L’ex premier gioca di sponda con il governatore campano, tra vecchie consuetudini e nuove intese. Nel frattempo rievoca i cattolici, manda stoccate alla segretaria dem e attacca Sala: è pronto a riposizionarsi?
Ha fiutato l’aria e sulle macerie del campo largo è pronto a ballare. Matteo Renzi manda stoccate a Elly Schlein, attacca Beppe Sala e soprattutto è sempre più convinto che sia Vincenzo De Luca, il governatore sceriffo della Campania, la figura giusta per fare il federatore dell’area moderata e riformista. L’onda lunga della disfatta ligure non s’arresta e, quasi per paradosso, da escluso di lusso, l’ex premier ne è uscito rafforzato. “Senza il centro non si vince”, continua a ripetere sempre più convinto, rinvigorito da analisti e flussi elettorali. Nel frattempo si guarda attorno, perché l’incanto, il sogno di una partita di mezza estate, sembra finito in questo caldo autunno romano. Si sarebbe aspettato un altro trattamento dal Nazareno, qualche parola in più da parte della segretaria Elly Schlein che invece l’ha sacrificato sull’altare di un’alleanza con il M5s che potrebbe non farsi mai. E dalla quale gli stessi grillini ogni giorno di più si smarcano.
Così Renzi ha deciso di rimescolare la carte, pensare a un’altra strategia. E’ tornato a evocare il mondo cattolico, quello che in fondo non hai mai del tutto digerito la leader dem. E’ in quella vasta area sempre in cerca di rappresentanza che secondo il senatore di Rignano bisogna pescare il nuovo padre del campo largo. Ragionamenti che non sono certo inediti, ma che Renzi ha deciso di rendere di nuovo espliciti con un tempismo che non pare casuale, quando mancano pochi giorni alle regionali di Umbria ed Emilia-Romagna. “E’ inutile avere il 29 per cento se poi si perdono le elezioni per un pugno di voti. Schlein ha indicato la strada giusta: basta veti. Poi però lei per prima non è stata in grado di tenere la posizione”. E allora che fare, come muoversi? Da Italia viva provano a stemperare. “Ci limitiamo a prendere atto di quello che è successo, nessun cambio di linea”, è la versione ufficiale. Ma il messaggio è chiaro, tanto che alla Camera, con opposti entusiasmi, anche i deputati del Pd si interrogano. Molti, soprattutto i più vicini alla segretaria, non si fidano di Renzi. Ma tra i dem c’è anche una quota che continua a ritenere indispensabile la sponda riformista. Sono quelli che sostenevano Stefano Bonaccini e nei circoli il congresso l’hanno vinto. Appigli che Renzi proverà ancora a sfruttare, in una partita che riguarda la segretaria del Pd ma anche il centro. Per questo ha puntato il sindaco di Milano Beppe Sala, con cui ieri ha duellato a suon di dichiarazioni e note stampa. E mentre l’amministratore gli diceva “sei infederabile”, il leader di Iv lo invitava ancora una volta “a occuparsi della sicurezza di Milano. Gli suggerisco di essere meno permaloso”. Schermaglie che sembrano avere l’obiettivo di sgombrare il campo. Ed è qui che entra in gioco Vincenzo De Luca. Il governatore commissariato dal Pd, dopo un periodo di tregua è tornato all’attacco. Oggi porta in Aula, al consiglio regionale, la legge per candidarsi ancora, l’escamotage che gli permetterebbe di restare in sella. Con lui Matteo Renzi ha una certa consuetudine che risale almeno ai tempi di Palazzo Chigi. De Luca infatti non ha mai firmato il referendum per l’abolizione del Jobs act promosso dalla Cgil (e sostenuto da Schlein) e nelle scorse settimane ha invitato Renzi a Napoli per una iniziativa contro l’Autonomia organizzata proprio nella sede del Consiglio regionale. “Vogliamo costruire un centrosinistra riformista, capace di vincere al centro. Bello vedere tanti amministratori e amici pronti a dare una mano”, disse allora il leader di Italia viva. Dichiarazioni e segnali che oggi assumono maggiore sostanza, mentre dal gruppo di Italia viva lasciano intendere che se davvero il governatore dovesse candidarsi per la terza volta i renziani sarebbero dalla sua parte.
La questione campana e la strategia di Renzi si legano a doppio filo con le regionali che si terranno tra pochi giorni. E se l’Emilia-Romagna non è in discussione, l’Umbria potrebbe segnare invece la fine della pace (armata) nel Pd, riaprendo la stagione della caccia alla segretaria, lo sport preferito al Nazareno. Matteo Renzi lo sa e fa i suoi calcoli, pronto a puntare su un altro cavallo.