Lezioni utili dalla Seconda guerra mondiale a chi oggi cavilla su armi e trattati

Quando i servizi segreti inglesi e il primo ministro Winston Churchill crearono una squadra formata da semi-criminali per sabotare le navi tedesche e italiane. Il libro del reporter di guerra Damien Lewis

Le storie della Seconda guerra mondiale, canonizzate dai libri di scuola, vengono ogni tanto arricchite dalle ricerche di qualche autore che scova episodi che possono in qualche modo risuonare nella contemporaneità. Oggi ci piacciono, ad esempio, gli underdog (Giorgia Meloni con questa parola ci ha vinto le elezioni, Kamala Harris l’ha ritirata fuori) e ci piacciono gli eroi che lavorano disobbedendo al proprio comandante, che fanno i lavori sporchi che nessun altro può fare e vengono giustificati se l’obiettivo è distruggere il male assoluto. Damien Lewis, reporter di guerra e prolifico autore di romanzi storici pieni di carri armati e aeroplani, nel libro Il ministero della guerra sporca (Neri Pozza, traduzione di Alessandra Manzi) racconta proprio una di queste storie, forse tra le più estreme e rocambolesche che si possano scovare.

Con la Francia appena occupata dai nazisti, l’Inghilterra ha quasi la certezza che verrà invasa data la superiorità marittima tedesca per via dei sottomarini che affondano tutto quello che incontrano. Alcune navi tedesche e italiane vengono tenute nel porto controllato dagli spagnoli di Fernando Poo e distruggerle potrebbe voler dire salvare la Gran Bretagna, perché quelle navi servono per rifornire i temibili U-Boot. Ma attaccare in una zona neutrale sarebbe contro il protocollo, e porterebbe Spagna e forse Portogallo a unirsi all’Asse. Così l’ufficio dei servizi segreti organizza, con l’aiuto di un giovanissimo Ian Fleming e sotto la supervisione di Winston Churchill, una squadra per sabotare e/o portare via queste navi.

I militari inglesi sono contrari e vengono scelti degli abilissimi e sboccatissimi semi-criminali, uomini incapaci di disciplina ma “con una naturale propensione alla violenza” e bravissimi a maneggiare esplosivi e travestimenti. Sociopatici strafatti di anfetamine che partono per una missione suicida guidati dal picaresco Gustavus March-Phillipps, un “personaggio smilzo e di bell’aspetto” che Fleming userà come modello per James Bond. Un agente Zero, cioè “addestrato e autorizzato a usare tutti i mezzi per arrestare il nemico”. Sono una sorta di nuovi corsari, come quelli che usava Elisabetta I, che ammazzano nazisti – nel gruppo anche un danese aristocratico, un “solitario”, un “guerriero nato” paragonato a Robin Hood perché amava usare arco e frecce. Le azioni di questo commando non si limitano ai boicottaggi di Fernando Poo, ma March-Phillipps e i suoi ragazzacci continuano fino alla morte a portare avanti azioni spregiudicate per avvantaggiare gli Alleati, come l’Operazione Dryad, sulla Manica, o la fallita Operazione Aquatint dove March-Phillipps morirà all’età di 34 anni. Ma dopo la sua morte, e l’arresto da parte della Gestapo di altri membri, le operazioni del Commando continuano fino alla fine della guerra.

Nello stile un po’ tarantinesco dello sparatutto senza pietas, Guy Ritchie da una delle avventure del libro ci ha anche tratto un film dove Rory Kinnear interpreta Churchill, tornando per la terza volta nel ruolo di un primo ministro dopo “Black Mirror” e “The Diplomat”.

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