Il nucleare è l’unica soluzione, cari ambientalisti all’amatriciana

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – “Vituperio. La satira come viene messa in pratica dagli ignoranti e da tutti coloro che soffrono di gravi deficienze di intelligenza e di umorismo” (Ambrose Bierce, “Dizionario del diavolo e altre ombre di pace e di guerra”, 1911, Mondadori, 2022). Ogni riferimento a un quotidiano con vignette antisemite non è puramente casuale.

Michele Magno


Al direttore – L’appello al presidente della Repubblica contro la realizzazione di un impianto eolico vicino a Orvieto firmato da 100 esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo si apre con una obbligatoria frase di circostanza. “La ricerca di fonti di energia alternativa è sicuramente uno degli obiettivi più urgenti, da perseguire con appassionata determinazione”. Appassionata determinazione. Sono sicuro che qualcuno tra i firmatari avrà anche firmato l’appello per un’Italia 100 per cento rinnovabile. Tipo Carlo Petrini, Tomaso Montanari o Mario Tozzi, appassionati sostenitori della transizione ecologica. Ma sono anche sicuro che nessuno di loro si sia mai fatto alcune semplici domande, che si sarebbe fatto qualsiasi onesto geometra. Tipo: ma per perseguire questo obiettivo quante decine di chilometri quadrati di pannelli fotovoltaici bisognerà installare? E dove? E quante migliaia di pale eoliche bisognerà installare e dove? E magari anche: ma le pale eoliche si possono solo mettere dove c’è vento? E quanti sono i posti in Italia dove c’è vento sufficiente per rendere utile una pala eolica? Nemmeno si sono chiesti evidentemente chi dovrebbe realizzare questi impianti senza “razionalità strumentale ed economicistica”, come scrivono loro, cioè senza guadagnarci un euro. Probabilmente secondo loro i pannelli fotovoltaici sono solo quelle cosine carine che uno mette sul tetto di casa e le pale eoliche dovrebbero assomigliare agli antichi mulini a vento. Piccole e fatte a mano. Purtroppo non è così e se si fossero un po’ guardati in giro e documentati avrebbero scoperto dove va il mondo e che non c’è solo Orvieto, ma decine di siti, tutti meritevoli di attenzione, dove c’è lo stesso problema. Quindi paradossalmente senza nulla sapere corrono anche il rischio di avere ragione. Grandi insediamenti di impianti rinnovabili, solari ed eolici, e in grande numero corrono il rischio di introdurre permanenti modificazioni al paesaggio italiano. Solo che la prossima volta prima di inneggiare alle rinnovabili senza farsi le domande di cui sopra farebbero meglio a sedersi intorno a un tavolo con qualcuno che ci capisce qualcosa e studiare per bene dove veramente si possono mettere questi benedetti pannelli e quelle benedette pale. Naturalmente non a casa loro. Infine, un appunto: fra giunta regionale sarda che blocca praticamente tutte le rinnovabili e intellettuali orientati a sinistra che protestano contro le pale eoliche direi che il campo largo ha le idee alquanto confuse in materia di ecologia.

Chicco Testa

Prima o poi gli ambientalisti all’amatriciana si renderanno conto che l’unico modo per avere un’energia pulita in grado di non pesare sul patrimonio paesaggistico e di non rendere un’utopia la decarbonizzazione è uno e coincide con il profilo di una centrale nucleare, per altro notevolmente più bassa del Duomo di Orvieto.


Al direttore – Di fronte alla prospettiva di creare un Piano europeo per la salute cardiovascolare è importante che anche l’Italia metta in primo piano la necessità di intervenire. Oltre a essere la principale causa di morte nel nostro paese, le malattie cardiovascolari costano ogni anno oltre 41 miliardi, ossia circa il 15 per cento della spesa sanitaria nazionale. Innovazione e prevenzione sono i due asset su cui si gioca questa sfida. Eppure, in una logica di gestione, per così dire, “compartimentalizzata” della spesa sanitaria, gli investimenti rischiano di essere sottodimensionati a causa di una valutazione dei costi concentrata solo nel breve periodo, in uno scenario in cui la spesa sanitaria italiana è inferiore a quella dei principali paesi europei e si attesta al 6,8 per cento del pil a fronte di una media europea del 7,1 per cento. La ricerca e l’innovazione aprono la strada a nuove frontiere terapeutiche che, in associazione a efficaci programmi di prevenzione secondaria, possono contribuire a contrastare l’impatto di queste malattie, ma l’innovazione deve essere supportata da un’azione comune per renderla accessibile con equità. L’Italia è una punta di diamante per l’innovazione, ne è un esempio l’hub di Torre Annunziata che produce per tutto il mondo il nostro farmaco per lo scompenso cardiaco. Un settore, quello delle scienze della vita, che fa da traino alla competitività dell’Europa, come sottolineato da Mario Draghi. Questa importanza strategica deve però andare di pari passo con politiche industriali mirate a sostenere l’attrattività e la competitività del settore e richiede una revisione dell’attuale governance farmaceutica, nell’ottica dello snellimento burocratico, dell’approvazione degli studi clinici e degli investimenti produttivi, dell’accelerazione dell’iter approvativo di nuovi farmaci, sicurezza degli approvvigionamenti e tutela della proprietà intellettuale. Interventi chiave per le sfide sanitarie del prossimo futuro.

Valentino Confalone

Country President Novartis Italia

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