Uno sciopero contro le troppe partite

Il sindacato dei calciatori lancia l’allarme per le troppe gare e le ridotte finestre di recupero a disposizione, incrementando il rischio di gravi infortuni. Riuscirà il mondo del pallone a farsi rispettare come i pro dello sport americano?

Si gioca troppo? E allora i calciatori scioperano. O, almeno, questa è la possibilità paventata recentemente dalla Fifpro, il sindacato mondiale dei giocatori. Uno dei primi a lanciare l’allarme è stato Rodri, centrocampista del Manchester City candidato al prossimo Pallone d’Oro. Lo spagnolo nella scorsa stagione è sceso in campo ben 63 volte fra impegni col club e con la Nazionale, per un totale di 6.107 minuti giocati fra luglio 2023 e luglio 2024 (comprese le amichevoli). Secondo il sindacato il numero massimo di partite da disputare dovrebbe essere fra le 50 e le 60, in base all’età. L’eccessivo impiego sottopone i giocatori a sforzi sempre maggiori, con ridotte finestre di recupero fra una gara e l’altra.


Le conseguenze del calendario congestionato cominciano già a vedersi. Proprio il già citato Rodri è uno dei calciatori rimasti vittima di un grave infortunio al ginocchio. Nel giro di poche settimane, oltre al centrocampista del City si sono rotti il crociato anche Carvajal, Valentin Carboni, Zapata e Bremer. E le cose non sembrano sul punto di migliorare. Il nuovo format della Champions ha infatti aumentato il numero di partite da giocare già nella fase iniziale. Col sistema del raggruppamento unico infatti ogni formazione affronterà otto match, contro i 6 previsti dalla precedente formula a gironi. In pratica, chi arriverà in fondo alla manifestazione potrebbe aver disputato 17 gare, contro le 13 della formula precedente.



Come se non bastasse, all’orizzonte si staglia il Mondiale per club che la Fifa ha organizzato negli Stati Uniti fra il 15 giugno e il 13 luglio prossimi. Il torneo (al quale parteciperanno trentadue squadre) servirà anche da prova generale in vista della Coppa del mondo per Nazionali che si disputerà in Nord America nell’estate 2026. È stato questo torneo il motivo scatenante della protesta dei giocatori. I calciatori dovrebbero prendere esempio dai sindacati dei giocatori delle leghe americane, a partire da Nflpa (National football league players association) e da Nbpa (National basketball players association). In America queste associazioni tutelano i diritti dei singoli giocatori e hanno molto potere. Basti pensare ad esempio al recente caso della Nfl che, a partire dal 2021, ha allungato la regular season da 16 a 17 partite, concedendo però alla Nflpa come contropartita una riduzione delle amichevoli di prestagione da quattro a tre, in modo da lasciare invariato il numero di impegni stagionali.



Scioperi dei protagonisti non sono estranei alla cultura statunitense. Da ricordare ad esempio il lockout del 2011 dei giocatori Nba (per problemi inerenti al rinnovo del contratto che regolava il rapporto di lavoro con le franchigie) che ridusse la stagione regolare ad appena 66 incontri. La differenza col calcio è che in negli Stati Uniti si tratta di mettere d’accordo un numero limitato di giocatori rispetto a quanto dovrebbero fare i calciatori. Riusciranno alla fine questi ultimi ad ottenere un calendario più morbido, anche a fronte di una eventuale riduzione dei compensi?

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