Mattarella e Meloni, un rapporto assai più disteso di quello che non possa apparire

Dalle agenzie di rating all’Albania, fino all’immigrazione e l’economia, il complesso equilibrio tra Quirinale e governo poggia su alcuni punti di incontro. Mentre sullo sfondo continua a pesare il nodo della concorrenza, su cui il contrasto è ancora aperto

Il Pd lo vorrebbe capo dell’opposizione, una parte della destra se lo immagina come una sorta di segretario ombra del Pd, ma in realtà Sergio Mattarella ha avviato una collaborazione istituzionale con Palazzo Chigi. Più che evidente. E non da oggi. Dall’immigrazione all’economia, passando per le agenzie di rating. Basterebbe guardare tra le righe del discorso pronunciato dal Capo dello stato mercoledì alla cerimonia dei nuovi cavalieri del lavoro. Non sono né il modello Albania per la gestione dell’immigrazione denunciato da Elly Schlein, né il lavoro precario contro cui sciopererà Maurizio Landini a preoccupare il capo dello stato.



Il presidente, si racconta tra i corridoi del Quirinale, ha invece letto con interesse l’articolo pubblicato dall’Economist alcuni giorni fa dal titolo “Giorgia Meloni would make Machiavelli proud” che lodava la capacità della premier di imporre la sua agenda in Europa. E d’altronde economia e politica estera sono i due punti su cui Palazzo Chigi e Colle non si sono fino a oggi mai trovati in contrasto. Una delusione tanto per chi all’opposizione continua a sperare di trovare nel Quirinale una sponda per fermare l’esecutivo, quanto per chi, a destra, è sempre pronto a gridare al complotto del Colle. Sergio Mattarella, per usare un linguaggio caro a Meloni, è il primo patriota del paese. Il rapporto con il governo, in una dialettica costante, è molto più complesso di certe semplificazioni. E bisogna proprio raccontare cosa si dice, e cosa avviene al Quirinale, per capirlo bene.



Due giorni fa, nell’elencare i numeri positivi dell’economia italiana, il capo dello stato ha ricordato come: “L’occupazione cresce, così come i contratti di lavoro a tempo indeterminato”. Una dichiarazione che ha assunto un peso maggiore proprio per il giorno nel quale è stata pronunciata. Mentre il Presidente della Repubblica, basandosi sui dati dell’Istat, rimarcava la crescita dei contratti stabili, i segretari della Cgil e della Uil, Maurizio Landini e Pier Paolo Bombardieri, annunciavano otto ore di sciopero generale contro il governo per il prossimo 29 novembre. Fornendo, tra le ragioni della mobilitazione, in pieno contrasto con quanto detto da Mattarella, il fatto che l’aumento dell’occupazione dell’ultimo triennio (+ 2 milioni di lavoratori) sarebbe costituita perlopiù di lavoratori precari. Come raccontato ieri da questo giornale, un’informazione basata su una manipolazione dei dati dell’Inps, che di fatto nega la serietà delle rilevazioni dell’Istat.



Anche sull’immigrazione, pur non avallando la linea del governo in modo esplicito, Mattarella ha fatto capire, sia con le parole sia con i fatti, di non aver verso la strategia Meloni-Piantedosi neppure un atteggiamento ostile. Qualche giorno fa in Germania ha spiegato: “Noi risolveremo il problema quando saremo stati capaci di organizzare ingressi regolari per il bisogno di manodopera che ha l’Europa. Ma regolari. Autorizzati. Togliendo chi desidera di migrare dalle mani dei trafficanti di esseri umani. Quando riusciremo a far questa sostituzione avremo risolto il problema”. Insomma, almeno l’obiettivo è lo stesso del governo: cercare di sostituire l’immigrazione irregolare con canali di ingresso legali e legati al mondo del lavoro. Nei giorni scorsi poi in tanti da sinistra avevano auspicato che il presidente non firmasse il decreto sui paesi sicuri. Altro che giudici. Un blocco sarebbe stato un segnale politicamente fortissimo. Ma il decreto, che è stato scritto da Palazzo Chigi tenendo informato il Colle, non solo è stato promulgato, ma la firma di Mattarella è arrivata senza alcuna osservazione.



Ci sono poi ovviamente le agenzie di rating. Sono lontani i tempi in cui, era il 2018, Giorgia Meloni si scagliava contro “queste aziende private che contano più del voto”. L’attuale premier si accaniva in particolare con quella che da sempre è la più severa con l’Italia, Moody’s “che ha patteggiato negli Usa il pagamento di 900 milioni di dollari per aver taroccato i rating dei mutui ipotecari”, paragonando il suo giudizio alla diagnosi di “un falso medico condannato per omicidio”. Proprio adesso che il giudizio delle “cattive” agenzie americane è diventato invece per i FdI una medaglia da apporre al petto, è proprio Mattarella, con toni del tutto diversi, a portare al piano istituzionale più alto la richiesta alle agenzie di un giusto riconoscimento dei miglioramenti del nostro paese. “Negli ultimi cinque anni, il pil italiano è aumentato più di quelli francese e tedesco. Irragionevole non venga notato dalle agenzie di rating”, ha detto due giorni fa . A metà novembre ci sarà un nuovo giudizio sull’Italia proprio di Moody’s. Normale dunque che il Quirinale giochi di sponda con Palazzo Chigi e Banca d’Italia per avere un buon giudizio, in grado di favorire la riduzione del peso del debito. Nessun occhio strizzato all’esecutivo, solo un lavoro comune per l’interesse del paese.


D’altra parte il Colle si è sempre mostrato imparziale con il governo. Lo si è visto anche a giugno. Mentre il Pd cercava di convincere il Pse a mettere il veto sulla vicepresidenza esecutiva a Raffaele Fitto nella nuova Commissione Ue, solo per evitare una vittoria politica di Meloni. Mattarella ribadiva invece che nell’Ue “non si può prescindere dall’Italia”, chiedendo implicitamente per Fitto il massimo riconoscimento istituzionale.



Certo anche oggi non mancano i temi che dividono Quirinale e Palazzo Chigi. Tra questi c’è senz’altro quello della concorrenza. Mercoledì la Camera ha approvato il decreto Infrazioni che contiene, tra le altre cose, la proroga al 2027 della messa a gara delle concessioni balneari. Un gruppo di giuristi si è appellato al Colle affinché non promulghi la legge di conversione perché “in aperto contrasto con il diritto unionale ed interno”.

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