C’è troppo ottimismo sui profitti delle banche secondo Buch (Bce)

La mancata ratifica del Mes da parte dell’Italia blocca 150 miliardi messi sul piatto per fronteggiare le crisi bancarie, mentre la rinnovata attenzione per il settore rischia di adagiarsi troppo sull’abbondanza di utili del 2023 e il favorevole taglio dei tassi. Ma per costruire una “redditività futura” occorre tenere conto degli errori del passato.

Il Fondo di risoluzione unico europeo ha raggiunto 80 miliardi. Se a questi si aggiungesse il backstop del Mes, una settantina di miliardi, si arriverebbe a un paracadute di 150 miliardi per affrontare eventuali crisi bancarie europee. Ma fino a quando l’Italia non si deciderà a ratificare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, anche la cassetta degli attrezzi che la Bce potrebbe mettere in campo per soccorrere gli istituti in difficoltà resta sguarnita.



Il tema in Italia è passato in secondo piano, anche perché la ricca stagione di profitti ha fatto apparire come remota la possibilità di una crisi bancaria. Anzi, l’abbondanza di utili, quest’anno come nel 2023, ha spinto il governo Meloni a chiedere alle banche un “contributo” per la manovra economica, mentre le avance di Unicredit a Commerzbank sono state interpretate come il segnale di una disponibilità di mezzi liquidi senza precedenti. E in parte è anche così, ma negli ambienti della vigilanza europea si è aperta una riflessione che mette in guardia da tanto ottimismo. Il viaggio in Italia della nuova responsabile del supervisory board della Bce, la tedesca Claudia Buch, il suo intervento all’Università Bocconi e i successivi incontri istituzionali a Roma, fanno capire che c’è una rinnovata attenzione nei confronti di un settore che rischia di adagiarsi troppo sugli allori ora che la discesa dei tassi d’interesse ha già cominciato a intaccarne la redditività.



Mentre la politica italiana ancora litiga sul concetto di extraprofitti, che nella realtà non esiste, il vento sta soffiando da tutt’altra parte. Nello speech alla Bocconi, Buch ha invitato le banche a impiegare la ricchezza accumulata per costruire la “redditività futura”. Cosa vuol dire? Investimenti nel digitale e in modelli di business che consentano di fare utili nel lungo periodo senza contare troppo sull’aiuto dei tassi. Bisogna guardare a oggi “con lo specchio del passato quando sono falliti istituti che sembravano floridi: “Una redditività che nascondeva rischi sottostanti e, nel tempo, si è rivelata illusoria”, ricorda Buch riferendosi al periodo precedente la crisi finanziaria globale quando le banche guadagnavano cifre enormi che poi si sono bruscamente trasformate in perdite.



Oltre a essere un’economista, Buch è stata vicepresidente di Deutsche Bank, da cui si è dimessa quando a inizio 2024 ha preso il posto di Andrea Enria. Sa bene che quella crisi finanziaria ha rischiato di travolgere le banche tedesche, e molte di quelle europee, per l’enorme quantità di titoli tossici accumulati con lo scopo di rimpinguare profitti che languivano con la normale attività commerciale. Da allora la vigilanza è diventata più severa, imponendo alle banche di essere meglio capitalizzate e liquide. E’ toccato alla francese Danièle Nouy, capo della vigilanza tra i 2014 e i 2018, far comprendere che fossero necessarie abbondanti svalutazioni dei crediti per fare pulizia nei bilanci e tornare a una corretta gestione. E’ stato un periodo di lacrime e sangue durante il quale tanti istituti sono falliti anche in Italia o si sono dovuti aggregare per superare la tempesta. Poi Enria è stato il primo a porre il tema del consolidamento, anche crossborder, cioè tra realtà di paesi diversi. Mettere insieme le forze era per l’economista italiano il migliore modo per garantire la stabilità finanziaria dell’Eurozona.


Non è un caso che proprio durante il suo mandato c’è stato un primo tentativo da parte di Unicredit di approcciarsi a Commerzbank. Era il 2019 ma i tempi non erano maturi sia perché Unicredit era appena uscita da una fase di ristrutturazione sia perché l’allora ad, Jean Pierre Mustier, aveva messo in piedi un’operazione che faceva apparire la banca italiana troppo in subordine rispetto a quella tedesca.



Ma adesso che Gae Aulenti ha intrapreso una nuova iniziativa sotto la guida di Andrea Orcel, che cosa ne pensa la vigilanza europea delle ingerenze della politica tedesca? Finora i feedback ricevuti da Unicredit sembrano positivi, anche se l’istituto con la Bce ha un conto in sospeso per la richiesta di uscire dal mercato russo successiva all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Qualcosa in più si capirà da come risponderà alla richiesta di Unicredit di salire sotto la soglia d’opa di Commerzbank e procedere alla prima vera fusione crossborder, che aiuterebbe l’Unione bancaria europea a formarsi. Non solo per motivi di stabilità finanziaria, ma di competitività rispetto a Cina e Stati Uniti, come ha ricordato il rapporto di Mario Draghi. Ma banche di grandi dimensioni hanno anche bisogno di grandi risorse nell’eventualità crisi. Perciò la mancata ratifica del Mes da parte dell’Italia appare quantomeno illogica.

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