L’ad conferma i contatti con i governo per il nuovo progetto energetico. “Importante che si cominci a fare una riflessione per una strategia sul nucleare futuro. Sono convinto che occorra investire sulla tecnologia di quarta generazione. E’ un’esigenza ormai condivisa anche a livello internazionale”
“Sul nucleare qualcosa si sta muovendo, noi siamo pronti a fare la nostra parte”. Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, lo conferma: il governo è a lavoro per lanciare una nuova società, coinvolgendo le grandi aziende di stato, che punta a rivoluzionare l’assetto energetico italiano. “Siamo contenti che si cominci a fare una riflessione per una strategia sul nucleare futuro. E’ un’esigenza ormai condivisa anche a livello internazionale”. Come anticipato ieri su queste colonne la newco metterà insieme Enel, Cassa depositi e prestiti, Ansaldo nucleare e appunto Leonardo. “L’energia è una questione che riguarda la sicurezza, nazionale e globale. Lo abbiamo visto con la Russia e la guerra in Ucraina. Personalmente – dice Cingolani al Foglio – sono convinto che occorra investire sulla quarta generazione di nucleare”.
Nel disegno di Palazzo Chigi sarà Enel a guidare la nuova compagnia del nucleare italiano, il cui assetto è in fase di studio. “Abbiamo avuto un paio di confronti con il governo, siamo nella fase preliminare del progetto. Per le scelte concrete, di carattere tecnico e finanziario, è ancora presto. Ma credo sia importante sottolineare questo tentativo di anticipare e pianificare tutte le prossime mosse sulle tecnologie del futuro”, spiega Cingolani. Per ora il governo ha incontrato singolarmente i partner coinvolti, la prossima mossa toccherà a Enel. “Poi ci riuniremo nuovamente e ci confronteremo con le altre aziende, per delineare la strategia vera e propria. Intanto è molto positivo che la macchina sia partita”, aggiunge l’ex ministro della Transizione energetica durante il governo Draghi, consapevole che l’obiettivo è ancora lontano.
L’energia d’altra parte è uno di quei grandi temi, nazionali e sovranazionali, su cui è necessario cercare soluzioni evitando di cadere nei vizi dell’ideologia, come accaduto per esempio nelle discussioni europee sul Green deal e sull’automotive. “Con conseguenze nefaste”, mette agli atti l’ad. “Sin da quando ho presentato il piano industriale di Leonardo ho spiegato che la difesa rappresenta un importantissimo tassello, che si inserisce tuttavia in una partita ancora più grande. Quella della sicurezza globale, che comprende anche sicurezza cibernetica ed energetica”. La dimostrazione? “Il conflitto in Ucraina ne è la prova. La prima conseguenza dell’invasione russa è stata l’incertezza globale proprio a livello energetico. L’energia è diventata un’arma di guerra”.
Da allora l’Italia e l’Ue hanno cercato di rimediare. Ma come ha ricordato pochi giorni fa l’ex presidente finlandese Sauli Niinistö, “l’Ue e i suoi stati membri non sono ancora preparati per gli scenari di crisi intersettoriali più gravi”. Niinistö presentava a Bruxelles uno studio sulla sicurezza Ue, commissionato da Ursula von der Leyen. Il rapporto mette al centro la necessità di una difesa comune e invita l’Ue a investire il 20 per cento del proprio bilancio per rispondere a queste sfide. “Sono cifre importanti. Quello per la difesa comune è un processo davvero complesso, richiede tempo. Servono sinergie internazionali molto forti, sia dal punto di vista dei governi che da quello delle aziende. Ma l’Europa – ragiona Cingolani – si è resa conto che questa è la strada”.
Un percorso per certi versi inevitabile, in cui si inscrive anche il recente accordo tra Leonardo e i tedeschi di Rheinmetall: una joint venture che produrrà nuovi carri armati e veicoli da combattimento, anche per l’esercito italiano. “Stiamo lavorando con tutte le principali realtà europee per capire quali sono gli spazi di sinergie future. E’ fondamentale, penso che le grandi aziende debbano fare anche un po’ da sherpa in questi casi, svolgere cioè un ruolo da apripista per un certo tipo di collaborazioni, da estendere poi agli stati”.
Nel frattempo il governo, con la legge di Bilancio, ha assegnato oltre 10 miliardi (che si aggiungono a quelli stanziati negli scorsi anni) al ministero della Difesa e a quello del Made in Italy per l’ammodernamento dei mezzi militari: aerei, navali e di terra. “Le necessità di una difesa attiva, con tecnologie sempre più avanzate, mi pare non riguardi solo l’Italia ma sia sentita in tutta Europa, anche per ragioni geografiche, di vicinanza ai fronti più caldi. Purtroppo – conclude Cingolani – questo fa parte della reazione che si deve avere in un periodo di tensioni e di guerra come quello che stiamo vivendo”.