Il formidabile Battista risveglia l’anima marcia dell’occidente dopo un anno di “nuova caccia all’ebreo”

Se woke vuol dire sveglio, attento all’ingiustizia, alla discriminazione, all’odio razziale, ecco un vero intellettuale “woke”. Svegliarsi dall’orrore della “Caccia all’ebreo” con il pamphlet spietato e ragionevole di Pieluigi Battista

Il principale intellettuale woke, se woke vuol dire sveglio, attento all’ingiustizia, alla discriminazione, all’odio razziale, all’ignoranza antisemita e antigiudaica, è oggi in Italia Pierluigi Battista, autore di un pamphlet spietato e ragionevole insieme sulla nuova caccia all’ebreo dopo il 7 ottobre 2023 (pubblicato dalla fortissima Liberilibri di Macerata). Secondo Masneri qui e l’Economist a Londra il wokismo americano, nel senso della cancel culture e del conformismo di massa, è in declino. Bene. Beneaugurante, se anche Kamala Harris si arma e spara senza indugi per difendere la sua casa. Meglio, se Harvard e Columbia saranno riscattate dalla vergogna del Mein Kampus (copyright Twitter). Meglio ancora, se donne e Lgbtqi+ e onusiani e giovani inconsapevoli e ignari di tutto, storia e geografia, la finiranno di gridare per la liberazione della Palestina dal fiume (il Giordano) al mare (Mediterraneo), cioè alla caccia all’ebreo di cui Battista racconta in modo personale, impersonale, struggente sempre, le vicissitudini incredibili da un anno a questa parte.

Del lutto universale per i morti civili in guerra si è detto molto in questo anno ma non tutto, non l’essenziale. Battista lo dice, la sua è una documentazione dei fatti e delle anime, quelle israeliane e non israeliane, quelle ebree e musulmane e cristiane, volate via per effetto di un pogrom che aveva come obiettivo e conseguenza una grande strage ininterrotta dal 7 ottobre in avanti, tutto sotto i nostri occhi ma non tutto. Non le cause, che risalgono integralmente alla ferocia dei predoni di Hamas, alle trame degli Hezbollah e dei mandanti iraniani, dei pasdaran e dei mullah di Teheran, all’origine della grande guerra del Grande medio oriente e del suo portato di morte e di infelicità in nome dell’annientamento di una comunità di uno stato di una guarnigione della salvezza e di un popolo che si chiama Israele, avanguardia dell’occidente sul fronte più esposto della sua sopravvivenza dopo l’abrogata Shoah, dopo il mai più e altre retoriche messe alla prova dalla nostra storia immediata, quella che vediamo alla televisione, sui social, e che si sperimenta e si è tragicamente sperimentata nei kibbutz confinanti con Gaza e a Gaza, nel Libano meridionale e ovunque il terrorismo assassino, sterminatore, provochi la controffensiva dei liberi e forti.

Battista è un esperto conoscitore della cancel culture, un suo saggio di alcuni anni fa, prima che se ne parlasse ossessivamente, era intitolato “Cancellare le tracce”, era dedicato al tentativo dei fascisti d’antan di sottrarsi alle responsabilità, storiche, con l’antifascismo eterno, ideologico. Sa che cosa voglia dire brandire il falso come una clava per colpire la testa degli innocenti, dei perseguitati, degli annientati, di quelli che riscattano se possono, e possono, un passato millenario di indicibile dolore e sofferenza di minoranze annichilite in giro per il mondo. Nel suo “La nuova caccia all’ebreo” non si limita alla rassegna dell’ovvio, l’impennata dell’antisemitismo nel momento in cui Israele e gli ebrei si difendono, ché tutti sapevamo quanto poco sarebbe durata la solidarietà alle donne, ai bambini, ai giovani, ai vecchi torturati e sterminati en plein air dalla gentaglia di Sinwar e dagli altri annidati di Gaza non appena si fosse mosso Tsahal. No, Battista entra nell’anima marcia dell’occidente.



Nelle pieghe della sua “carne troppo grassa” (Jean Genet), nelle parole d’ordine contro il genocidio gridate e subite dai rettori delle università, assistite dalla minimizzazione a mezzo stampa, nelle relativizzazioni e contestualizzazioni immonde che hanno fatto da scudo all’impresa di degradare a fatterello o a strumento di propaganda neonazi lo sterminio degli ebrei d’Europa, all’accusa di genocidio come complemento di quella di deicidio sulle spalle del giudeo che insorge, non accetta la forza assassina, la presa d’ostaggi, lo stupro, il ricatto, la morbosa testimonianza umanitarista contro di lui. Chi voglia riscoprire e risapere tutto quello che si sa per filo e per segno di un’epica della distruzione e di una lotta vitale contro l’impresa mortale di distruggere l’ebreo tra di noi, insieme con la nostra libertà e il nostro modo di vivere, ha a disposizione un grido di raccapriccio e di rivolta, un grido genuinamente woke, che è il saggio formidabile di Battista.

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  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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