Mentre Landini e Bombardieri invitano a incrociare le braccia per l’ennesima volta contro la legge di Bilancio, Sbarra lancia una campagna di assemblee nei luoghi di lavoro con l’obiettivo opposto: spiegare ai lavoratori che la manovra è ok. Il 4 novembre i sindacati a Palazzo Chigi
Arriva novembre, e arriva lo sciopero generale contro la manovra. La premier Giorgia Meloni convoca i sindacati a Palazzo Chigi il 4 novembre, ma già questo mercoledì Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri ufficializzeranno data e modalità: come al solito sarà per fine novembre o primi di dicembre. Non è una vera notizia. Già da anni è tradizione celebrare con lo sciopero generale il varo della legge di Bilancio. E’ successo il 16 dicembre 2021 contro il governo Draghi, il 16 dicembre 2022 contro il governo Meloni, e ancora contro Meloni il 17 novembre 2023. Tregua solo durante i governi Conte, forse a causa della pandemia, e con Gentiloni, forse perché troppo breve; ma fu sciopero generale il 12 dicembre 2014, contro il governo Renzi. Tutte iniziative delle sole Cgil e Uil, o della sola Cgil. Tocca risalire indietro di oltre un decennio per trovare uno sciopero generale unitario: forse quello del 13 novembre 2013 contro la manovra del governo Letta, o quello (criticatissimo perché di sole 3 ore e per di più a fine turno) del 2012 contro il governo Monti e la riforma Fornero. Altre ere geologiche.
Sarebbe lungo ricostruire le ragioni per cui, da un certo momento in poi, Cgil, Cisl e Uil hanno smesso di scendere in piazza e di incrociare le braccia insieme. Anche perché non sempre le cose vanno così: a volte sono unite, a volte separate, a volte c’è la sola Cgil, a volte anche la Uil. Servirebbe un foglio Excel per avere contezza della nuova geopolitica sindacale. Per dire: il 18 ottobre hanno scioperato e manifestato unitariamente i metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm per la crisi dell’automotive; ma il giorno dopo, per il pubblico impiego, nella stessa piazza del Popolo a Roma c’erano solo le bandiere rosse della Cgil e quelle azzurre della Uil. Di nuovo, tutti assieme hanno scioperato i chimici venerdì 25 ottobre, per la componentistica dell’auto, mentre lunedì 28 erano in piazza contro la manovra solo i pensionati della Cgil. Così come è della sola Cgil lo sciopero della scuola del 31 ottobre, ma per quello dei trasporti, l’8 novembre, Cgil, Cisl e Uil torneranno a unirsi.
E’ però proprio il giudizio sulla manovra che più mostra l’abisso aperto tra le confederazioni. In risposta a Cgil e Uil, che invitano a incrociare le braccia, la Cisl lancia una campagna di assemblee nei luoghi di lavoro con l’obiettivo opposto: spiegare ai lavoratori che la manovra è ok, in quanto accoglie molte richieste cisline. Come del resto afferma il dispositivo approvato dall’esecutivo di Via Po, che intravvede sì qualche neo, e dunque chiede miglioramenti, in particolare sulle pensioni minime (ora previste in crescita di soli 3 euro al mese) e sui fondi per la sanità (contro la cui pochezza scioperano i medici il 20 novembre), ma che in sostanza enuncia “generale apprezzamento per le misure del Ddl Bilancio”. E che, soprattutto, invece dello sciopero, propone un “cammino della responsabilità” per “accompagnare l’iter parlamentare, migliorare la manovra e capitalizzare i risultati conquistati”.
In realtà la grande scommessa della Cisl oggi è soprattutto una: portare a casa entro fine anno la legge sulla partecipazione, fortemente voluta da Luigi Sbarra come lascito della propria leadership; specularmente, la grande scommessa della Cgil è che, se anche fosse, le imprese non la applicheranno mai, anche per la contrarietà di Confindustria. Inoltre, si sa che tra pochissimo Sbarra lascerà la Cisl per limiti di età. I maligni sostengono, dunque, che il segretario generale sarebbe morbido col governo perché punterebbe a un futuro in politica nel centrodestra. Ma questo vale esattamente come le speculazioni su Landini: sarebbe durissimo coi governi perché, a sua volta, si starebbe preparando per un futuro nel centrosinistra. Speculazioni, appunto.
Sta di fatto che i rapporti fra le confederazioni sono, in pubblico, educatamente gelidi, ma in privato la freddezza diventa spesso reciproca asprezza. Le tensioni stanno iniziando a emergere anche nelle categorie: attutite, perché ci sono le crisi industriali da gestire e i contratti da fare, ma in futuro chissà. Un clima che lascia perplesse anche le controparti. Quello che non è speculazione, dunque, è che l’unità sindacale sta sempre più diventando un tema del passato; e sarebbe interessante capire con quale formula (a parte i fogli Excel), la si vorrebbe sostituire.