Posticipare il divieto di vendita delle auto a motore termico ha anche svantaggi per l’Europa

Il rinvio a dopo il 2035 del divieto di vendita di auto a combustione nei paesi Ue appare ragionevole. Non si considera tuttattiva che posticipare comporterebbe anche notevoli effetti negativi, dal rischio di accenturare il ritardo tecnologico rispetto ai concorrenti cinesi e giapponesi fino alle difficoltà a conquistare mercati terzi dove crescono soprattutto le tecnologie ibride

Sembra esserci un ampio consenso, in ambito politico e industriale, sulla necessità di richiedere alla Commissione europea un rinvio del divieto di vendita di automobili a combustione termica dopo il 2035. Il motivo principale è che il costo di aggiustamento che le aziende europee dovranno sopportare nei prossimi nove anni è troppo elevato e rischia di compromettere la loro competitività e sopravvivenza nel lungo periodo. L’argomento pare ragionevole. (segue a pagina tre)


In effetti, una transizione più graduale, spalmata su un periodo più lungo (ad esempio di 15 anni invece che 9), consentirebbe di diluire i costi nel tempo e magari di sviluppare soluzioni tecnologiche alternative. Non si considera tuttavia la possibilità che il rinvio della scadenza comporti anche degli svantaggi, che possono essere più elevati dei benefici. Non tenerne conto può far commettere errori che possono costare cari, non solo al settore automobilistico ma anche ai contribuenti.


Almeno tre aspetti devono essere presi in considerazione. Il primo, innegabile, è che, a oggi, le case automobilistiche europee hanno accumulato un ritardo tecnologico rilevante rispetto ai concorrenti cinesi, nel settore elettrico, e a quelli giapponesi nell’ibrido. Non è utile dilungarsi qui sui motivi di tale divario. La questione essenziale, a questo punto, è quella di capire se un eventuale rinvio delle scadenze europee consentirebbe di recuperare il divario, oppure se rischia di accentuarlo. Tale valutazione deve prendere in considerazione non solo il modo in cui le case automobilistiche europee potranno beneficiare della nuova scadenza ma anche come si comporteranno quelle che hanno oggi una posizione di vantaggio, soprattutto quelle cinesi e Tesla. Non si può certo ipotizzare che queste ultime stiano a guardare e che non cerchino di trarre profitto del maggior tempo a disposizione per investire e consolidare la loro posizione dominante.


Il secondo aspetto, collegato al precedente, riguarda le risorse finanziarie necessarie per produrre, durante un periodo più lungo, fino alla nuova scadenza, nuove auto a motore termico e al contempo creare nuove strutture produttive per sviluppare il prodotto elettrico. L’esperienza delle aziende leader, come Tesla, che non hanno mai prodotto auto termiche, suggerisce che produrre in parallelo auto con due tecnologie diverse è molto più costoso. Il problema dell’ammortamento dei vecchi impianti non si risolve necessariamente allungando artificialmente i tempi del loro sfruttamento.


Il terzo aspetto riguarda la dimensione e l’evoluzione del mercato automobilistico. Il mercato europeo è in calo, sia in termini relativi, sia in termini assoluti. La sopravvivenza della produzione europea dipende pertanto dall’export verso i mercati esteri, principalmente quelli dei paesi emergenti, e dalla rapidità di transizione di tali mercati verso le nuove tecnologie. Allungare i tempi di vendita delle auto tradizionali è vantaggioso solo se la domanda per questo prodotto continuerà a crescere. L’evidenza suggerisce che nei mercati terzi crescono soprattutto le tecnologie ibride, nelle quali le aziende europee sono indietro, in particolare rispetto alle marche giapponesi. C’è da chiedersi chi vorrà continuare a comprare le auto tradizionali prodotte dalle case automobilistiche europee nella fase finale del periodo, anche se viene esteso di qualche anno. Il calo dei valori residuali degli invenduti rischia di accentuarsi ulteriormente e pesare sui conti finanziari delle case automobilistiche.



Peraltro, un eventuale rinvio può produrre un effetto depressivo sulla domanda di auto in Europa stessa, se ciò genera l’aspettativa di possibili ulteriori rinvii, il che a sua volta disincentiva gli investimenti in questo settore. Il ritardo con il quale si sta diffondendo l’infrastruttura di distribuzione elettrica, soprattutto in Italia, contribuisce ad alimentare questo circuito perverso di aspettative. Alimenta anche la richiesta di sussidi, dal lato sia della domanda sia dell’offerta.

In sintesi, un rinvio della scadenza per la vendita di auto termiche può sicuramente aiutare a spalmare alcuni costi di aggiustamento ma comporta anche degli svantaggi e incertezze che sono destinati a crescere nel tempo. Non tenerne conto, e basare le decisioni politiche – in particolare riguardo ai tempi della transizione, all’erogazione di aiuti durante tale transizione o all’imposizione di tariffe – solo sulle esigenze di breve termine, rischia di essere letale per il settore automobilistico europeo, e per chi ci lavora. I mercati finanziari sembrano essersene già accorti, penalizzando le quotazioni di chi è più in ritardo nella transizione.

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