Con i suoi patrimoni miliardari, l’organizzazione libanese è tra le più ricche organizzazioni terroristiche mentre il Libano sprofonda nella crisi economica. Oggi Israele bombarda le sue banche. Ecco da dove vengono i soldi
Hezbollah è ora più povero per i raid che hanno iniziato a picchiare sulle filiali della sua banca Al-Qard Al-Hassan. “Il crescente impero finanziario di Hezbollah sembra ora vulnerabile”, ha titolato l’Economist, nello spiegare “perché Israele sta bombardando le banche libanesi”. Già il 16 ottobre si era in effetti parlato di un tesoro da un miliardo e mezzo di dollari in contanti e oltre 900 chili d’oro polverizzato dalle bombe, ma lunedì 21 ottobre è stato lo stesso portavoce delle forze armate israeliane contrammiraglio Daniel Hagari a confermare in tv che “l’aeronautica militare israeliana ha effettuato una serie di attacchi precisi su queste roccaforti finanziarie di Hezbollah”.
“Uno dei nostri obiettivi principali era un caveau sotterraneo con decine di milioni di dollari in contanti e oro. Il denaro veniva utilizzato per finanziare gli attacchi di Hezbollah contro Israele”, ha aggiunto, pur senza specificare se il tutto fosse stato distrutto nell’attacco. Ha comunque fatto riferimento a un altro bunker non ancora preso di mira che si troverebbe sotto un ospedale di Beirut, e dove sarebbe conservato mezzo miliardo di dollari in banconote e oro. “Denaro che potrebbe e può ancora essere utilizzato per ricostruire lo stato del Libano”, è un suo suggerimento.
Amaro paradosso, mentre il Partito di Dio ammucchiava soldi l’economia del Libano veniva infatti giù. “Negli ultimi anni, lo stato del Libano ha vissuto una profonda crisi finanziaria, che è stata sfruttata da Hezbollah”, ha pure ricordato Hagari. Dopo che tra 2019 e 2021 il paese dei cedri con un crollo del 53,4 per cento del pil si era classificato ultimo tra 193 economie, il Fondo monetario internazionale ha semplicemente smesso di pubblicare dati su di esso. Si sa comunque che ha il terzo debito del mondo in termini di rapporto col pil, e i soli interessi consumano il 48 per cento delle entrate governative. L’inflazione è al 210 per cento, quattro libanesi su cinque sono in condizioni di povertà, tre milioni di abitanti su sette secondo il World Food Program hanno bisogno di aiuto alimentare, la disoccupazione complessiva è al 30 per cento, quella giovanile al 58. Ma quando nel 2014 Forbes Israel pubblicò una stima sulle risorse dei dieci gruppi terroristi più ricchi del mondo Hezbollah risultava quarta, con 500 milioni di entrate all’anno. Nel 2017, secondo Statista, era balzata al primo posto, con 1,1 miliardi. Nel 2022, sempre secondo Forbes Israel, era di nuovo scesa al terzo posto, ma aumentando gli incassi a 1,2 miliardi. Insomma, più il paese sprofonda, più il Partito di Dio ingrassa.
Il terrorismo infatti rende, anche se si tratta di un settore imprenditoriale evidentemente ad alto rischio. Secondo i citati dati Forbes, ad esempio, nel 2014 la più ricca era l’Isis, con ben due miliardi di utili. Ma tre anni dopo le sue entrate erano precipitate del 90 per cento, e con i suoi 200 milioni era scesa al quinto posto. E nel 2022 era ulteriormente calata a 150 milioni, e al settimo posto. Primi, in quest’ultima classifica, sono i talebani con due miliardi e mezzo. Erano quarti con 400 milioni nel 2014, e secondi con 800 nel 2017. Al secondo posto nel 2022 c’è poi con due miliardi la new entry degli houthi yemeniti, mentre già nel 2017 non c’erano più le Farc: terze nel 2014 con 600 milioni.
La guerriglia colombiana l’ha rovinata l’aver fatto la pace? In effetti, al momento di smobilitare, stimarono ufficialmente il loro capitale in 325 milioni di dollari. Inclusi terra, immobili, veicoli, bestiame, cavalli, armamenti, attrezzature, denaro liquido per un miliardo di pesos e 450.000 dollari, 267.520 grammi di oro. Ma c’è chi insinua che in realtà la gran parte dei loro asset li avrebbero imboscati. Ad esempio Fernando Vargas Quemba, direttore della Commissione nazionale vittime della guerriglia, secondo cui “l’ammontare della fortuna delle Farc è stato sottostimato e probabilmente oltrepassa i 12 miliardi di dollari”. L’Isis invece ha perso territori, mentre i talebani e gli houthi al contrario territori ne hanno conquistati. In Afghanistan si è così sovrapposto un sistema di tassazione vero e proprio al traffico di oppio.
Ma il contrasto tra il boom economico di Hezbollah e il crack del Libano indica anche la natura multiforme del Partito di Dio. Con le vicende in corso, Hezbollah è in questo momento percepita dai media internazionali essenzialmente per la sua struttura militare. E’ la cosiddetta Muqawama, “Resistenza”. Un po’ meno di un esercito vero e proprio, ma con i suoi almeno 60-65.000 effettivi un po’ più che una milizia, come quando fu creata per affrontare le altre milizie di quella guerra civile libanese che durò dal 1975 al 1990. Non solo perché mentre le altre milizie associate a partiti furono smantellate, mentre a quella di Hezbollah grazie alla potente protezione della Siria degli Assad e dell’Iran fu consentito di restare. C’è anche un arsenale di missili che l’Iran le ha trasferito nel corso degli anni e che sarebbe arrivato a oltre 150.000. Quindi, anche questo versante militare di Hezbollah è a sua volta trino. Nella guerra civile siriana, in particolare, Hezbollah ha funzionato come forza di fanteria, assieme ai Pasdaran iraniani e sotto la copertura di aviazione e potenza di fuoco russa. Contro Israele sta invece agendo come artiglieria, appunto con i missili. Ha però anche un terzo know-how come organizzazione terrorista, cui in particolare spetta l’importante innovazione di avere introdotto nel jihadismo la tecnica dell’attentato suicida.
Ma c’è poi un secondo aspetto che è poi quello indicato dal nome: partito. Alle elezioni libanesi del 15 maggio 2022 il primo, con 359.577 voti, pari al 19,83 per cento, e a 13 deputati. Altri 28 sono andati a suoi alleati stretti, e 20 al blocco di quel generale cristiano Michel Aoun che dopo essere stato nemico degli Assad e di Hezbollah ha però fatto un voltafaccia radicale, ed è diventato presidente col loro appoggio. Sono 61 su 128, che non sono bastati a eleggere un successore dello stesso Aoun, e infatti dal 30 ottobre 2022 la carica di presidente è vacante. Ma basta a egemonizzare un governo dove Hezbollah ha direttamente i ministeri del Lavoro e dei Lavori pubblici, ma i suoi alleati altri 19 dicasteri su 24. Capito perché i poco più di 10.000 effettivi dell’Unifil non hanno mai avuto l’appoggio degli 80.000 effettivi di forze armate libanesi per impedire il lancio di missili contro il territorio israeliano, secondo il mandato della famosa risoluzione 1701?
Accanto al braccio militare e all’ufficio politico la sezione “sociale” è un terzo ramo a parte, che in uno stato allo sfascio configura un vero e proprio “Hezbollahstan”. La Fondazione del Martire, ad esempio, si occupa dell’assistenza economica, sanitaria ed educativa delle famiglie dei “martiri” caduti nelle guerre della “Resistenza”. Il Comitato di assistenza Imam Khomeini provvede a poveri e indigenti con assegni mensili, scuole, centri per bambini disabili, perfino il collocamento lavorativo dei laureati. Lo Sforzo per la Costruzione, istituito nel 1985 per far fronte alla ricostruzione delle infrastrutture danneggiate dall’invasione israeliana, si è poi sparso per tutto il Libano attraverso grandi progetti infrastrutturali e appalti mirati. L’Unità sanitaria islamica possiede una rete di ospedali, cliniche, farmacie e altri servizi medici. I Magazzini Luce sono una catena di supermercati riservata ai possessori di una carta al-Sayyed che viene fornita ai membri del partito e alle famiglie a basso reddito, e che viene ricaricata mensilmente. Il Prestito Misericordioso fornisce prestiti senza interessi dietro garanzie collaterali o dietro garanzie di terzi. E poi una quantità di altre cose, dalla tv Al-Manar alla realizzazione del video-game “Special Force”.
Ma il tutto, ovviamente, costa. Attualmente dai 250 ai 500 milioni di dollari all’anno, che però rappresentano solo la metà della spesa annuale di Hezbollah, visto che anche la struttura armata costa. E da qui appunto quel quarto aspetto dell’“Hezbollah Incedit”. Bisogna qua ricordare che durante la Guerra fredda, mentre gruppi armati minori come le Br in Italia o la Raf tedesca si finanziavano soprattutto con rapine, quelli più importanti erano invece assistiti dalle Superpotenze che li appoggiavano. Ma qualche gruppo troppo grande per basarsi sugli attacchi in banca e al di fuori dalle logiche Est-Ovest che iniziò a sperimentare il narcotraffico. Oppiacei, in particolare, per le rivolte etniche in Birmania e anche per le Tigri Tamil dello Sri Lanka. Coca per i maoisti peruviani di Sendero Luminoso. Con la fine della Guerra fredda anche gruppi fino ad allora sovvenzionati e all’improvviso a secco si rivolsero ai traffici. In particolare l’Unita in Angola e le varie fazioni dei mujaheddin afghani, orfani della Cia, rispettivamente diamanti e oppiacei. Le Farc colombiane, orfane dell’Urss, coca.
Si estese dunque dagli anni 90 quel modello per cui i gruppi armati in Asia si finanziavano con l’eroina, quelli in Africa con i diamanti e quelli in America latina con la cocaina. Ma ad esempio in Africa ci sono anche coltan, oro e la droga khat, e in Colombia oro e smeraldi. In quella decade si inizia appunto a parlare dei “diamanti di sangue” in Africa. Sempre in quel periodo la sconfitta di quei cartelli di Medellín e Cali che prendevano la coca in Perù e Bolivia per portarla negli Stati Uniti ha l’effetto paradossale di sdoppiare la rotta. La Colombia diventa così un paese di produzione sotto la protezione di Farc, Eln e i loro rivali paramilitari, mentre il ruolo di mediatori verso gli Usa prima dei cartelli colombiani passa a quelli messicani. La coca di Perù e Bolivia inizia ad arrivare in Europa attraverso nuove rotte per Ecuador, Brasile, Venezuela e Africa occidentale. Ma le Farc e l’Eln, a parte praticare sequestri di persona, utilizzavano anche un sistema di tassazione o “pizzo” sul territorio definito “vacuna”: vaccinazione. Anche il profitto sulla coca è piuttosto un contributo dai produttori in cambio di una protezione, piuttosto che un guadagno diretto.
Con la conquista di territori questo sistema diventa importante per i talebani, che prendono il posto dei mujaheddin. Al-Qaida invece dipende molto all’origine dalle capacità imprenditoriali di Osama Bin Laden, che perfino sull’11 settembre monta una speculazione in Borsa. Ma è indebolita dalla scissione dell’Isis, che punta a sua volta sulla conquista di territori da saccheggiare e tassare. Nella classifica che Forbes Israele pubblica il 12 novembre 2014 con i suoi due miliardi l’Isis è diventato il gruppo terrorista più ricco di tutti i tempi. Principale sua fonte di reddito all’epoca è il contrabbando di petrolio, dal momento che controlla il 60 per cento delle riserve siriane e sette giacimenti di gas e petrolio in Iraq. Ma ci sono poi il contrabbando di beni archeologici, i riscatti milionari per gli ostaggi, le donazioni di gruppi islamisti, l’imposizione di imposte in particolare agli “infedeli” sotto il loro controllo e le rapine in banca. Ovviamente, la perdita di questi territori ha portato al citato ridimensionamento. E la crisi dell’Isis ridà spazio ad al-Qaida, che le classifiche danno sesta nel 2014 con 150 milioni, quarta nel 2017 con 300 milioni, quarta nel 2022 con 600 milioni.
Hamas, per Forbes seconda con un miliardo di dollari di entrata all’anno nel 2014, terza con 700 milioni nel 2017 e quinta 500 nel 2022, dal 2007 godeva dell’introito dei dazi su tutti i prodotti in entrata a Gaza, così come delle licenze concesse nel territorio. Paradossalmente, rincarando i prezzi l’embargo israeliano aumentava questi guadagni, e il Jerusalem Post nel 2012 stimò in almeno 600 i residenti a Gaza diventati milionari grazie alla gestione dei famosi tunnel sotterranei. Ma “Hamas è stata uno degli utilizzatori di criptovaluta di maggior successo per il finanziamento del terrorismo”, ha pure affermato Tom Robinson, cofondatore della società di ricerca blockchain Elliptic.
Matthew Levitt, ex funzionario dell’antiterrorismo statunitense, ha poi stimato in tempi recenti per Hamas un budget da 300 milioni di dollari, proveniente sia dalla tasse che vengono imposte alle attività imprenditoriali attive a Gaza che da enti di beneficenza e paesi amici. Il Dipartimento di stato americano ha affermato che l’Iran fornisce fino a 100 milioni di dollari all’anno a sostegno dei gruppi palestinesi, incluso Hamas, e ha citato metodi per spostare il denaro attraverso società di comodo, transazioni marittime e metalli preziosi. Anche il Qatar, ricco di gas, ha pagato centinaia di milioni di dollari a Gaza dal 2014, spendendo a un certo punto 30 milioni di dollari al mese per aiutare a gestire l’unica centrale elettrica dell’enclave e per sostenere le famiglie bisognose e i residenti e i funzionari pubblici del governo guidato da Hamas, anche se gran parte di questi flussi passano da Israele e col consenso di Israele. Nel febbraio 2023 lo stesso Dipartimento di stato ha affermato che Hamas raccoglie fondi anche in altri paesi del Golfo oltre a ottenere donazioni. Nel 2022 Hamas aveva creato una rete segreta di società che gestivano investimenti per un valore di 500 milioni di dollari in aziende dalla Turchia all’Arabia Saudita, secondo il ministero del Tesoro degli Stati Uniti, che aveva annunciato sanzioni contro queste società nel maggio 2022.
Hezbollah a sua volta ha avuto secondo Hagari “valigie di denaro e oro attraverso l’ambasciata iraniana a Beirut”. Ma un sussidio tra i 60 e i 220 milioni l’anno sarebbe stato drasticamente ridotto da Teheran per la necessità di finanziare lo sforzo bellico pro Assad nella guerra civile siriana. Hezbollah ha così dovuto accentuare la propria capacità di autofinanziamento, anche perché ha una grossa capacità di ricevere fondi anche dalla diaspora sciita libanese nel mondo. Non solo donazioni ma anche contrabbando di sigarette, narcotraffico, auto rubate e prodotti contraffatti in America Latina; in particolare in quella zona di Triple Frontera che si trova tra Brasile, Argentina e Paraguay. Ma ci sono anche il fiorente mercato dell’industria della carne halal in Brasile; contrabbando di diamanti in Africa occidentale; eroina nel Sud-Est asiatico. Inoltre Hezbollah ha fonti di reddito in Libano. “Ha costruito fabbriche in Siria, Libano, Yemen e Turchia che forniscono entrate per le sue operazioni terroristiche”, chiosa Hagari.
Alla coltivazione di cannabis nella valle della Beqaa ha aggiunto ora una joint venture con gli Assad nella produzione del captagon: la droga sintetica che sta intossicando il mondo arabo, e che è diventata non solo la principale fonte di reddito del regime di Damasco, ma anche l’arma di ricatto con cui si è fatto riammettere nella Lega araba. In tutto il flusso dal narcotraffico renderebbe a Hezbollah mezzo miliardo di dollari l’anno, mentre ulteriori 100 milioni verrebbero da altre attività economiche.