Il miracolo della crescita degli Stati Uniti si spiega anche con il debito record, e non è una buona notizia

Lo sviluppo dell’economia americana è stata in larga parte sostenuta da un aumento della popolazione e soprattutto da un’espansione di bilancio senza precedenti. Ma il principale fattore alla base del successo degli ultimi anni rischia di diventare una fonte di instabilità per i prossimi

Le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale confermano l’eccellente stato di salute dell’economia americana, soprattutto rispetto a quelle europea o cinese. Nel prossimo biennio il prodotto lordo statunitense dovrebbe crescere ad un ritmo di oltre il 2 per cento all’anno, circa un punto percentuale in più rispetto all’area dell’euro. Il divario accumulato nell’ultimo quarto di secolo tra le due sponde dell’Atlantico dovrebbe così accentuarsi ulteriormente.



La riflessione su come arrestare il declino relativo dell’Europa non può prescindere da un’analisi dei fattori sottostanti a tale divergenza. Quello più importante è senz’altro connesso alla diversa dinamica della popolazione tra le due sponde dell’Atlantico. La popolazione americana è aumentata del 20 per cento (60 milioni di persone) dall’inizio del secolo, in gran parte attraverso l’immigrazione. Questo spiega metà – circa mezzo punto di pil all’anno – della maggior crescita rispetto all’Europa.



Un altro aspetto, spesso sottostimato, riguarda le diverse politiche economiche, in particolare per quel che riguarda il bilancio pubblico. Negli ultimi 25 anni gli Stati Uniti hanno registrato, in media, un disavanzo pubblico pari al 6 per cento del prodotto lordo all’anno, più del doppio di quello europeo. Ciò deriva sia da una riduzione delle entrate, complessivamente di circa 4 punti in rapporto al pil, sia da un aumento della spesa pubblica, di circa 3 punti, decisi dalle successive amministrazioni. Il risultato complessivo è stato un aumento del debito pubblico americano di quasi l’80 per cento del prodotto lordo in 25 anni, da un livello poco sopra il 50 per cento nel 2000 al 121 per cento alla fine dell’anno in corso, secondo le stime del Fmi. Nello stesso periodo il debito pubblico dell’area dell’euro è salito solo di 20 punti (dal 69 all’89 per cento).



In sintesi, la forte crescita economica statunitense nell’ultimo quarto di secolo è stata in larga parte sostenuta da una espansione di bilancio senza precedenti. Questo è stato possibile grazie a due caratteristiche uniche, e forse irripetibili. La prima riguarda la situazione iniziale particolarmente favorevole delle finanze pubbliche americane, risultante dal risanamento messo in atto dall’Amministrazione Clinton nella seconda metà degli anni 90. La seconda caratteristica risiede nel ruolo centrale che il dollaro svolge nel sistema monetario internazionale e alla dimensione e alla liquidità del suo mercato dei capitali, che consente al Tesoro americano di emettere titoli di stato a tassi vantaggiosi.



Tuttavia, è difficile che l’economia americana possa in prospettiva continuare a essere sostenuta con politiche di bilancio sempre più espansive. Secondo le previsioni del Fmi, il debito pubblico dovrebbe superare il 130 per cento del pil entro questo decennio. Sebbene non vi sia alcuna analisi scientifica che identifichi una soglia oltre la quale i mercati finanziari cominciano a preoccuparsi del debito pubblico di un paese, non vi è dubbio che prima o poi i margini tenderanno a ridursi anche per gli Stati Uniti. Peraltro, a differenza di altri paesi ad alto debito, come il Giappone e l’Italia, o anche la Cina, gli Stati Uniti registrano da tempo un disavanzo delle partite correnti con il resto del mondo, il che significa che hanno bisogno di finanziare il proprio debito pubblico con risparmio estero. E non è detto che i risparmiatori del resto del mondo intendano continuare ad acquistare titoli di stato denominati in dollari alle stesse condizioni di prima. Negli ultimi anni, alcuni paesi, a cominciare dalla Cina, hanno deciso di essere meno dipendenti dal dollaro e di investire le proprie riserve internazionali in altri strumenti finanziari, a cominciare dall’oro e dalle cripto-valute. Le recenti iniziative dei paesi Brics testimoniano la volontà di molti di affrancarsi dal dollaro. I mercati finanziari stanno già incorporando queste preoccupazioni. La recente decisione della Riserva federale di tagliare i tassi d’interesse è stata accompagnata da un aumento dei rendimenti sulle scadenze più lunghe.



In sintesi, il principale fattore alla base del successo dell’economia americana degli ultimi 25 anni rischia di diventare una fonte di instabilità nei prossimi 25. Data la dimensione sistemica dell’economia statunitense, la scelta, per gli altri, può essere solo quella di cercare di proteggersi da eventuali ripercussioni negative. L’esperienza ha insegnato che, per i paesi europei, l’unica possibilità è quella di rafforzare la coesione del sistema.

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