“Attenti ai dazi di Trump. Se accade, Meloni non può restare a guardare”. Parla Zaia

“Il protezionismo del neo presidente americano può ammazzare la nostra economia”, dice il governatore del Veneto. “Bisogna che l’Europa faccia l’Europa, che non si muova secondo impulsi stupidamente burocratici ma con una visione politica comune”

“I dazi americani preoccupano, certo. L’Europa dovrà saper difendere i suoi interessi, e l’Italia con Giorgia Meloni può diventare il paese che dialoga e media per conto dell’Europa con Donald Trump”. Dice così Luca Zaia, il presidente del Veneto. “Bisogna vedere se poi Trump metterà davvero i dazi”, dice. “Ma pure non si potrà stare fermi a guardare”, aggiunge. D’altra parte forse nessuno più di Zaia, in politica, ha ben presente quale impatto avrebbe sull’Italia una politica protezionistica fatta dall’America. “Il Veneto ha seicentomila imprese. Ed è il primo produttore di vino al mondo. Per noi il mercato americano vale cinquecento milioni di euro. Potete immaginare quali effetti avrebbero i dazi. Poi c’è il comparto dei macchinari e delle apparecchiature, che va dalla produzione di trattori a quella di satelliti. Un mercato che per il 30 per cento dell’export è rivolto agli Stati Uniti. Ma non solo. In Veneto c’è il biomedicale, c’è la Luxottica, c’è De’Longhi, c’è l’industria della moda e del fashion… Tutti soffrirebbero per i dazi americani. Pensate, noi siamo pure tra i primi produttori al mondo di scarponi da sci”. Ad Aspen, nel Colorado, sulle montagne rocciose, si scia indossando gli scarponi fatti in Veneto.



“Però suggerirei di non fasciarci la testa ancora prima di essercela rotta”, dice Luca Zaia. E si riferisce al fatto che “quelle di Donald Trump finora sono soltanto dichiarazioni elettorali”. Lei non crede che il presidente degli Stati Uniti sarà conseguente con quanto ha promesso? “Credo a questo, credo che quello europeo sia il mercato più ricco del mondo. Con i suoi 450 milioni di abitanti non c’è area produttiva al mondo che possa permettersi di non avere come mercato l’Europa. E se tu metti i dazi in ingresso, finisce che subisci dei dazi anche in uscita. Voglio dire che i mercati mondiali sono dei vasi comunicanti. Quindi è impensabile immaginare di isolare un vaso, perché se non entra più acqua finisce che non ne esce più. Insomma mi sento di dire che non credo che Trump isolerà l’America dall’Europa. Siamo troppo legati da un rapporto di interdipendenza”. Ma se accadesse? “Bisogna lavorare perché non accada. Bisogna che l’Europa faccia l’Europa, che non si muova secondo impulsi stupidamente burocratici ma che abbia una visione politica comune. E c’è da augurarsi che l’Italia colga l’occasione per conquistare un ruolo di mediazione tra Europa e America”.

Perché proprio l’Italia? “Confido molto nelle capacità dimostrate da Giorgia Meloni in politica estera. E non si può non vedere che l’Italia oggi non ha soltanto lo storico e incoercibile vincolo di amicizia che la lega agli Usa dalla fine della Seconda guerra mondiale ma ha anche un rapporto di affinità politica dovuta all’amicizia tra governi. Anche a Matteo Salvini va riconosciuto di avere sempre sostenuto Trump”. Il sovranismo? “E’ una semplificazione. Ma è evidente che i rapporti personali e umani, in politica, contano. Sono importanti. E in Europa quanti sono i capi di governo che possono parlare con Trump vantando di non averlo mai insultato, di non averlo mai ridicolizzato? Forse davvero soltanto Meloni che in questi due anni ha dimostrato una capacità straordinaria nel condurre la nostra politica estera”.

C’è anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, no? “Certo. Che accompagna la premier, come anche io accompagnavo Berlusconi ai vertici internazionali quando facevo il ministro. Ma la politica estera la fa il premier. La fa Meloni. Che ha un’affinità politica innegabile con Trump. Nel G7 siamo l’unico paese dell’Unione europea che ha un governo non ostile a Trump. Gli altri sono Francia e Germania. Questa affinità adesso va fatta fruttare”. Altrimenti? “Altrimenti se l’America, cosa che non mi auguro e non credo accada, dovesse mettere dei dazi inspiegabili sui nostri prodotti sarebbero guai veri. Una regione a vocazione produttiva come il Veneto ne soffrirebbe, e di conseguenza ne soffrirebbe tutto il nostro paese. Nel 2023 gli investimenti americani in Veneto sono stati di oltre un miliardo di euro. E crescono del 15 per cento circa di anno in anno. Ogni anno vengono in Veneto tre milioni di americani, con un aumento annuale del 28 per cento. Inoltre abbiamo almeno 600 studenti americani nelle nostre università. C’è un interscambio enorme con gli Stati Uniti. E qui io sto parlando solo del Veneto, dei 5 milioni di abitanti del Veneto. Poi ci sono le altre regioni d’Italia e gli altri ventisette stati europei. E’ evidente che una politica protezionistica nei confronti dell’Europa sarebbe un disastro per tutto il continente. Io penso che se i dazi vengono messi per bilanciare la concorrenza sleale, se vengono messi a quei paesi che non rispettano le regole del mercato del lavoro e non hanno spese di riconversione ambientale, possono essere giustificati. Ma pensare che la facciano con noi, no. Non è pensabile. E certo, lo ripeto, non è pensabile che gli Stati Uniti mettano dei dazi e che l’Europa e l’Italia restino fermi a guardare”. E un po’, forse, è anche un avvertimento al governo: amici amici con Trump, ma attenti a non farvi fregare.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori “Fummo giovani soltanto allora”, la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.

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