Crosetto tra spie e complotti. Ai parlamentari che incontra: “Qui niente cellulari”

Il ministro in audizione al Copasir dopo le accuse ai vertici dell’Aise. Intanto a Palazzo Baracchini chiede a chi lo va trovare di lasciare fuori dall’ufficio i telefoni

“Prego, entra pure, ma lascia il telefono fuori dalla mia stanza”. A Palazzo Baracchini, sede del ministero della Difesa, questa gentile richiesta di Guido Crosetto ormai è una consuetudine. Con garbo e fermezza chiede a chiunque lo vada a trovare, da lui convocato, di non portarsi dietro alcun dispositivo prima di mettersi seduto nel suo ufficio. Il ministro teme di essere registrato e dunque spiato. Ha paura, è lecito immaginare, che un suo commento o una sua conversazione possa finire nelle mani sbagliate. Forse è scottato dal caso del finanziere infedele Pasquale Striano e dalle presunte manovre di un pezzo di Servizi segreti contro di lui. Sta di fatto che questa accortezza ha lasciato un po’ di stucco i parlamentari – e non solo – che ultimamente hanno fatto visita a Crosetto. Anche perché, nella maggior parte dei casi, si tratta di esponenti del centrodestra con ruoli importanti e ben riconoscibili. Tuttavia, il ministro non fa distinzioni: è plausibile pensare che si senta nel mirino e così prende tutte le precauzioni del caso, a costo di sembrare paranoico. Manine e manone. Orecchie indiscrete. D’altronde, non più tardi di qualche giorno fa proprio Crosetto ha annunciato via chat interna di Fratelli d’Italia di voler presentare un esposto in Procura per scoprire chi avesse dato ai giornali le chat interne del partito che ha fondato con Giorgia Meloni. Si sente nel mirino, il ministro. E oggi ne parlerà al Copasir: il Comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica lo ha convocato alle 15 a Palazzo San Macuto. Due i corni dell’odierna audizione, tanto attesa quanto invocata dal diretto interessato. Tutto nasce, ma forse no, dal verbale del colloquio tra il ministro della Difesa e il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone (pubblicato lo scorso settembre dal Fatto).

In quel verbale emergono forti critiche da parte del big di Fratelli d’Italia nei confronti dell’intelligence esterna. “L’Aise non mi informa e nemmeno coopera”. Da queste parole scoppia un polverone che tutti ormai conoscono, con il sottosegretario con delega ai Servizi, Alfredo Mantovano, che con una dichiarazione corre ai ripari per confermare massima fiducia all’agenzia: incidente istituzionale sfiorato di un soffio.

Crosetto aveva bussato alla porta di Cantone dopo il caso Striano: il finanziere accusato di aver effettuato migliaia di accessi abusivi alle banche dati con le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette (Sos). Al centro delle attenzioni di Striano anche i movimenti bancari di Crosetto, poi finiti su alcuni giornali. Da qui l’esposto alla Procura di Perugia e quelle dichiarazioni contro i vertici precedenti e attuali dell’Aise, dunque all’epoca di Luciano Carta, ex direttore poi andato a presiedere Leonardo fino all’arrivo di Stefano Pontecorvo a maggio del 2023. E poi la gestione attuale di Gianni Caravelli (una presunta tensione smontata da una foto fra i due quattro giorni fa a Ciampino, subito diffusa alle agenzie). Di fatto, il mix fra la deposizione del ministro alla Procura di Perugia e la faccenda di Striano, con tutti i sospetti sui possibili mandanti, saranno al centro della seduta del Copasir di oggi. Così come forse la storia della moglie di Crosetto, Gaia Saponaro, che fra il 2019 e il 2020, quando il fondatore di Fratelli d’Italia era capo dell’Aiad (l’associazione che rappresenta l’industria degli armamenti) provò a entrare all’Aise. Le opposizioni hanno molte cose da chiedere al ministro anche su questa storia. Il protagonista – che a più riprese ha detto di sentirsi spiato e che ha denunciato un complotto di un pezzo della magistratura contro il centrodestra – è pronto a dire la sua verità e a rispondere, fa sapere, a tutte le domande senza la minima timidezza. Davvero mani e manine, spie e spioni, volteggiano sulla Difesa? Nel dubbio, deve pensare il cofondatore di FdI, meglio parlare lontano dai cellulari altrui. Niente cortesie per gli ospiti, il nemico forse ci ascolta.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

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