Superato il 5 novembre, l’iter verso la Casa Bianca prosegue con altri appuntamenti: il voto dei grandi elettori, chiamati verso dicembre a votare per il candidato di riferimento, sono contati e ratificati dal Congresso americano, a cui seguirà l’insediamento ufficiale del nuovo presidente degli Stati Uniti
Oltre duecento milioni di americani sono chiamati a decidere chi tra Donald Trump e Kamala Harris diventerà il prossimo presidente degli Stati Uniti.
Quello americano è un sistema elettorale indiretto. Vale a dire che gli elettori si recano alle urne per eleggere a livello statale i grandi elettori, suddivisi in numero pari rispetto al numero di rappresentati che ogni stato manda al Congresso. In totale ce ne sono 538, e un ticket presidenziale vince se ottiene la maggioranza dei loro voti, ossia almeno 270. Nel caso in cui si arrivasse ad un pareggio, con entrambi i candidati a 269 voti, la decisione spetterebbe alla Camera dei rappresentanti – attualmente a maggioranza repubblicana – dove ogni stato esprime un unico voto.
17 dicembre
Saranno proprio i grandi elettori, riuniti il prossimo 17 dicembre in un organo ad hoc chiamato Electoral college (o Collegio elettorale) a votare per un candidato alla presidenza e uno alla vicepresidenza, per poi trasmettere a Washington l’esito della loro scelta. Da un punto di vista legale, i grandi elettori sarebbero liberi di votare a prescindere dal candidato e dalla lista a cui sono collegati, anche se raramente è capitato che trasgredissero l’impegno preso verso il partito politico di riferimento.
6 gennaio
All’inizio del nuovo anno, il Congresso (l’assemblea legislativa statunitense, composta da Camera dei rappresentanti e Senato) situato nel Campidoglio, nello storico quartiere di Capitol Hill, dovrà ratificare il voto dei grandi elettori in una sessione congiunta presieduta dal vicepresidente degli Stati uniti (che è anche presidente del Senato), certificando in sostanza l’esito del voto espresso qualche mese prima dai cittadini. Il conteggio è solitamente un iter formale, che tuttavia il 6 gennaio 2021 è stato bruscamente interrotto dalla violenta irruzione di migliaia di manifestanti pro-Trump nel palazzo del Congresso, sostenendo la mancata validità dei risultati a causa di brogli elettorali.
20 gennaio
Superata la fase di ratifica, il 20 gennaio è l’inauguration day. Ossia il giorno dell’insediamento del presidente degli Stati Uniti e l’inizio ufficiale del mandato presidenziale, originariamente fissato al 4 marzo per poi essere anticipata alla data attuale a partire dal 1933. Stando a quanto disposto dall’articolo 2 della Costituzione statunitense, il neopresidente dovrà prestare una dichiarazione solenne in cui giura di eseguire fedelmente l’ufficio di presidente degli Stati Uniti e che proteggerà la costituzione al meglio delle sue capacità. L’insediamento si è trasformato nel tempo in un’evento di festa ricco di sfilate e danze. Fino alla presidenza di Jimmy Carter la cerimonia si è tenuta nel portico est del Campidoglio, per poi passare a partire dall’inauguration day Ronald Reagan a sul lato ovest della scalinata.