Da quando è all’Inter Simone convive con il ricordo dell’ex che, scacciato, ora torna da avversario. Sullo sfondo l’attaccante del Napoli Romelu Lukaku arriverà a San Siro forte del ricordo del gol che ha spezzato l’equilibrio contro il Milan
Per mesi, qualsiasi cosa facesse Simone Inzaghi, nella penombra si scorgeva la sagoma di un fantasma con le sembianze di Antonio Conte. Era arrivato dalla Lazio per raccogliere un’Inter che il suo collega non voleva più, prossima alla rivoluzione per gli addii di Hakimi e Lukaku. In comune, all’epoca, il modulo prediletto, il 3-5-2, e poco altro: diversissimi i concetti tattici di fondo, imparagonabili persino i successi ottenuti fino a quel momento. Conte spietato e vincente, architetto di gruppi dalla mentalità granitica. Inzaghi meno mediatico e ancora alle prese con il test della grandissima squadra dopo gli anni estremamente positivi alla Lazio. E poi, cos’è successo? Inzaghi ha sofferto, ha vinto trofei minori e forse buttato via uno scudetto, quindi si è ritrovato a un passo dall’esonero, infine si è aggrappato fino a una finale di Champions League che gli ha dato lo slancio necessario per un campionato da padrone.
Adesso quel fantasma, a lungo svanito, è tornato in altre vesti. Non è più il fantasma del passato, ma del presente e del futuro. Nell’incrocio di San Siro, già violato una decina di giorni fa, Conte andrà a caccia delle insicurezze dell’Inter per cibarsene, con la nobile ambizione di mettersi sul petto, nonostante i proclami vadano in direzione del tutto opposta, quel pezzetto di stoffa tricolore che oggi illumina le maglie nerazzurre. Inter-Juventus è stata forse la svolta della stagione interista, quei quattro gol presi ancora offendono Inzaghi, che sentiva di poter dilagare e invece si è ritrovato sbigottito ad assistere allo show di Yildiz. Da quel momento, l’Inter non ha più subito gol, pur concedendo ancora occasioni, come è capitato nella folle notte contro il Venezia.
L’Arsenal è stato il primo test di altissimo livello dopo le sbandate del derby d’Italia: Inzaghi lo ha superato con fare allegriano, combattendo nella ripresa una guerra di trincea, lasciando che i Gunners si spegnessero a forza di cross divorati dalle teste di de Vrij e Bisseck, non dando mai la profondità agli esterni dell’Arsenal, potenzialmente letali. È lecito pensare che a San Siro sarà invece il Napoli a concedere il possesso all’Inter, a rimanere rintanato per proteggere la porta di Meret e azzannare in velocità gli spazi con Politano, Kvaratskhelia e Romelu Lukaku. Già, Lukaku. La partita dentro la partita. Il rapporto con Inzaghi si è chiuso nel peggiore dei modi, con il belga furente per il mancato impiego dal primo minuto nella finale di Champions League contro il Manchester City.
Quando si è ritrovato al cospetto del suo nuovo nemico, lo scorso anno, la figura è stata magra, a voler essere generosi: spettatore non pagante in una partita d’andata nella quale la decadente Roma di Mourinho parve disinteressata a tutto quello che avveniva nella metà campo avversaria, figura tragica nel ritorno dell’Olimpico, una delle primissime uscite del De Rossi allenatore giallorosso, con Lukaku che a tu per tu con Sommer si fece portare via il pallone a terra con una facilità irrisoria in quella che poteva essere l’occasione del momentaneo 3-3. Arriverà a San Siro forte del ricordo del gol che ha spezzato l’equilibrio contro il Milan, nato da una spallata che ha rievocato i momenti migliori del colosso belga, ma anche dovendo spazzare via l’onta di essere stato divorato da Hien al Maradona nel duello ad alta quota con l’Atalanta. Un’altra scena muta sarebbe imperdonabile e darebbe fiato al partito di quelli che già da qualche settimana invocano a gran voce il nome di Giovanni Simeone, eroe silenzioso del Napoli scudettato di Spalletti con i suoi provvidenziali ingressi dalla panchina. Ma in quella squadra c’era un Osimhen travolgente, mentre ora l’argentino prova a rivendicare il suo spazio e ha tutte le carte in regola per farlo sentendosi quantomeno alla pari del collega.
E se è vero che Conte proverà a nutrirsi delle indecisioni difensive dell’Inter, anche Inzaghi avrà voglia di giocare a scacchi, di svuotare l’area di rigore per non finire nella morsa di Rrahmani e Buongiorno, di spaventare gli avversari con Thuram e Lautaro pronti a girare al largo come hanno fatto De Ketelaere e Lookman, lasciando spazio agli inserimenti dei centrocampisti, marchio di fabbrica dell’allenatore piacentino: sembra puntare in questa direzione la scelta di tenere inizialmente a riposo contro l’Arsenal sia Barella, sia Mkhitaryan. Il rischio, forse persino il timore, è che Inter-Napoli possa essere uno spettacolo molto diverso da Inter-Juventus, che pure prometteva noia e sbadigli e invece si è rivelata un carnevale fuori stagione. Questo perché, pur essendo solo a novembre, entrambe hanno già scoperto il potere sacro della paura. In un campionato così livellato, in cui fin qui i valori sembrano davvero tutti molto vicini, anche il minimo passo falso può far male e alimentare i fantasmi.