Zero contatto umano, brioche confezionate e neanche una camomilla. Se hai un problema puoi provare a telefonare a un numero che ti viene comunicato quando arrivi, ma non vedrai mai nessuno, neppure per sbaglio
Lo confesso senza paura: sono dalla parte di quei coraggiosi guerriglieri che sabotano le cassettine delle chiavi dei bed and breakfast a Roma. Hanno perfettamente ragione, e anzi mi viene voglia di unirmi a loro perché io odio, sì odio, questa forma di accoglienza che non oso neppure chiamare alberghiera. Per molti buoni motivi. Il primo: smettiamo di chiamarli così, il breakfast non esiste. Nei più lussuosi c’è un bollitore, magari perfino la macchina del caffè con un cestino con qualche vecchia confezione di brioche industriali. In alcuni capita, come a me è capitato, perfino che ti diano un tagliando per avere uno sconto (!) sulla colazione da consumare in un bar loro amico di solito lontanissimo dal luogo dove si dorme. Quando è evidente che appena usciti all’alba noi ospiti non desideriamo altro che un posto il più vicino possibile dove raggiungere il miraggio di un caffè.
Quindi per favore togliamo il breakfast dalla denominazione di questi locali. A questo punto chi legge si domanderà come mai, se li odio, frequento questo tipo di alloggiamento. E’ presto detto: perché sempre più spesso vi ricorrono – ovviamente per ragioni finanziarie – gli organizzatori di eventi culturali ai quali sono invitata a partecipare. In questi ultimi anni ne ho quindi visti di tutti i tipi: dai garage tramutati in camera da letto con accluso bagnetto, grandi ma umidi e bui, alle lavanderie sui terrazzi allargate alla bisogna, caldissime o freddissime e a cui si accede in genere attraverso scale ripidissime.
Ve ne sono poi anche molti che con tutta evidenza sono appartamenti dei nonni tramutati frettolosamente in strutture per ricevere con una aggiunta di bagni che rendono le camere da letto così piccole che non c’è neppure una sedia per poggiare i vestiti, ammobiliate con un misto di avanzi della nonna e dei modelli più economici dell’Ikea. Spesso talmente inospitali che non ci sono luci decenti vicino al letto, mancano coperte aggiuntive a disposizione, e invano uno cerca una bottiglia di acqua minerale.
Una caratteristica infine accomuna ormai tutti i B&B: l’assenza di ogni possibilità di contatto umano. Certo, se hai un problema puoi provare a telefonare a un numero che ti viene comunicato quando arrivi, ma non vedrai mai nessuno, neppure per sbaglio. Misteriosamente i gestori ricompaiono, invece, al momento in cui lasci quella che loro sono soliti chiamare “la struttura”, per controllare che non ha rovinato nulla del loro meraviglioso alloggio ovvero per essere pagati in contanti. Perché, non si sa come mai, ma quando in un bed non breakfast devi pagare è quasi sempre rotto quel piccolo strumento per utilizzare le carte di credito. Una vera sfortuna!!!
Di solito dunque me ne vado via la mattina a precipizio, dopo una notte di cattivo sonno, da questo posto triste e inospitale. Scontrandomi però con un problema: dove lasciare il bagaglio se il mio treno parte ore dopo? Non c’è nessuno, devo lasciare la stanza e quindi le chiavi, ma un posto per la mia valigetta con le ruote non c’è. Come del resto non c’è mai stato nessuno a cui chiedere per esempio dove è la farmacia più vicina, una camomilla se non stai bene, un’indicazione qualsiasi relativa al luogo dove sei capitato. Certo, lo so: ti puoi sempre rivolgere al tuo telefonino, che sa tutto. Ma volete mettere la differenza rispetto a un colloquio con una persona umana, che magari ti sorride, ti spiega, ti fa sentire accolto in terra sconosciuta! Non sarebbero anche questi, mi chiedo, posti di lavoro, magari precario, magari sottopagato, ma pur sempre posti di lavoro? Invece i bed non breakfast danno l’idea di essere una rendita parassitaria brutale, senza un briciolo di simpatia umana per chi arriva e riparte, e tanto meno di vantaggio, temo, per il sistema fiscale del nostro paese.