Schlein non vuole Marini alla Consulta perché consigliere di Meloni, ma vuole Pertici perché è dirigente del Pd

La segretaria dem considera scellerato il disegno della premier. Così per preservare l’indipendenza della Corte costituzionale vuole eleggere un membro della direzione del Partito democratico

Noi l’abbiamo sempre pensato: ella, cioè Elly, insomma Schlein, ha ragione. La Corte costituzionale va difesa. Non si può mica nominare un professore di Diritto pubblico che ha scritto una riforma per il governo di Giorgia Meloni. Non si può mica nominare Francesco Saverio Marini che ha scritto il premierato. Ma stiamo scherzando? E’ un “vulnus”, anzi una “forzatura democratica”, no, di più è “una deriva”. Non lo sentite questo odore ungherese di “gulash” come direbbe l’onorevole Lucaselli? Ecco. Noi siamo d’accordo con ella, anzi con Elly: altro che Marini, bisogna nominare subito il prof. Andrea Pertici che è iscritto al Pd. Lui sì che ha tutte le qualità d’indipendenza perché fa parte della direzione nazionale del Partito democratico.

Anche noi come Elly, cioe ella, insomma Schlein, abbiamo sin dall’inizio considerato scellerata questa pretesa del governo di destra di voler nominare attraverso il Parlamento un giudice della Corte costituzionale. Scel-le-ra-ta. Ecco. Ma insomma, non lo sanno questi ragazzotti di Fratelli d’Italia, questi improvvisati di Palazzo Chigi, che la Corte costituzionale è come Rai 3, insomma non lo sanno questi sciocchini che è la corte del Pd? In senso letterale. Ma che vogliono? Davvero pensavano di nominare l’autore di un manuale di Diritto costituzionale come il prof. Marini? Ma non lo sanno che egli, il prof., era oltretutto un quadrumviro della Marcia su Roma. I quadrumviri del 1922 erano notoriamente De Vecchi, Balbo, De Bono e.… il professor Marini. Guidati da Benita Meloni, s’intende. Noi democratici invece, che siamo liberali e difendiamo l’indipendenza della Corte, spingiamo fortemente affinché quel posto di giudice lo prenda l’irreprensibile Andrea Pertici che era triumviro di “Possibile” con Elly e Pippo (Civati). Quindi da sempre indipendente. Oggi è consigliere giuridico di Schlein, pettinatissimo e col ciuffo, uno che si faceva il selfie scrivendosi sul palmo della mano “ddl Zan” cosa tipicamente da grande giurista (chi non ricorda il selfie di Salvemini contro la legge truffa?), ma soprattutto membro della direzione nazionale del partito (quindi particolarmente libero) nonché avvocato autore di un ricorso (presso la Corte costituzionale) contro l’autonomia differenziata promossa dal governo. Il Pd, che ha sempre ragione come si diceva un tempo, non vuole il giudice che fa la riforma col governo perché giustamente vuole il giudice che fa causa al governo sulla riforma. Non fa una piega. Come dargli torto? Basta “fango sulla Costituzione”, ecco. Solo con Pertici la Costituzione è salva (e lottizzata). Perché ovviamente, se la destra farà passare Pertici, il Pd farà passare Marini. E la “deriva orbaniana” e “la mobilitazione democratica” e il “vulnus” costituzionale? Tutto sanato, anzi sanatissimo. Uno a te, e uno a me. Pertici: basta la parola.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori “Fummo giovani soltanto allora”, la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.

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