Il ritratto urbano della città che si sveglia sotto un manto grigio e muta il suo volto con il passare del tempo, fra distruzione della tradizione e la forza del superamento spirituale
Vorrebbe piovere ma non ci riesce, da un cielo sporco. Questa luce ci ingrigisce. Sono le tre, i filippini che attaccano all’alba tornano a casa in tram, cotti. Gli studenti, cuffie e smartphone, orbitano nel loro altrove. Il tram fila a memoria sui suoi binari. Noto saracinesche definitivamente calate: tintorie, alimentari al dettaglio. Dalle mie parti aprono invece strani posti: bar che vivono sei mesi, showroom di arredamento algidi e deserti. Un outlet di abbigliamento, e nessuno che ci entri. O trecento metri quadri per fare partecipazioni di nozze. Mai un’anima. Chissà di che vivono.
C’è poi quella pasticceria: file di dolci sui banchi, pile di scatole da torte, mai un cliente. Misterioso. Sono tentata di entrare, poi mi fermo. Meglio non impicciarsi. E il ristorante inaugurato a primavera, tutto marmo e cristalli, con le Cayenne dei clienti parcheggiate fin sugli alberi? Già chiuso. Ma nuove ristrutturazioni fervono. Chi acquista, che ci fa in questi posti, ti domandi – ma in fondo preferisci ignorarlo. Il lavandaio egiziano ha due bambini piccoli. Sfarfallano smarriti e soli in monopattino, a mezzo metro dalle auto. Sarà, direte, questo cielo sporco, saranno i gratta e vinci che al tabacchi vanno a ruba, ma fuori dalle luci del centro, dalle Settimane del Design, annuso per Milano un senso di decadimento. Lavorare, lavorare, per cosa poi? Avere un figlio, per lasciargli che cosa?
“Due sono i mezzi con cui una struttura storica può conservare o riacquistare la propria vitalità per il presente e per il futuro. Uno è violento e viene dall’esterno: è la distruzione della tradizione, dei monumenti (…) e, di conseguenza, la coercizione a ricominciare da capo, con un materiale grezzo. Il secondo è spirituale e viene dall’interno, è la forza del superamento. Ambedue i mezzi possono costituire una grazia: radiosa il secondo, dura il primo”.
Questo von Balthasar in cui mi sono imbattuta sa di profezia. Io propendo, temo, per l’ipotesi 1. Non vedo, per la 2, l’energia.
Nemmeno il desiderio, in verità.