Dall’operazione “Dono” al “Fulmine”: i precedenti all’attacco aereo israeliano in Iran

L’operazione portata avanti dall’esercito israeliano non è la prima del suo genere. Dal Libano all’Uganda fino all’Iraq, ecco alcune delle azioni militari simili già viste nel passato

Days of Repentance, “Giorni di Pentimento”, è stata chiamata l’operazione con cui 100 aerei israeliani hanno colpito l’Iran. Non è la prima del genere, e c’è anzi una lunga lista di precedenti.

Operazione Gift, “Dono”, la sera del 28 dicembre 1968 a Beirut. In ebraico “mivtza t’shura”, fu un’operazione delle Forze speciali israeliane all’aeroporto internazionale di Beirut, in rappresaglia per l’attacco al volo 253 dell’aereo di linea israeliano El Al due giorni prima da parte del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) con sede in Siria. I commando dell’élite dell’esercito israeliano Sayeret Matkal distrussero 12 aerei passeggeri appartenenti alla Middle East Airlines alla Lebanese International Airways e due aerei cargo appartenenti alla Trans Mediterranean Airways. Non ci furono vittime segnalate nel raid.


All’azione parteciparono otto elicotteri Super Frelon dell’aeronautica militare israeliana e otto elicotteri Bell, che trsaportrono 64 commandos. Anticipando la possibilità che l’aeroporto non potesse essere messo in sicurezza per un’evacuazione, fu pianificata un’uscita alternativa via mare. La Marina israeliana schierò quattro motosiluranti e due motosiluranti al largo della costa libanese, che però non dovettero intervenire. Alla testa della missione andò il generale di brigata Rafael Eitan, che secondo una leggenda raccontata tra i soldati delle forze speciali israeliane durante le fasi conclusive del raid a fuoco cessato entrò nell’edificio del terminal. Osservandolo in uno stato di disordine e senza guardie di sicurezza presenti, si diresse verso una caffetteria, ordinò un caffè, lo bevve velocemente e lo pagò in valuta israeliana prima di andarsene.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite adottò all’unanimità la risoluzione 262 il 31 dicembre 1968, che condannava Israele per “l’azione militare premeditata in violazione dei suoi obblighi ai sensi della Carta e delle risoluzioni di cessate il fuoco”. Il raid provocò un duro rimprovero da parte degli Stati Uniti, secondo cui nulla suggeriva che le autorità libanesi avessero qualcosa a che fare con l’attacco del volo El Al 253. De Gaulle lo considerò un affronto personale e una provocazione diplomatica, richiamò il suo ambasciatore in Israele e successivamente impose un embargo sulle armi, per l’uso israeliano di elicotteri di fabbricazione francese nel raid.

Operazione Thunderbolt “Fulmine”, del 3-4 luglio 1976 in Uganda. Più nota come Operazione Entebbe dall’aeroporto in cui si svolse, e retroattivamente denominata Operazione Yonatan da nome del fratello di Netanyahu che vi morì. Lanciata in risposta al dirottamento di un volo internazionale con 255 persone: un Airbus A300 operato da Air France tra le città di Tel Aviv e Parigi. Durante uno scalo ad Atene, il 27 giugno l’aereo fu preso da due membri palestinesi del Fplp e due tedeschi delle Revolutionäre Zellen, che diressero prima a Bengasi in Libia, dove fu rilasciata una cittadina israeliana di origine britannica, che finse di aver avuto un aborto spontaneo; poi verso l’Uganda, dove atterrarono all’aeroporto internazionale di Entebbe per essere raggiunti da almeno altri quattro terroristi. Una volta in Uganda, il gruppo godette del sostegno del dittatore ugandese Idi Amin. L’obiettivo dichiarato era di costringere al rilascio di 40 militanti palestinesi e affiliati imprigionati in Israele, nonché al rilascio di 13 prigionieri in altri quattro paesi. Oltre 100 soldati ugandesi furono schierati per supportare i dirottatori dopo l’atterraggio del volo, e Amin, che era stato informato del dirottamento fin dall’inizio, aveva personalmente accolto i terroristi a Entebbe. Dopo aver trasferito tutti gli ostaggi in un aeroporto in disuso, i dirottatori separarono tutti gli israeliani e diversi ebrei non israeliani dal gruppo più numeroso di passeggeri, spostandoli successivamente in una stanza separata. Nei due giorni successivi, 148 ostaggi non israeliani furono rilasciati e portati in aereo a Parigi. I 94 passeggeri rimanenti, la maggior parte dei quali erano israeliani, e i 12 membri dell’equipaggio dell’Air France continuarono a essere tenuti in ostaggio. I rappresentanti del governo israeliano inizialmente dibatterono se cedere o rispondere con la forza, poiché i dirottatori avevano minacciato di uccidere i 106 prigionieri se i prigionieri specificati non fossero stati rilasciati. Agendo in base alle informazioni fornite dal Mossad, fu infine presa la decisione di far intraprendere un’operazione di salvataggio all’esercito israeliano. Al calar della notte del 3 luglio 1976, gli aerei da trasporto israeliani trasportarono 100 commandos per oltre 4.000 chilometri. Nel corso di 90 minuti, 102 degli ostaggi furono salvati con successo, con tre uccisi. Uno degli ostaggi morti, Dora Bloch, fu assassinato dalle autorità ugandesi in un ospedale di Kampala poco dopo l’operazione di salvataggio israeliana; si era ammalata durante il dirottamento ed era stata fatta scendere dall’aereo per le cure prima dell’arrivo dei commando. L’esercito israeliano subì cinque feriti e un morto: appunto, il tenente colonnello Yonatan Netanyahu, fratello maggiore del futuro primo ministro. I commando israeliani uccisero tutti i dirottatori e 45 soldati ugandesi. Undici Mig-17 e Mig-21 dell’Uganda furono distrutti. Poichè nel corso dell’operazione in Uganda, Israele ricevette supporto dal vicino Kenya, Amin diede ordine all’esercito ugandese di uccidere tutti i kenyani che vivevano in Uganda, 245 keniano furono effettivamente uccisi, e altri 3000 dovettero fuggire.

Operazione Opera del 7 giugno 1981 in Iraq. Conosciuta anche come Operazione Babilonia, fu un attacco aereo a sorpresa condotto dall’aeronautica militare israeliana che distrusse un reattore nucleare iracheno incompiuto situato a 17 chilometri a sud-est di Bagdad. L’operazione israeliana avvenne un anno dopo che l’aeronautica militare della Repubblica islamica dell’Iran aveva causato danni minori allo stesso impianto nucleare, con il danno successivamente riparato da tecnici francesi. L’Operazione Opera e le successive dichiarazioni del governo israeliano stabilirono la Dottrina Begin, che affermava esplicitamente che l’attacco non era un’anomalia, ma piuttosto “un precedente per ogni futuro governo in Israele”. Nel 1976, l’Iraq aveva acquistato un reattore nucleare di classe Osiris dalla Francia. Mentre l’Iraq e la Francia sostenevano che il reattore, chiamato Osirak dai francesi, era destinato alla ricerca scientifica pacifica, gli israeliani guardavano al reattore con sospetto, credendo che fosse progettato per produrre armi nucleari . Condotto da otto caccia F-16A, ciascuno con due bombe a ritardo d’azione Mark-84 da 910 kg non guidate, con una scorta di sei F-15A, l’attacco aereo avrebbe ucciso dieci soldati iracheni e un civile francese, e fu definito da Israele un atto di autodifesa, affermando che il reattore aveva “meno di un mese di vita” prima che “potesse diventare critico”. Al momento del suo verificarsi l’attacco fu accolto con forti critiche internazionali, compresi gli Stati Uniti, e Israele fu rimproverato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dall’Assemblea generale in due risoluzioni separate. Caduto Saddam, ancora Nel 2009, il primo ministro iracheno Nouri al-Maliki ha chiesto che Israele risarcisse l’Iraq per la distruzione del reattore, ma nel 2005 Clinton in una intervista disse che, viste e azioni successive di Saddam, retrospettivamente si potrebbe concudere che Israele fece bene,

Operazione Wooden Leg, “Gamba di Legno” del primo ottobre 1985 in Tunisia. In ebraico “Mivtza Regel Etz”, fu un attacco aereo israeliano al quartier generale dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) ad Hammam Chott, vicino a Tunisi, Tunisia, il 1° ottobre 1985. Con un obiettivo a 2.060 km dal punto di partenza dell’operazione, questa fu l’azione più distante pubblicamente nota intrapresa dalle Forze di difesa israeliane dall’operazione Entebbe del 1976. Cacciata dal Libano nella guerra del 1982 e costretta a spostare il suo quartier generale in Tunisia, l’Olp nell’aprile 1985 aveva approntato un piano per un importante attacco via mare contro Israele, poi sventato. Secondo il piano, i combattenti dell’Olp avrebbero viaggiato fino alla costa israeliana su un mercantile e sarebbero atterrati su gommoni, quindi avrebbero dirottato uno o due autobus e costretto gli autisti a trasportarli al Kirya, il quartier generale militare israeliano a Tel Aviv, dove avrebbero ucciso le sentinelle e preso d’assalto il complesso, uccidendo quante più persone possibile e cercando di colpire il Ministro della Difesa e il Capo di Stato Maggiore. Avrebbero poi preso ostaggi e contrattato per il rilascio dei prigionieri palestinesi dalle prigioni israeliane. L’intelligence militare israeliana era a conoscenza del piano e la Marina israeliana lo ha successivamente sventato. Il 20 aprile, l’Atavarius, una nave che trasportava la forza d’incursione dell’Olp, è stata intercettata e affondata da due motovedette missilistiche israeliane. Venti combattenti dell’Olp sono stati uccisi e otto catturati. In un successivo raid del 24 aprile, quattro motovedette missilistiche israeliane e i commando Shayetet 13 hanno affondato la Moonlight, un’altra nave noleggiata per l’operazione, al suo molo in Algeria. In seguito all’incidente, il ministro della Difesa israeliano Yitzhak Rabin ordinò di elaborare piani per un’operazione di rappresaglia contro la base dell’Olp in Tunisia. Secondo una proposta, Israele avrebbe lanciato un importante raid di commando via mare, con circa un centinaio di commando delle unità Sayeret Matkal, Shayetet 13 e Shaldag che sarebbero sbarcati sulla costa tunisina su gommoni lanciati da navi della marina e avrebbero fatto irruzione nel complesso dell’Olp Un’altra proposta era un bombardamento condotto da jet da combattimento israeliani per distruggerlo. L’addestramento iniziò per entrambi i piani in attesa dell’approvazione del governo.

Entrambe le opzioni presentavano problemi tattici e strategici. La distanza da Israele complicava le opzioni per un attacco terrestre con armi combinate. Sarebbe stato difficile estrarre i commando se l’operazione fosse andata male e la possibilità di vittime era elevata. D’altro canto, Israele aveva poche informazioni sulle difese aeree tunisine e libiche. Le chiese agli Stati Uniti, che rifiutarono di darle. Alla fine, furono però ottenute tramite Jonathan Pollard, un analista dell’intelligence navale statunitense che spiava per Israele. Il 9 settembre 1985, la Marina israeliana catturò quattro comandanti senior dell’unità d’élite Force 17 dell’Olp, tra cui il suo vice comandante Faisal Abu Sharah, mentre stavano viaggiando da Cipro al Libano. Il 25 settembre 1985, in risposta, tre uomini armati dell’Olp dirottarono uno yacht al largo della costa di Cipro, e uccisero tre cittadini israeliani a bordo, accusandoli di essere agenti del Mossad che monitoravano il traffico navale palestinese. Israele chiese l’estradizione degli assassini, ma le autorità di Cipro preferirono che fossero processati nel loro paese. Il piano per un attacco aereo al quartier generale dell’Olp a Tunisi fu allora riattivato, e condotto da dieci F-15B/D Eagle Baz biposto. Due Boeing 707 tanker accompagnarono i caccia per rifornirli a metà volo sul Mar Mediterraneo in rotta verso l’obiettivo e di nuovo durante il ritorno dalla missione mentre un altro Boeing fungeva da centro di comando, controllo e comunicazioni aviotrasportato. Due aerei spia E-2C Hawkeye furono schierati per disturbare i radar tunisini, libici e algerini. La Marina israeliana posizionò una nave per il trasporto di elicotteri vicino a Malta per recuperare i piloti eventualmente abbattuti, ma non fu necessario. L’attacco durò sei minuti, il quartier generale dell’Olp fu completamente distrutto, e una sessantina di membri dell’Olp uccisi. L’attacco provocò una forte reazione, anche negli Stati Uniti, soprattutto per il turbamento delle relazioni con il governo tunisino. Ma il futuro Nobel per la Pace proprio con Arafat Shimon Peres lo definì “un atto di autodifesa”.

Operazione Orchard, “frutteto” del 6 settembre 2007 in Siria. Noto anche come Operazione Outside the Box, “Fuori dalla Scatola”, è stato un attacco aereo israeliano su un presunto reattore nucleare, denominato sito di Al Kibar (indicato anche nei documenti dell’Aiea come Dair Alzour), nella regione di Deir ez-Zor in Siria, che si è verificato poco dopo la mezzanotte locale del 6 settembre 2007. La Casa Bianca e la Cia hanno successivamente confermato che il sito era un impianto nucleare con uno scopo militare, un’indagine dell’Aiea del 2009 ha riportato prove di uranio e grafite per concludere che il sito presentava caratteristiche simili a un reattore nucleare non dichiarato, e nell’aprile 2011 durante la guerra civile siriana l’Aiea ha infine confermato ufficialmente che il sito era un reattore nucleare. Israele non ha riconosciuto l’attacco fino al 2018.

L’attacco avrebbe seguito consultazioni di alto livello israeliane con l’amministrazione Bush. Dopo aver realizzato che gli Stati Uniti non erano disposti a bombardare il sito, il primo ministro Ehud Olmert decise di aderire alla Dottrina Begin del 1981 e di colpire unilateralmente. In netto contrasto con il precedente utilizzo della dottrina contro l’Iraq, l’attacco aereo contro la Siria non ha suscitato proteste internazionali. Una delle ragioni principali è che Israele ha mantenuto un silenzio totale e completo riguardo all’attacco, e la Siria ha coperto le sue attività sul sito e non ha collaborato pienamente con l’Aiea. Secondo la conferma ufficiale del governo israeliano del 21 marzo 2018, il raid è stato effettuato da otto aerei e almeno quattro di questi hanno attraversato lo spazio aereo siriano. Un rapporto afferma che un team di commando delle forze speciali israeliane d’élite Shaldag era arrivato sul posto il giorno prima in modo da poter evidenziare l’obiettivo con dei designatori laser, mentre un rapporto successivo ha identificato come coinvolti i commando delle forze speciali Sayeret Matkal. Il 6 marzo 2017, il sito nucleare di Kibar è stato catturato dalle Forze democratiche siriane, una coalizione di combattenti curdi e arabi sostenuta dagli Stati Uniti.

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