I bergamaschi hanno battuto per 0-3 il Napoli e, assieme alla Fiorentina, sono arrivati a tre punti dal primo posto
Nella lunga estate passata a cercare una rivale all’Inter di Simone Inzaghi, tra una esaltazione delle magnifiche sorti future della Juventus di Thiago Motta e un applauso dopo l’altro al Napoli di Antonio Conte, peraltro giustificati dai risultati, la Serie A si era dimenticata, come spesso è accaduto negli ultimi anni, che più del talento degli undici in campo a contare davvero è la convinzione di essere forti. E in questa specialità impossibile da quantificare in numeri c’è una squadra più dotata di tutte le altre: l’Atalanta di Gian Piero Gasperini. I bergamaschi avevano iniziato la stagione alternando ottime prestazioni e blackout clamorosi, alla ricerca di un nuovo centro di gravità dopo la cessione di Teun Koopmeiners ai bianconeri. Perché se è vero che si vince in undici e di squadra, ci sono giocatori che sono più squadra di altri e attorno ai quali gli altri gravitano. Gian Piero Gasperini ha sperimentato un po’, ha cercato di trovare un nuovo Koopmeiners, poi ha capito che riproporre ciò che è stato non aveva senso e ha iniziato a riprogrammare quel corpo unico che è stato l’Atalanta e che si è dimostrato essere ancora. Missione difficile, che sembrava però dare risposte positive, ma alla quale serviva un esame ulteriore, quello contro una squadra di primissimo livello. È arrivato all’ora di pranzo di domenica 3 novembre allo stadio Diego Armando Maradona di Napoli: vittoria per 0-3. Che vuol dire terzo posto in classifica e candidatura urbi et orbi per essere attrice protagonista per la lotta scudetto.
E visto che una candidatura non la si nega mai a nessuno ecco anche l’aggiunta della Fiorentina di Raffaele Palladino. Tanto viola e nerazzurri hanno raggranellato gli stessi punti, ventidue, e vincono entrambe da cinque turni a questa parte. Ocio però a lasciarsi trasportare dall’esaltazione recente, perché senz’altro Atalanta e Fiorentina hanno ottimi interpreti e allenatori capaci e caparbi, ma sono anche le squadre che concedono più occasioni agli avversari e, come si è visto contro Napoli e Torino in questo fine settimana, alle due è andata bene anche per errori e imprecisioni altrui.
Napoli e Inter in ogni caso sono ancora avanti almeno per questa settimana. Domenica prossima si sfideranno e la Serie A potrà offrire un’altra occasione di riscrittura delle sicurezze, anzi sicumere, alle quali si aggrappa per considerarsi ancora appassionante e combattuta.
Questa è Ocio però, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sul campionato di calcio italiano, un piccolo breviario per evitare di prendere troppo sul serio la giornata di Serie A appena giocata
Una novità interessante però c’è. A determinare vittorie e sconfitte e ovviamente pareggi, sono sempre più coloro i quali per un sacco di tempo si sono presi più insulti che applausi: i portieri.
Va così perché gli allenatori sono quasi tutti concentrati a seguire la moda del momento che vuole che il calcio sia nient’altro che una rete di spazi liberi da riempire con i movimenti. Così va a finire che tra sovrapposizioni, avanzamenti, traslazioni i difensori fanno tutto tranne che difendere. E chi è in porta si trova davanti persone libere di tirare. Quando però c’è troppa abbondanza va sempre a finire che aumentano a dismisura gli sprechi. E in questi sprechi i portieri si tuffano, parano, ottenendo un proscenio che anni fa avevano solo in pochi e di solito quelli più sventurati. Ocio però che a continuare così può finire a schifio per tanti, soprattutto quando le fatiche della stagione si faranno sentire. Tra i tanti non ci sono al momento il Monza di Alessandro Nesta, l’Empoli di Roberto D’Aversa e, unica tra quelle là davanti – anche se si è presa una pausa proprio contro l’Atalanta – il Napoli di Antonio Conte.