Una personale curata da Stefano Collicelli nel Centro per l’Arte Contemporanea “Luigi Pecci” di Prato accende i riflettori su trenta dipinti e oltre venti opere grafiche dell’artista americano. Tra scenografie sontuose e paesaggi che ispirano la sua indagine sulla rappresentazione della bellezza
Lo scorso aprile, nei giorni d’inaugurazione della 60esima Biennale d’Arte di Venezia, percorrendo una delle sale del labirintico Padiglione centrale ai Giardini, ci ritrovammo davanti – a effetto sorpresa – un quadro di medie dimensioni raffigurante un ragazzo in primo piano con gli occhi grandi, i capelli castani come le sopracciglia, due orecchini diversi ai lobi delle orecchie e una camicia gialla in netto contrasto con la parete color ottanio. Scoprimmo che a realizzare Alessandro in a Seersucker Shirt – questo il titolo – insieme alle altre opere presenti, tra cui Wine, Duomo, Luglio, Summer Evening, Latteria e altre – era stato Louis Fratino, un giovanissimo artista statunitense che ha raggiunto la fama internazionale dopo essere stato notato su Instagram da un gallerista che lo ha invitato a esporre a Miami, durante Art Basel. Un uomo attento, preparato e raffinato come Adriano Pedrosa, direttore della Biennale d’Arte veneziana (Stranieri Ovunque-Foreigners Everywhere, in programma fino al 24 novembre prossimo), non poteva certo lasciarselo scappare e lo ha chiamato a esporre lì per la prima volta, scatenando una “Fratino mania”.
Tutti (o comunque tanti) sono stati curiosi di capire, vedere e saperne di più su quel ragazzo del 1993 di Annapolis, con un nonno molisano che con le sue opere è riuscito come pochi – con un’immediatezza elegante e mai volgare – a catturare l’intimità e la tenerezza di una vita quotidiana. Che può essere la sua o quella di migliaia di altri ragazzi queer di cui si è fatto portavoce, mostrandoceli a nudo – in tutti i sensi – senza la necessità ingombrante di dover spiegare per forza qualcosa, perché non ce n’è affatto bisogno. I Fratino’s boys sono così: belli nella loro assoluta normalità, complessità e imperfezione, protagonisti assoluti di un ambiente domestico in cui ognuno può trovare sé stesso, nonostante il mondo esterno dica spesso il contrario. Li ritroviamo anche al Centro per l’Arte Contemporanea “Luigi Pecci” di Prato, dove il direttore e curatore Stefano Collicelli Cagol ha deciso di dedicargli una personale – Louis Fratino/Satura – visitabile fino al 2 febbraio del prossimo anno. Anche lì, nelle stanze del bel museo toscano, quei ragazzi ci fissano con i loro grandi occhi che non possono non far pensare a Lucian Freud e ci distraggono con quei volti di picassiana memoria. “Picasso – spiega l’artista al Foglio – è un personaggio inevitabile per chiunque dipinga, perché ha cambiato la storia della pittura”.
“La parola ‘satura’ – aggiunge il curatore – rimanda alla dizione latina ‘Satura Lanx’, ovvero un piatto da portata riempito con diverse primizie pensato per essere offerto agli Dei, da cui discende il genere letterario, caratterizzato da una varietà di stili. In italiano, quella parola significa sia letteralmente sia metaforicamente ‘essere pieni’ ed entrambe le accezioni, italiana e latina, sembrano richiamare la ricchezza di colori, l’opulenza materica e la diversità di media esplorati dall’arte di Fratino”. Quei ragazzi, pienissimi per ciò che va e che non va nella vita, continuano a osservarci e noi osserviamo loro, ma in alcuni dei trenta dipinti e delle oltre venti opere grafiche tra disegni e litografie lì presenti, ci capita di vederli anche mentre fissano il vuoto, intervallati da altre opere, alcune inedite, in cui al loro posto ci sono tavole apparecchiate e vasi di fiori che danno un senso di equilibrio al tutto, semmai ce ne sia davvero bisogno, ma anche scenografie sontuose e paesaggi che l’artista tratta ogni volta in modo diverso, come fonte d’ispirazione ricorrente per la sua indagine sulla rappresentazione della bellezza. Dentro c’è una calma apparente che fuori non c’è e quei ragazzi – ripresi in cucina, mentre sono sdraiati su un divano o su un letto o leggono un libro, mentre si fanno la doccia o fanno sesso – da soli o con un partner – vogliono ricordarcelo. “Il sesso è nella mente di ognuno di noi, più di quanto si voglia ammettere”, ricorda Fratino che lo ritiene importante come la pittura, “perché entrambi provocano un piacere duraturo”.
“Felice chi è diverso essendo egli diverso. Ma guai a chi è diverso essendo egli comune”, scriveva Sandro Penna nella sua poesia più intima e più sincera e non è un caso se Fratino – oltre agli omaggi a Patrizia Cavalli, Pier Paolo Pasolini, a Mario Mieli e all’Italia – abbia realizzato sette litografie ispirate proprio all’intellettuale perugino. Una ribellione sociale, una dichiarazione di poetica e un elogio all’unicità che è propria dell’individuo. Una maniera per racchiudere – lui nella pittura come Penna nella scrittura – una forte rivendicazione del diritto di amare e quindi a vivere.