Ecco come potrebbero cambiare i trasferimenti nel calcio dopo la sentenza sul caso Diarra

Federico Venturi Ferriolo, Partner Head of Sports presso LCA Studio Legale, di Milano: “Al di là della disponibilità della FIFA a rivedere le proprie norme, è ancora dubbio quale sarà il futuro del sistema che regola i trasferimenti internazionali dei calciatori”. E i contenziosi per l’organo mondiale del calcio non sono finiti

La sentenza C-650/22 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sul caso Diarra apre nuovi scenari sul calcio mondiale e in particolare sul sistema dei trasferimenti. Il primo impatto è stato forte, tanto che nel giro di pochi giorni la FIFA ha annunciato la modifica dell’articolo 17: “Siamo ansiosi di sviluppare ulteriormente il nostro quadro normativo, tenendo conto delle opinioni e dei suggerimenti di tutte le parti interessate”, ha dichiarato Emilio Garcia Silvero, Legal director della FIFA, il quale in un primo momento aveva gridato alla vittoria perché la sentenza non cambiava i principi fondamentali del sistema dei trasferimenti.

Tutto nasce dal contenzioso tra Lassana Diarra e la Lokomotiv Mosca: nel 2014 il club chiede 20 milioni di euro per la violazione del contratto senza “giusta causa”, il giocatore il risarcimento per il mancato pagamento di stipendi arretrati e perché è bloccato sul mercato. Il Charleroi lo vuole acquistare ma non può farlo senza un certificato di trasferimento internazionale. La Dispute Resolution Chamber della FIFA accoglie parzialmente il ricorso della Lokomotiv e condanna Diarra al pagamento di 10,5 milioni di euro, il quale fa ricorso; insieme con il club belga che si rivolge al tribunale commerciale dell’Hainaut per chiedere un risarcimento alla FIFA per il mancato ingaggio del calciatore. FIFA e federcalcio belga vengono condannate dalla Corte d’Appello di Mons ma il procedimento è sospeso perché vengono poste due questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea: le norme FIFA sui trasferimenti sono da considerarsi un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori in base agli articoli 45 e 101 del Trattato di Funzionamento dell’Ue? Ed eccoci all’oggi, con la Corte che considera i propri trattati in opposizione alle norme FIFA a meno che non le applichi per perseguire la regolarità delle competizioni calcistiche o che un club terzo abbia indotto il calciatore a risolvere il contratto.

“Il caso Diarra ha approfondito la compatibilità con il diritto dell’Unione delle disposizioni che prevedevano: la responsabilità solidale del nuovo club in caso di recesso senza giusta causa; la determinazione dei criteri per determinare la compensazione in caso di recesso senza giusta causa; la possibilità per le federazioni nazionali di trattenere l’ITC – International Clearance Certificates – in presenza di dispute contrattuali. Secondo la Corte tali disposizioni avrebbero l’effetto di dissuadere le società sportive dall’ingaggio di giocatori che hanno risolto unilateralmente il loro contratto, di fatto limitando la loro possibilità di circolare liberamente sul territorio dell’Unione”, ricorda Federico Venturi Ferriolo, Partner Head of Sports presso LCA Studio Legale, di Milano. “Ora, al di là della disponibilità della FIFA a rivedere le proprie norme, mediante l’organizzazione di un dialogo con gli stakeholder chiave dell’industria calcistica, è ancora dubbio quale sarà il futuro del sistema che regola i trasferimenti internazionali dei calciatori. La FIFA ha precisato che il caso Diarra non comporterà la fine dell’attuale sistema di regole – che è un sistema composto da diverse disposizioni fondamentali che non sarebbero colpite dal caso stesso –, ma è comunque lecito porsi dei dubbi circa l’effettiva tenuta del sistema alla luce di un’eventuale modifica dell’articolo 17”, prosegue Venturi Ferriolo.

Non è la prima volta quest’anno che la Corte si esprime sulla conformità dei regolamenti FIFA rispetto ai principi dell’Unione e non è neppure la prima volta che tale impianto viene messo in discussione proprio alla luce del diritto comunitario. È, quindi, ormai pacifico come la Corte riconosca che l’organizzazione delle competizioni calcistiche e la gestione dei diritti audiovisivi ad esse collegate siano qualificabili come attività economiche che devono rispettare i principi comunitari: “Inoltre, è attesa intorno a metà del 2025 anche la decisione della Corte sulla compatibilità della normativa FIFA in materia di regolamento degli agenti sportivi (FFAR) rispetto ai principi del diritto comunitario ed è notizia del 14 ottobre la presentazione di un reclamo alla Commissione europea da parte di FIFPRO e European Leagues contro la FIFA per abuso di posizione dominante in relazione all’organizzazione del primo Mondiale per club nel 2025 e del Mondiale per nazionali allargato a 48 squadre del 2026”, sottolinea Venturi Ferriolo.

Dunque, sebbene rimanga intatto il concetto di autonomia dell’ordinamento sportivo, anche a livello internazionale, è evidente come il sistema gerarchico delle fonti imponga anche agli organi di governo di vertice dello sport mondiale di uniformarsi rispetto ai principi fondamentali dell’Unione: “E questo perché la FIFA, pur non essendo una organizzazione sportiva europea ma mondiale, deve necessariamente riconoscere tali principi per evitare situazioni di disomogeneità tra le federazioni europee e il resto del mondo. La stessa FIFA ha riconosciuto questo aspetto nella sua circolare del 30 dicembre 2023 avente a oggetto la sospensione di alcune parti delle FFAR in attesa della decisione della Corte”, chiosa l’avvocato Ferriolo. Se da un lato, quindi, la liberalizzazione favorirebbe una maggiore mobilità, dall’altro rischia di compromettere l’equilibrio contrattuale e la stabilità delle competizioni. Per questo l’interpretazione della Corte evidenzia la necessità di bilanciare i diritti dei calciatori con le esigenze dei club, ma lascia aperti molti interrogativi sull’efficacia del sistema regolamentare attuale e sulle possibili derive opportunistiche che una modifica troppo permissiva potrebbe provocare. Fino al prossimo contenzioso.

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