E poi ci sono Olimpiadi in cui l’India vince. Anzi, domina

Il paese di Narendra Modi chiude il torneo con quattro punti avanti agli Stati Uniti e ai campioni uscenti dell’Uzbekistan

Gli scacchi stanno tornando lì dove sono nati: in India. Posto che siano nati davvero lì, come gli storici sostengono, e non che preesistano alla creazione del mondo, come sostenne un grande appassionato del gioco con l’uzzolo per la metafisica, Massimo Bontempelli. Ma, fatto storico o evento metafisico, l’esito delle 45esime Olimpiadi parla chiaro: la giovanissima formazione indiana non ha solo vinto, ha dominato, chiudendo il torneo quattro punti avanti agli Usa e ai campioni uscenti dell’Uzbekistan. In prima scacchiera, Gukesh D. ha performato oltre i 3000 punti Elo, una roba stratosferica che obbliga non solo a darlo favorito nel match mondiale di novembre, contro Ding Liren, ma anche a considerare per la prima volta avvicinabile sua maestà Magnus Carlsen, piantato in cima alla lista Elo da oltre un decennio. A completare il trionfo indiano, a Budapest, ci ha pensato Erigaisi in terza scacchiera, con una performance da 2968 punti, e la vittoria della squadra femminile, sia pure all’ultimo respiro e con la complice assenza delle più forti giocatrici cinesi.

Dopodiché, al rientro, tutti a casa del primo ministro Narendra Modi. Non sono più i tempi di Bobby Fischer, quando i confini della geopolitica coincidevano con quelli della scacchiera, e il match dell’americano contro Spassky scomodava persino Henry Kissinger, ma qualcosa vorrà pur dire se, da oggi in poi, lo squadrone da battere è l’India. Che riceve i campioni con tutti gli onori, e rilancia nei telegiornali e sugli account ufficiali le felicitazioni del premier indiano. Il cui motto, terribilmente calzante, è stato alle scorse elezioni “Hindu first”, la chiave di quel rinnovato nazionalismo identitario, a sfondo religioso, che sta incrinando al contempo la democrazia e la laicità del paese più popoloso del mondo, dopo l’epocale sorpasso demografico sulla Cina. Gukesh D, però, è soltanto un ragazzo. Ed è uno che nell’intervista concessa alla fine del torneo ti cita a memoria mosse varianti analisi e controanalisi della partita che ha deciso le Olimpiadi, quella contro Wei Yi giocata qualche giorno prima, nel settimo turno – un finale complesso, due cavalli e pedoni contro torre e pedoni, un rebus risolto con impressionante precisione danzando sul filo dei secondi, che rimarrà nella storia degli scacchi e forse pure nella metafisica del gioco (e sul Foglio, qui sotto) – ma è pure uno che per fortuna non ha nessuna voglia di trasformare in primazia politica, ideologica o culturale, la vittoria suo personale e del suo paese. La feroce concentrazione sugli scacchi funziona spesso come una svagata distrazione dal mondo, e a volte questa può essere una fortuna. Gli si può voler bene, al ragazzo.

La partita: Gukesh D. vs. Wei Yi, Budapest, Chess Olympiad 2024

La giostra finale di Gukesh D. (questa volta non ci proviamo nemmeno e diamo direttamente la soluzione):

65. gxf4 Txh4 66. Cf3 Th1 67. f5 h5 68. Cc3 h4 69. Ce4+ Rd7 70. Ce5+ Rd8 71. f6 h3 72 f7 Tf1 73 Cg5 h2 74 Cgf3 Re7 75 Cxh2 Ta1 76. Chg4 Ta3+ 77. Rd2 Txa4 78. Ch6 Ta2+ 79 Re3 Ta3+ 80 Re4 e il N abbandona.

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