Non chiamiamo la separazione delle carriere “Riforma Falcone”, ma nemmeno “Riforma Gelli”

Falcone era a favore della separazione delle carriere, tentare di negarlo è impresa da bassa sofistica giuridica. Tuttavia possiamo rinunciare a intitolargli la riforma, a patto che ci si impegni a non chiamarla mai più “Riforma Gelli”, che è semplicemente ridicolo

Oggi ho voglia di fare il negoziatore, come quei duri dei film hollywoodiani con un megafono in mano che devono convincere un rapinatore a non ammazzare la vecchietta che tiene sotto tiro o un aspirante suicida a non buttarsi dal ventesimo piano. Ha scritto ieri Liana Milella su Repubblica, chiamando a sostegno fior di magistrati, che battezzare la separazione delle carriere “Riforma Falcone”, come ha proposto Alessandro Sallusti sul Giornale, è una strumentalizzazione postuma dettata da un fraintendimento strumentale delle parole del grande magistrato, e che dovremmo rispondere con lo slogan: “Giù le mani da Falcone”. Ovviamente non è così: Falcone era a favore della separazione delle carriere, lo ha detto in mille occasioni, non avrebbe potuto dirlo più chiaramente, e tentare di negarlo è impresa da bassa sofistica giuridica. Ma io dico che questo muro contro muro non serve a nessuno, ed è meglio proporre un baratto, o meglio uno scambio di ostaggi: noi rinunciamo a chiamarla “Riforma Falcone”, anche se ne avremmo qualche ragione, voi però vi impegnate a non chiamarla mai più “Riforma Gelli”, che è semplicemente ridicolo (ed è indecoroso che siano anche magistrati e uomini di legge a farlo, non solo cronisti ignorantelli di qualche gazzettino manettaro). Una volta liberati gli ostaggi, diventa possibile battezzare la separazione delle carriere con il nome che più le conviene, ossia: “Riforma Paese Normale”. Ora posate le pistole a terra e venite fuori con le mani alzate. Nessuno si farà male.

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