La colpa dell’uragano Milton è dell’uomo, ma fino a un certo punto

Due strade si presentano davanti all’essere umano: considerarsi parte della natura e avere il diritto di combatterne come può la spietatezza, oppure non farne parte e non avere alcun obbligo nei suoi confronti

Non posso dirmi sorpreso dall’apprendere che l’uragano Milton sia colpa dell’uomo; stavolta però la notizia è che c’è colpa e colpa. Leggo che, secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale, non esistono disgrazie naturali o, meglio, esistono eventi naturali di per sé neutri, che diventano disastri nel momento in cui interagiscono con l’uomo causandogli danno. Se l’uomo non ci fosse, un uragano non farebbe del male a nessuno. Di per sé si tratta di un’adamantina posizione leopardiana, con una natura/nave che non si cura dei sorci sottocoperta; mi spiazza di più l’implicazione secondo cui la colpa dei disastri naturali vada ascritta all’uomo non perché la sua azione abbia influito sul cambiamento climatico, bensì perché con la sua sola esistenza si pone in condizione di venire danneggiato dalla natura. Un dettaglio non mi convince di questa ardita teoria: l’uomo, animale bipede implume, non è esso stesso un evento naturale, capitato a un certo punto su questa terra? Non ha diritto, tanto quanto i pinguini o gli ananas, di preferire determinati fenomeni meteorologici e mettersi al riparo da altri? O l’uomo fa parte della natura, quindi ha diritto di combatterne come può la spietatezza; oppure non ne fa parte, e allora non ha obblighi nei suoi confronti.

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