Un’indimenticabile giovane donna dalle braccia conserte, padrona dei suoi capelli. Che si è spogliata fino a restare quasi nuda, nell’autunno temperato di Teheran. La favola contraria a quella del ragazzino del re nudo, ma con lo stesso esito
Il giorno dopo, c’è una notevole sobrietà, quando non una reticenza, sulla studentessa iraniana che abbiamo guardato spogliata, restata con la biancheria intima, in un cortile dell’Università Azad di Teheran. (Azad, abbiamo imparato, vuol dire libero, e Azadì libertà). Abbiamo guardato il video. Poi abbiamo letto che la giovane si chiama Ahoo Daryaei, che significherebbe qualcosa come gazzella di mare. Che studia letteratura francese. Che avrebbe una trentina d’anni. Facebook si è rapidamente riempito della sua fotografia e di immagini che la riproducevano e le rendevano onore. L’ho riprodotta anch’io, e mi sono augurato che un miliardo di persone lo facessero. Che un pronunciamento vasto e inerme potesse valere a difendere una creatura così fiera e temeraria. Poi sono comparse le prime irrisioni, poche, e i primi scetticismi, molti. E’ un evidente fotomontaggio, hanno scritto in molti. Una scemenza: non era una fotografia ma un video, piuttosto lungo, e filmava la camminata della giovane, in una strada trafficata, osservata e commentata solo da lontano. Fino alla conclusione, la solita auto dalla quale è sceso il solito manipolo di energumeni che l’ha caricata e portata via. Si può pensare che i vari guardiani della virtù stipendiati o volontari non avessero osato fermarla prima, per lo sbalordimento di un atto così imprevedibile, e per lo spavento che un corpo di donna svelato ispira alla normalità bigotta.
Altri commentatori, di quelli cui non la si fa, hanno avvertito che l’episodio era più che sospetto, nel pieno della tensione fra Israele e Iran: un fake, una manipolazione sionista per attizzare l’avversione agli ayatollah. Grandissima è infatti la stupidità sotto il cielo, ed equamente distribuita. Meno stoltamente faziosa, una prudenza è venuta da coloro, i più, che hanno ripreso la tesi delle autorità universitarie di Teheran e dell’agenzia ufficiale Fars, secondo cui la giovane non aveva reagito a un rimprovero o a un maltrattamento per il suo abbigliamento non abbastanza castigato, ma era semplicemente fuori di senno. Con l’aggiunta di voci secondo cui un uomo che se ne dichiara il marito e padre di suoi figli avrebbe informato le autorità su comportamenti domestici inconsulti di lei, presumibilmente per proteggerla. In una registrazione a volto coperto, spontanea o ispirata, l’uomo chiede di non diffondere il video di lei. Si sostiene ancora che sarebbe stata trasportata in una clinica psichiatrica. Versione osteggiata da Amnesty e da personalità dell’opposizione iraniana, che chiedono notizie certe e un’indagine aperta. Infine il diffuso silenzio da cui sono partito. Dietro il quale restava l’interrogativo più urgente, dove la giovane si trovasse e in che condizioni.
Ora, essendo fra le e gli innumerevoli che si sono commossi ed esasperati guardando il video – la donna giovane bellissima dai bellissimi capelli neri sciorinati e dal bellissimo gesto delle braccia composte sul petto, una grazia risoluta opposta a ogni immagine di follia, e il suo percorso, che mostrava l’assenza di ogni premeditazione – sento il bisogno di ribadire commozione, ammirazione e furore. C’è un grande paese in cui un’ordinaria demenza si è impadronita delle menti e degli organi genitali di milioni e milioni di maschi da strapazzo, autorizzati dalla benedizione del matrimonio a ore ad andare devotamente a puttana, altrettanti casi clinici coagulati in un colossale caso clinico collettivo, contagioso, con appena un cambio di foggia al turbante o alla tonaca, a tanta parte del resto del mondo. Poi c’è quella indimenticabile giovane donna dalle braccia conserte, padrona dei suoi capelli. Che si è spogliata fino a restare quasi nuda, nell’autunno temperato di Teheran. La favola contraria a quella del ragazzino del re nudo, ma con lo stesso esito, di smascherare i vestiti dell’imperatore e dei cortigiani.