Dall’indagine sui conti spiati al caso Scarpinato, le procure si confermano un colabrodo

Sia i pm di Bari, che indagano sul funzionario bancario spione, sia quelli di Caltanissetta, che hanno intercettato casualmente il senatore grillino, sono stati incapaci di tutelare il segreto delle indagini. Ma le fughe di notizie sembrano non interessare nessuno

I magistrati della procura di Bari hanno cominciato a esaminare il materiale sequestrato a casa di Vincenzo Coviello, l’ex funzionario di Intesa Sanpaolo che dal suo ufficio di Bisceglie ha spiato i movimenti bancari di decine di esponenti politici e personaggi pubblici. Peccato, però, che i pm baresi siano stati costretti a sequestrare in fretta e furia gli smartphone, gli hard disk e tutti gli altri dispositivi informatici di Coviello giovedì scorso, dopo che la mattina stessa la notizia dell’esistenza dell’indagine era già stata pubblicata sul quotidiano Domani. I magistrati temono che la violazione del segreto investigativo possa aver avvantaggiato Coviello, che potrebbe aver cancellato dai propri dispositivi informatici dati importanti, utili a comprendere a pieno l’identità di tutte le vittime degli accessi abusivi, la sua rete di rapporti, la presenza di eventuali mandanti. Insomma, la fuga di notizie rischia di mettere a repentaglio il buon andamento stesso delle indagini, che poi è il motivo per il quale il nostro ordinamento prevede una tutela (teorica) del segreto investigativo.

Non si tratta della prima volta per la procura di Bari, retta da Roberto Rossi. Una fuga di notizie importante avvenne lo scorso 10 aprile, quando Alfonso Pisicchio, commissario dell’Agenzia regionale pugliese per l’innovazione, si dimise dall’incarico poche ore prima di essere destinatario di una misura cautelare degli arresti domiciliari per truffa e corruzione. Secondo quanto raccontato dallo stesso Pisicchio ai magistrati baresi, fu il governatore Michele Emiliano a imporgli le dimissioni, facendo riferimento a voci su un’indagine nei suoi confronti e addirittura un suo arresto imminente. Di fronte alla singolare tempistica del passo indietro di Pisicchio, la procura di Bari ha aperto un fascicolo sulla possibile divulgazione di notizie riservate. Lo scorso luglio Pisicchio è stato ascoltato dai magistrati, che però non risulta abbiano fatto lo stesso con Emiliano. Dell’indagine, comunque, non si sono avute più notizie.

Quella di Bari non è l’unica procura a mostrare in questi giorni falle preoccupanti. Un’altra fuga di notizie è avvenuta alla procura di Caltanissetta, che sta indagando su Gioacchino Natoli (ex presidente della Corte d’appello di Palermo) e su Giuseppe Pignatone (ex procuratore aggiunto di Palermo e poi procuratore di Roma) per il presunto insabbiamento dell’indagine su mafia e appalti del 1992. Nell’ambito di questa inchiesta, i pm hanno intercettato casualmente il senatore grillino Roberto Scarpinato, attraverso una microspia collocata nello studio di Natoli, con cui Scarpinato avrebbe concordato domande e risposte in vista di un’audizione alla commissione Antimafia (della quale l’esponente grillino è membro). La notizia dell’incontro privato tra i due è stata pubblicata sul quotidiano La Verità, anche in questo caso in violazione del segreto investigativo, essendo le indagini ancora in corso, e ha causato un putiferio a livello politico.

Nonostante ciò, non risulta che la procura nissena abbia aperto un fascicolo per capire come un’intercettazione così delicata, che riguarda un parlamentare tutelato dallo scudo costituzionale (articolo 68) e che ha un contenuto penalmente irrilevante, sia fuoriuscita dal proprio ufficio e finita su un giornale.

Non solo, nelle ultime ore è emersa la notizia che, in base a un misterioso accordo stretto con la commissione parlamentare Antimafia, la procura di Caltanissetta sta provvedendo a trasmettere alla commissione di Palazzo San Macuto tutti gli atti che via via sta raccogliendo con la sua indagine, inclusa l’intercettazione di Scarpinato.

Insomma mentre si parla, giustamente, della facilità con cui i sistemi informatici degli uffici giudiziari e le banche dati in uso dagli investigatori sono violati in modo abusivo, nessuno dice una parola sulle procure colabrodo, che oltre a essere incapaci di tutelare il segreto delle indagini appaiono pure disinteressate a scoprire i responsabili delle fughe di notizie.

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto “I dannati della gogna” (Liberilibri, 2021) e “La repubblica giudiziaria” (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]

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