La gran lezione della metro di Tokyo

E’ la più importante operazione di privatizzazione dal 2016 e il capitale rimane per il 50 per cento nelle mani del governo e del comune. Rafforzare il trasporto pubblico quotando in Borsa le società può essere una soluzione anche per il governo italiano

Sia il governo, sia l’opposizione, sia i sindaci delle principali città italiane potrebbero imparare una lezione importante dal Giappone. Nel primo giorno successivo alla quotazione in Borsa, Tokyo Metro – la società che gestisce la metropolitana della capitale – ha guadagnato il 45 per cento. Con un gettito per l’erario di 2,3 miliardi di dollari, si tratta della più importante operazione di privatizzazione dal 2016, quando il collocamento della società ferroviaria Jr Kyushu fece affluire 4 miliardi nelle casse pubbliche. L’anno prima, la vendita di Japan Post aveva fruttato 11,7 miliardi di dollari. Il capitale di Tokyo Metro, che gestisce nove linee del trasporto sotterraneo tokyota, rimane per il 50 per cento nelle mani del governo e del comune. Gli investitori si aspettano una domanda di mobilità in crescita, grazie al turismo e all’aumento dei residenti nella capitale, in controtendenza rispetto al generale declino demografico del paese, con buone prospettive di ricavarne utili stabili. Questa vicenda può essere istruttiva per il nostro paese. Anzitutto per il governo, che ha messo a bilancio un punto di pil di gettito dalle privatizzazioni ma fatica a raggiungere l’obiettivo.

Per farlo, bisogna avere il coraggio di mettere sul piatto non solo piccole quote di minoranza, ma anche porzioni più grandi del capitale delle società partecipate. La questione riguarda anche i sindaci: i quali non perdono occasione per lamentarsi dei tagli (e spesso giustamente) ma poi fanno poco per trovare soluzioni. La privatizzazione delle società che erogano i servizi pubblici locali è uno strumento sia di razionalizzazione dei bilanci, sia di efficientamento dei servizi. Un tema cruciale, in settori come il trasporto pubblico e la gestione dei rifiuti, che in Italia spesso hanno costi ingiustificatamente alti nel confronto internazionale. Ecco perché pure il centrosinistra dovrebbe interessarsene: è facile chiedere più risorse per il tpl o l’ambiente, ma non si può fingere che non vi sia spazio di miglioramento intervenendo sulla gestione delle imprese locali. Chi vuole dei risultati, si rimbocchi le maniche e si rivolga al privato.

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