi intolleranti in cui navighiamo, e in cui rischiano di naufragare anche le persone apparentemente più posate: “Comincio a pensare che Gaza sia diventato un test morale. Una di quei rari eventi che costringono anche le persone più refrattarie a impegnarsi a prendere una posizione (tacere è una forma di acquiescenza, non c’è uno spazio per essere neutrali)”. Poche righe in cui sono concentrati tutti i tic anti laici del terrorismo intellettuale novecentesco. L’idea che una presa di posizione politica decida dell’anima di chi la assume, l’idea che ci siano solo due campi di un grande scontro epocale, l’idea che le posizioni terze siano sospette e che i silenzi siano prova indiretta di complicità.
È un’altra delle appendici, l’ennesima, alla secolare vicenda della mentalità inquisitoria, e non è un caso che Italo Mereu abbia voluto chiamare il suo grande studio sul modo di ragionare dell’inquisitore “Storia dell’intolleranza in Europa”. In Europa, sì, ma anche in America, perché è da lì che ci arrivano le nuove metamorfosi del Malleus Maleficarum. Che si parli di razzismo o di patriarcato o di colonialismo o di vattelapesca, il disco è sempre il 78 giri dei nostri nonni degli anni Trenta. Per esempio, uno dei più rozzi propagandisti dell’antirazzismo contemporaneo, Ibram X. Kendi, ha fatto una fortuna con questi ragionamenti a cappio: dice che si può essere solo razzisti o antirazzisti, ed esserlo, s’intende, secondo i suoi dettami; non si può essere “non razzisti” o diversamente antirazzisti. Chi non si impegna attivamente nella lotta al razzismo dentro è fuori di sé è, deduttivamente, un razzista. L’uomo laico, eretico o meno, ha un solo test morale: togliersi il cappio dal collo.