Albania, immigrazione, Ucraina e ambiente: così il Pd si allontana dal socialismo europeo

A novembre i dem chiedevano l’espulsione di Rama dal Pse dopo l’accordo con Meloni: “Ha tradito i valori”, dicevano. Da allora, accade sempre più spesso che il Nazareno faccia scelte diverse da quelle dei colleghi progressisti

Chissà cosa deve aver pensato ieri Beppe Provenzano guardando le agenzie in arrivo da Bruxelles. Leggendo di almeno una dozzina di paesi europei, tra cui alcuni a guida socialdemocratica, interessati al protocollo Albania-Italia. A novembre, il responsabile Esteri del Pd chiedeva l’espulsione di Edi Rama, colpevole di intelligenza col nemico Meloni, dai socialisti europei. “Ha tradito i nostri valori”. Nemmeno un anno dopo la situazione è parecchio cambiata. E non solo sui migranti. Perché sul green e soprattutto sull’Ucraina è sempre più spesso il Pd a fare scelte diverse da quelle del Pse.




Ieri mattina la premier Giorgia Meloni presentava il modello Albania ai partner europei. Al suo fianco, oltre a Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione che i socialisti voteranno tra qualche settimana, c’erano anche i leader di Malta e Danimarca, Robert Abela e Mette Frederiksen i cui partiti di riferimento appartengono alla famiglia del Pse. Entrambi pare fossero molto interessati. Nei giorni scorsi un certo interesse l’aveva mostrato anche il premier laburista inglese Keir Starmer. Mentre è noto che il cancelliere tedesco Olaf Scholz abbia ormai cambiato registro sulla migrazione, annunciando una forte stretta alle frontiere. Il Pd ha deciso invece di seguire un’altra strada, ben diversa. Farà le barricate sul protocollo albanese, tanto che nei prossimi giorni la stessa segretaria Elly Schlein potrebbe farsi vedere dalle parti di Schengjin e Gjiader, laddove sorgono i centri per migranti.

La frattura più grande tra dem e socialisti europei tuttavia non è quella sull’immigrazione, essere all’opposizione permette di avere le mani più libere. E’ sul sostegno all’Ucraina che le distanze aumentano di giorno in giorno. Ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky era a Bruxelles, ha visitato il Parlamento europeo. Da quelle parti c’era anche Schlein che tuttavia ha lasciato la capitale belga, per tornare in Italia, a metà mattinata, prima dell’arrivo del leader di Kyiv, per partecipare convegno sui dem sui migranti dove è intervenuta in serata. Zelensky ha poi incontrato i capigruppo delle forze politiche Ue. E subito dopo il Pse ha voluto chiarire una volta ancora la propria posizione: “L’Ue deve rafforzare sostanzialmente il suo supporto militare, consentendo all’Ucraina di colpire obiettivi militari sul territorio russo”, ha detto in una nota la capogruppo Iratxe García Pérez. Non proprio quello che pensano al Nazareno, come ribadito più volte da Schlein e come dimostrato plasticamente dal voto del 19 settembre scorso, quando l’Assemblea europea era chiamata a esprimersi sul sostegno militare all’Ucraina e sulla possibilità di colpire in Russia.

Il Pd, salvo poche eccezioni si è smarcato dalla linea dei socialisti. C’è infine la politica industriale, che intreccia il green deal. E mentre i socialisti, guidati dalla pattuglia tedesca, si interrogano sullo stop ai motori diesel-benzina e aumenta la quota di chi vorrebbe allontanare il divieto, il Pd tira dritto. Avanti tutta con la transizione, nonostante la crisi dell’automotive segni l’agenda dei governi europei. D’altra parte non è un caso che la responsabile Ambiente del Pd sia l’eurodeputata Annalisa Corrado, ferma sostenitrice dell’elettrico ma soprattutto fedelissima di Schlein. Solo che a furia di smarcarsi, dai migranti all’ambiente fino all’Ucraina, sovviene un piccolo dubbio: ma non è che alla fine sarà Edi Rama a chiedere l’espulsione del Pd dai socialisti Ue? Chissà che ne pensano Schlein e Provenzano.

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