Su Unicredit, anche Von der Leyen richiama Scholz alle regole del mercato unico

La presidente della Commissione europea avverte Berlino di non ostacolare l’iniziativa dell’ad Andrea Orcel, ma gli interessi in gioco per la Germania sono più grandi di una semplice fusione bancaria

Unicredit cerca spiragli nel muro che ha eretto il governo di Berlino contro l’acquisizione di Commerzbank. Uno di questi spiragli è stato aperto dal ministro delle finanze tedesco, Christian Lindner, quando ha detto che il governo federale “non può e non deve restare a lungo in una banca privata”, una posizione molto più morbida rispetto alla bocciatura in piena regola espressa dal cancelliere Olaf Scholz.

Ma l’assist più importante all’iniziativa di Unicredit guidata da Andrea Orcel arriva dalla Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen. Se davvero il governo federale del paese economicamente più forte dell’Unione europea provasse a bloccare le offerte “ostili” sulle banche con un decreto che imponga una sorta di golden power, come emerso da alcune indiscrezioni di stampa, la frattura con Bruxelles potrebbe diventare rischiosa. Non è un caso che ieri la portavoce della Commissione si sia affrettata a chiarire che restrizioni sulle libertà fondamentali nell’Unione europea, cioè la libera circolazione dei capitali nel caso del settore bancario, “non possono essere giustificate per motivi economici essendo permesse solo se sono proporzionate e fondate su interessi legittimi come sicurezza pubblica, politiche pubbliche o di interesse generale”.

In altre parole, Berlino non dovrebbe provare a ostacolare l’iniziativa di Unicredit in Germania, semmai, come ha evidenziato il ministro Lindner, è di Commerzbank la responsabilità di respingere l’offerta della banca italiana. Ma è evidente che gli interessi in ballo sono più grandi di una semplice fusione bancaria e anche il mercato comincia a osservare tutta la vicenda con una chiave di lettura più ampia. Il centro studi di Mediobanca, per esempio, spiega di considerare il tentativo di aggregazione di Commerzbank da parte di Unicredit “come il test finale per le ambizioni europee del rapporto Draghi e per la realizzazione dell’unione bancaria e del mercato dei capitali”. La conclusione degli analisti di Piazzetta Cuccia è la seguente: “Il fallimento si rifletterebbe probabilmente nella giustificazione di uno sconto di valutazione permanente per le banche europee, incapaci di raggiungere dimensioni e rendimenti dai confini panaeuropei”. Tradotto: se la Germania si mettesse di traverso a un’unione tra banche che potrebbe dar vita a un campione del credito europeo sarebbe di fatto responsabile del prolungarsi della debolezza del settore rispetto alla concorrenza americana e cinese. Il punto è superare la dimensione domestica.

È questo ciò che ha auspicato Draghi nel suo rapporto e che la presidente von der Leyen mostra di condividere in pieno quando la sua portavoce afferma che le fusioni tra istituti di credito europei “potrebbero rendere le banche più resilienti agli choc grazie alla maggiore diversificazione degli asset” e consentirebbero di “avere modelli aziendali più efficienti”. Ma l’Europa è pronta? Dalla reazione di Berlino i potrebbe desumere di no. E per quanto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, si sforzi di ricordare che c’è il libero mercato, Orcel non può non considerare che le sue ambizioni di crescere in Germania stanno incontrando un’opposizione di tipo politico. Ma ecco un altro spiraglio. Un economista molto ascoltato nel paese come Daniel Gros ha spiegato che “il possibile takeover di Commerzbank da parte di Unicredit non è stato stoppato dal governo tedesco nel suo insieme, bensì dalla Cancelleria che è in mano all’Spd molto sensibile alle posizioni dei sindacati, i quali hanno reagito con una durezza che ha sorpreso un po’ tutti”.

Ma visto che i sindacati tedeschi spesso assumono atteggiamenti più concilianti dopo un’iniziale levata di scudi, Orcel dovrebbe provare a parlare con loro, in particolare con quelle associazioni che rappresentano i bancari. Chissà se l’ad di Unicredit seguirà il consiglio di Gros oppure se considererà altre “opzioni”, salire, restare o scendere in Commerzbank. Di certo, il percorso che il banchiere ha disegnato gli consente di scegliere. Unicredit, infatti, ha chiesto alle autorità di vigilanza europee sia l’autorizzazione a salire fino alla soglia d’opa in Commerzbank (29,9 per cento) sia il permesso di convertire gli strumenti derivati che consentono di consolidare la partecipazione del 21 per cento che vuol dire essere diventati già il primo azionista e, come spiegano alcuni analisti, negoziare da una posizione di forza escludendo che altre banche (per esempio, Deutsche Bank) possano intromettersi nella partita.

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