Dalla Sanità, al Mef, passando per il Mase, il Viminale e il Mic. Tutti gli emissari del sottosegretario, e di Palazzo Chigi, che vigilano sui ministri di area e che informano il “genio”
Una sentinella per ogni ministero. Occhi per vedere, orecchie per sentire, un colonnello a cui riportare: Giovanbattista Fazzolari. Il genio, il più bravo di loro, Kurtz, ha assemblato il “Moffazz”, il Mossad anti stracciaculi, la sua intelligence. E’ l’agenzia di lealtà, il patto: “Riferite a me. Avvisatemi”. Capi di segreteria, uomini della comunicazione, ad, vice capi, meglio se parenti, che possano individuare “l’infame”, parola di questo tempo, che possano vigilare sui ministri e l’infosfera. Al Masaf è stato distaccato, come portavoce, Gennaro Borriello, che era stato già inviato a seguire il commissario di Caivano, Fabio Ciciliano. Alla Cultura, a sorvegliare, c’è il capo di segreteria tecnica, Emanuele Merlino che dal suo ufficio frusta gli sciancati della bellezza: “E’ un ministero colabrodo, non siamo capaci di custodire una mail. Vergogna”. Alla Salute, il capo di segreteria del ministro è Rita Di Quinzio, l’altra, già capo segreteria tecnica, ora a capo del dipartimento della prevenzione è Maria Rosaria Campitiello, compagna del viceministro di FdI, Cirielli. All’Istituto Superiore di Sanità è stato nominato (ha tutti i titoli per farlo) Rocco Bellantone, nato a Messina, come Fazzolari, che conosce il generale da bambino (“cugino da lontano”). Come nel film di Sergio Leone. E’ C’era una volta a Messina.
Alla Giustizia, la quasi ministra è Giusi Bartolozzi, (Nordio, uno spritz?) oggi capo di gabinetto e che sogna un prossimo seggio in Parlamento con Meloni, anche lei stimata dal Moffazz. Forza Italia li chiama “i marescialletti di Fazzolari”, la burocrazia antica pensa: “Nulla di male ad avere i marescialletti, ma i capi di gabinetto, bravi, in Italia, sono sempre i soliti 40. Li vogliono bravi o li vogliono servi, e parenti?”. Giuli che ha sostituto il capo di gabinetto Giglioli con Spano dovrebbe nominare o Valentina Gemignani del Mef o la moglie del deputato di FdI, Luca Sbardella. Al ministero della Cultura lavora la sorella di Giovanna Ianniello, che è il capo ufficio stampa di Chigi, e con Fazzolari lavora la nipote di Patrizia Scurti, che è la segretaria della premier. E’ un kibbutz, una comunità, che il comando, dopo due anni, sta indurendo. Da giorni si cercano talpe. Federico Mollicone, uno che in Sicilia si meriterebbe la frase “u carusu voli trasiri”, dice al Messaggero: “Io non sono il corvo”. A inizio legislatura c’era chi, in FdI, guardava male perfino Carlotta Sabatino, portavoce del ministro di FdI, Ciriani e solo perché in passato aveva lavorato con Mara Carfagna. Sarà leale? Anche lei ha superato la prova. Iscritta al Moffazz. Al ministero dello Sport, fa da collegamento con Palazzo Chigi, Mario Pozzi, capo di segreteria tecnica. Al Mef, Maurizio Leo ha chiamato Edoardo Arrigo, anche lui capo della segreteria tecnica che è figlio di Gabriella Alemanno, oggi Commissario Consob. Per lui, la prova è il cognome. Arruolato. L’altro valido milite è Italo Volpe, vice capo di gabinetto di Leo. Da Palazzo Chigi, dal Dagl, è stato inviato, sempre al Mef, Gabriele Casalena, oggi nuovo capo dell’ufficio di coordinamento legislativo. Era la carica ricoperta da Daria Perrotta, nominata ragioniere dello stato. Il colonnello Fazzolari si fida di Perrotta e per proprietà transitiva si fiderà di Massimo Rubechi, il compagno di Perrotta, prossimo capo di gabinetto di Anna Maria Bernini, un’altra ministra che vede corvi. Auguri, caro Rubechi. C’è la seria possibilità che anche Rubechi sia un progressista, di sinistra, come lo è tutta della burocrazia che sa fare, bene, il suo mestiere. Che si fa? Lo mandiamo a riabilitarsi con Mollicone o si mette fine a questa fattoria di talpe, corvi, volpi, ah infami? Al Viminale, con Matteo Piantedosi, lavora Francesco Kamel, che è portavoce scelto, nel senso che sceglie bene come comunicare (magari gli somigliassero) e che è amato dal Moffazz. Al Mase, da Pichetto Fratin, c’è l’ambasciatore Giuseppe Manzo, che si aggiunge al sottosegretario Claudio Barbaro (Msi, Lega) che si occupava di sport e ora di energia: dal Gatorade è passato al gas. Lavora con Nello Musumeci, e cura la comunicazione, Silvia Cirocchi. Al ministero delle Pari opportunità, di Eugenia Roccella, il colonnello può contare su Assunta Morresi, vice capo di gabinetto. Al ministero del Turismo non serve la sentinella: al suo posto c’è la torre. E’ il deputato di FdI, Gianluca Caramanna, che fa da ministro, da capo di gabinetto, capo di segreteria, agente del Moffazz: fa tutto lui. Alla Difesa, nel comparto, un’altra vedetta di Fazzolari (nominata da Crosetto alla direzione dell’Agenzia Industrie Difesa) è la docente Fiammetta Salmoni. Siede anche nel cda di Enel perché le partecipate sono l’altro campo da vigilare. Il capo del Moffazz si è speso per Agostino Scornajenchi, oggi ad di Cdp Venture Capital, e ragiona di filosofia con Fabio Barchiesi, vicedirettore generale di Cdp. Al Lavoro, dalla ministra Calderone, il capo di gabinetto, Mauro Nori, ha superato la prova Cambogia. Due anni da foresta. Non è un infame. A Ismea, altro feudo di Lollobrigida, è stato distaccato Sergio Marchi, capo di segreteria del ministro, da ieri nuovo direttore generale Ismea, anche lui arruolato dal Moffazz, l’agenzia anti stracciaculi, ma anche l’agenzia più scalcinata di sempre. Al Mimit, il ministero che andrebbe davvero vigilato è senza vigilanza (e si vede). Emanuele Merlino, il numero uno del Moffazz, si è fatto infinocchiare e si lasciava fotografare con Boccia e Sangiuliano. Intelligence? Somigliano tutti ai protagonisti del fumetto più amato dall’Msi, Alan Ford di Max Bunker, lo pseudonimo di Luciano Secchi. Racconta le formidabili avventure del Gruppo Tnt, una banda di agenti segreti, tutta da ridere, guidata da Bob Rock, uomo iracondo, bisbetico e permaloso. E’ chiamato il “numero uno” ma alla fine sceglie la carriera musicale. Il Moffaz? Una banda di trombette.