Conoscere la difesa di Salvini al processo Open Arms. Per smontarla

La nave con i migranti fermi in mare, i respingimenti, gli altri casi. La versione del vicepremier, allora anche ministro dell’Interno, dopo la richiesta di condanna a sei anni al processo di Palermo

Pubblichiamo qui di seguito, per gentile concessione dell’editore, le pagine di aggiornamento di due capitoli del libro di Matteo Salvini “Controvento” pubblicato per Piemme da Mondadori Libri SpA nel 2024.


Una nave spagnola di una ong spagnola si dirige verso un punto preciso del Mediterraneo, davanti alle coste libiche, per intercettare un barcone carico di immigrati. L’operazione viene filmata casualmente da un sottomarino della Marina Italiana, che documenta come non ci fosse pericolo imminente. Eppure gli spagnoli agiscono di tutta fretta e si allontanano, senza aspettare le autorità, dicendo no a tutte le opzioni di sbarco. Dalla Tunisia a Malta, fino alla Spagna.

No, no, no.

Portano a bordo altre persone, restano giorni e giorni in navigazione pur di far rotta verso la Sicilia, rifiutano l’aiuto di Madrid e de La Valletta. Vogliono l’Italia, solo l’Italia, fortissimamente l’Italia. Ecco la storia del processo a mio carico. All’epoca ero Vicepremier e Ministro dell’Interno. Dal primo agosto 2017 al 31 luglio 2018, con Marco Minniti del Pd al Viminale, gli sbarchi furono 42.700. Dal primo agosto 2018 al 31 luglio 2019, con me al Viminale, gli sbarchi furono 8.691. Dal primo agosto 2019 al 31 luglio 2020, con Luciana Lamorgese al Viminale (prefetto gradito al Pd) gli sbarchi furono 21.618. Ricapitolando. 42.700 sbarchi; 8.691 sbarchi; 21.618 sbarchi.

Ovviamente, meno sbarchi significano anche meno morti e meno dispersi nel Mediterraneo. Con me al Viminale, rispettivamente -95 per cento e -55 per cento rispetto all’era Minniti. Numeri che mi rendono orgoglioso. Da italiano, da politico e da padre di famiglia.

Eppure, sono finito alla sbarra.

Vi racconto questa storia incredibile. Il processo, è bene ricordarlo, è iniziato per il voto del Parlamento. Dopo la crisi di governo che aveva provocato la rottura della Lega con il Movimento 5 stelle, proprio M5s si era unito alla sinistra (Renzi compreso) per darmi in pasto alla magistratura. Un ministro alla sbarra, non per aver rubato, ma per aver rispettato il programma elettorale col quale avevamo vinto le elezioni del 2018.

E’ il 14 agosto del 2019, quando la nave della Ong Open Arms, con 164 migranti a bordo, si posiziona davanti al porto di Lampedusa dopo aver bruciato intere giornate nel bel mezzo del Mediterraneo, rifiutando ogni soluzione alternativa. Niente Tunisia, no a Malta, mai in Spagna. Solo in Italia!

A quel punto inizia il braccio di ferro con l’Unione Europea e con l’allora premier Giuseppe Conte, a cui proprio negli stessi giorni la Lega aveva revocato la fiducia per le gravi inadempienze nell’agenda economica e di sviluppo infrastrutturale.

Mi pare doveroso ricordare quanto successo nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo, quando il mio avvocato Giulia Bongiorno ha formulato domande a Marc Reig Creus, comandante della Open Arms che all’epoca dello scontro con il governo italiano era indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (poi ne uscì pulito).

Ecco la storia.

Il 29 luglio 2019 Open Arms parte da Siracusa, salvo poi cancellare dal diario di bordo la destinazione dirigendosi al largo della Libia senza annunciarlo alle autorità. “Perché?”, domanda l’avvocato Bongiorno. “Perché così ci aveva ordinato l’armatore”, risponde il comandante. Poco dopo, ecco che viene intercettato proprio in quella zona un barchino in difficoltà. Un caso o un appuntamento? Secondo Creus, ovviamente un caso. Una coincidenza favorita dalle ottime condizioni meteo, aggiunge.

Il comandante assicura di aver voluto seguire le regole: eppure il primo di agosto il governo italiano gli aveva notificato un divieto di ingresso nelle acque territoriali. Open Arms rifiuta di fare rotta verso la Libia, non chiede un porto sicuro al suo Stato di bandiera (la Spagna), ignora l’invito di quest’ultima a rivolgersi alla vicina Tunisia, non accetta di far sbarcare i migranti a Malta. Resta, per quattordici giorni, nel cuore del Mediterraneo. Tanto che La Valletta in una mail ufficiale la accuserà di “bighellonare”. Perde tempo anziché fare rotta verso la Spagna, accusa Malta.

Anche perché la penisola iberica sarebbe stata raggiunta – secondo Creus – in 60 ore di navigazione. Meno di tre giorni. “Cercavamo il porto sicuro più vicino”, insiste il comandante nell’aula bunker dell’Ucciardone. Ma le norme sul soccorso in mare non prevedono che il porto sicuro sia quello più vicino, gli ricorda la difesa.

E ancora. Il 9 agosto, quando Open Arms ha già a bordo i migranti intercettati in due diversi interventi – oltre alle 19 persone di equipaggio (tra cui due giornalisti) – viene fatto salire a bordo anche Richard Gere.

Anche su questo punto il comandante non rileva stranezze, nonostante l’Ong lamentasse – proprio in quelle ore – condizioni estremamente difficili, a partire dal sovraffollamento.


Attenzione alle date.

Il primo intervento della Open Arms è del primo agosto; la nave resterà nel Mediterraneo fino al 20 agosto, e nei giorni precedenti aveva rifiutato di aiutare un’altra Ong che chiedeva di poter trasferire a bordo della nave spagnola alcuni immigrati. Strano concetto di solidarietà. “Il comandante non può decidere la destinazione”, risponde Creus. Riassumendo: il primo agosto c’è il primo intervento in acque Sar (Search and Rescue) libiche. Madrid suggerisce di contattare la Tunisia. Open Arms non accetta.

Il 2 agosto Open Arms prende a bordo altre 69 persone al confine tra le acque Sar libiche e maltesi. Ma il porto sicuro (in gergo tecnico, il Pos, Place of safety) lo chiede all’Italia, che già le aveva espressamente vietato l’ingresso.

Il 4 agosto, resta in mare senza dirigersi verso la Spagna. Idem il 5 agosto, il 6 agosto, il 7 agosto, l’8 agosto, il 9 agosto. Ma in quest’ultima data, fa capolino la star internazionale Gere con tanto di telecamere e fotografi al seguito. Il 10 agosto, dopo un ulteriore intervento, Open Arms prende a bordo altri 39 migranti. Malta si offre di accoglierli, ma il comandante rifiuta di farli scendere per paura di scontri a bordo – così racconta – e si avvicina invece a Lampedusa. Ci rimane il 10 agosto. E anche l’11, il 12, il 13. Dal 14 agosto, nonostante nel frattempo Madrid maturi la decisione di dare un porto sicuro, scatta l’accusa di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per Salvini. Lo sbarco avviene solo il 20 agosto.

Ovviamente in Italia.

Nonostante non fosse loro competenza, le autorità italiane hanno assicurato in tutti questi giorni la massima assistenza alla nave, occupandosi di evacuare i migranti bisognosi di cure. Nessuna delle altre persone a bordo dovrà ricevere particolare assistenza medica dopo lo sbarco; gli esperti hanno detto a processo che le condizioni generali erano discrete, anche perché i casi più gravi erano già stati soccorsi. Aggiungo: in caso di problemi medici o sanitari, sono altre autorità a poter concedere lo sbarco e non più il Viminale. Detto brutalmente, in caso di problemi di salute il ministero dell’Interno non avrebbe potuto evitare lo sbarco nemmeno se avesse voluto (per chiarire: mai e poi mai avremmo sottovalutato problemi di salute).

Nelle stesse ore in cui il comandante rilasciava imbarazzanti dichiarazioni nell’aula siciliana, Medici Senza Frontiere denunciava: “In 113 ancora su Geo Barents dopo 12 giorni”. Dodici giorni. Più di quelli contestati a me. Non risulta che il ministro dell’Interno dell’epoca, Luciana Lamorgese, sia stata denunciata. Voglio essere specifico, elencando episodi che non risulta abbiano fatto scattare qualche procura:

1. caso Ocean Viking: sbarco a Lampedusa il 14 settembre 2019, dopo quattro giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


2. caso Ocean Viking: sbarco a Messina il 24 settembre 2019, dopo cinque giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


3. caso Ocean Viking: sbarco a Pozzallo il 30 ottobre 2019 dopo dieci giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


4. caso Ocean Viking: sbarco a Pozzallo l’11 agosto 2021, dopo dieci giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


5. caso Ocean Viking: sbarco a Pozzallo il 6 maggio 2022, dopo nove giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


6. caso Sea Watch 4: sbarco ad Augusta il 17 maggio 2022, dopo 14 giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


7. caso Geo Barents: sbarco ad Augusta il 19 maggio 2022, dopo otto giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


8. caso Geo Barents: sbarco a Taranto il 6 agosto 2022, dopo dieci giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


9. caso Open Arms 1: sbarco a Messina il 27 agosto 2022, dopo dieci giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


10. caso Geo Barents: sbarco a Taranto l’8 settembre 2022, dopo dieci giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


11. caso Humanity 1: sbarco a Taranto il 22 settembre 2022, dopo sedici giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


12. caso Geo Barents: sbarco a Taranto il 30 settembre 2022, dopo sette giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali;


13. caso Ocean Viking: sbarco a Tolone (Francia) l’11 novembre 2022, dopo 16 giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali.

Tornando alla Ong Open Arms: se avesse avuto quale obiettivo primario la salvezza degli immigrati, in ogni caso avrebbe dovuto rispettare le istruzioni di Malta e consentire lo sbarco dei 39 migranti del terzo evento del 9 agosto 2019, anziché rifiutarne lo sbarco a terra; anche in questo caso Open Arms avrebbe potuto finalmente raggiungere la Spagna in seguito al terzo evento, entro due giorni di navigazione con le condizioni meteo marine favorevoli, piuttosto che girare intorno a quello specchio d’acqua tanto da essere censurata per iscritto da Malta.

Non dimentichiamo un altro elemento: i rischi economici cui era esposta la Ong. Parlo di sanzioni fino a 901.000,00 euro che sarebbero state comminate alla Open Arms dalla Marina mercantile spagnola se la nave avesse fatto ritorno in patria. Ci sarebbe da sorridere, se non fossero emersi altri elementi che avvicinano il mio processo a certe pagine, perlomeno opache, della storia del nostro Paese.

In particolare, nell’udienza del dicembre 2022 è emerso un fatto completamente nuovo. Si scopre che le procure siciliane, la procura di Roma e la procura militare sapevano che la Ong spagnola Open Arms era riuscita a intercettare il barcone di immigrati in acque libiche grazie a una soffiata. Una informazione di chi? Un soggetto ignoto. Un soggetto ignoto in grado di suggerire l’esatta posizione del barcone? Curioso… Era uno scafista? Il dubbio è lecito e i dati oggettivi fanno rabbrividire. Perché con tre anni di ritardo siamo venuti a conoscenza che esistevano foto, video e registrazioni della Ong, immortalata da un sottomarino della Marina italiana.

La sua esistenza era emersa in un’udienza del processo Open Arms grazie alle dichiarazioni del dirigente del Viminale Fabrizio Mancini. Egli aveva confermato la presenza del sommergibile Venuti della Marina. Il primo agosto 2019 l’unità subacquea aveva ripreso, fotografato e registrato Open Arms e il barcone carico di 50 migranti. Parole – quelle di Mancini – che avevano fatto attivare la procura, con tanto di richiesta ufficiale alla Marina: esiste un’informativa? Se sì, perché non è stata trasmessa?

Risposta: esiste ed è stata trasmessa.

Una rivelazione fondamentale. Significa che in quell’agosto 2019 c’erano dei sospetti sull’attività della Ong, informazione che però non era arrivata sul tavolo del Tar che poco dopo aveva deciso di bocciare il provvedimento che vietava l’ingresso della nave in acque territoriali italiane. Il tribunale amministrativo aveva ritenuto non ci fossero ombre sulla condotta della Ong.

Invece, l’informativa avrebbe potuto riscrivere la vicenda: emerge che due persone, di cui una “probabilmente a bordo” della Open Arms, parlavano in spagnolo e che verosimilmente si trovavano a poca distanza l’una dall’altra. Fatto sta, si legge nell’informativa, che dopo questo dialogo la Open Arms aveva cambiato rotta senza motivo apparente: guarda caso, si era avvicinata al punto esatto dove era presente un barchino con dei migranti. E’ lecito pensare che il materiale potrebbe provare la presenza di scafisti e di comunicazioni rilevanti con la Ong.

Il fascicolo è rimasto chiuso in qualche cassetto nonostante fosse stato segnalato (come è risultato da successivi approfondimenti) alle procure di Catania, Siracusa, Ragusa, Messina, Palermo, Agrigento, Sciacca e Roma.

Eppure né il Tar, né la mia difesa, né il Gup, né il Parlamento – che poi decise di mandarmi a processo! – hanno potuto visionare e conoscere un materiale così rilevante e che può riscrivere la storia di un processo. Un episodio gravissimo che in un Paese normale provocherebbe ondate di indignazione e inchieste giornalistiche sui meccanismi della giustizia e della politica. Il tutto senza dimenticare gli intendimenti di alcuni importanti magistrati italiani: mi riferisco a quanto emerso e riportato dai media con riferimento al procedimento pendente a Perugia a carico del dottor Luca Palamara, ex componente togato del Consiglio Superiore della Magistratura e leader della Anm.

Cito la conversazione che riguardava proprio le iniziative che stava assumendo nei miei confronti la procura di Agrigento, ossia la procura da cui è nato il processo che oggi si sta celebrando.

Paolo Auriemma: “Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro dell’Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c’entri la procura di Agrigento. Questo dal punto di vista tecnico al di là del lato politico. Tienilo per te, ma sbaglio?”. Luca Palamara: “No hai ragione. Ma ora bisogna attaccarlo”.

Tra le realtà più attive nel campo dell’accoglienza c’è l’Ong Mediterranea di Luca Casarini, fondata nel 2018. Parliamo di un noto esponente dei centri sociali del Nord-Est e odiatore delle forze dell’ordine tanto da aver apprezzato pubblicamente una locanda battezzata “Allo sbirro morto”. Recentemente ha confessato di aver scoperto il suo essere cristiano. Ma tu pensa! Lo ha riferito addirittura al quotidiano Avvenire, che ha pubblicato un’intervista, in data 4 ottobre 2023, da cui si evince che il Papa in persona aveva invitato Casarini all’assemblea dei vescovi. Una circostanza che, da credente prima che da politico, mi lascia onestamente sgomento. Annamo bene, come dicono gli amici romani!

Ignoro se un simile onore abbia indotto l’estremista di sinistra a stappare un’ottima bottiglia, come prometteva in alcune intercettazioni in cui sosteneva: “domani a quest’ora potremmo essere con lo champagne in mano a festeggiare perché arriva la risposta dei danesi”. E ancora: “abbiamo svoltato e possiamo pagare stipendi e debiti”. Queste frasi erano riportate in alcune registrazioni finite nell’inchiesta della procura di Ragusa sulla Ong Mediterranea e la sua nave Mare Jonio.

Conversando con Alessandro Metz, armatore insieme a Casarini della Mediterranea ed ex consigliere regionale in Friuli-Venezia Giulia con i Verdi, l’ex tuta bianca gongolava per il cospicuo finanziamento da parte della Maersk, la compagnia danese proprietaria della nave che aveva salvato un gruppo di 27 naufraghi per poi trasferirli a bordo della Mare Jonio. La procura ha acceso i riflettori su un bonifico da 125.000 euro, ma aldilà di quanto emerso ed emergerà nelle aule dei tribunali, ho ragione di credere che le fonti di finanziamento – anche insospettabili – a favore delle realtà come quella di Casarini siano numerose. E chissà cosa ne pensano uomini di fede, che pure – seguendo anche l’insegnamento di Papa Francesco – dovrebbero indignarsi di fronte alla monetizzazione della solidarietà.

Di certo, alcuni sacerdoti hanno stretto forti legami con Casarini: per esempio don Mattia Ferrari, già citato in parecchie intercettazioni pubblicate dai giornali e che pubblicamente non nasconde la propria sensibilità sul tema Ong. Casarini, pensando a questo religioso, potrà confermare un proverbio: chi trova un amico trova un tesoro…

D’altronde le organizzazioni non governative, di amici ne hanno molti. Basti pensare che in Germania hanno dato vita a un fondo, che ha raccolto donazioni superiori al milione di euro, anche per finanziare la difesa di Carola Rackete. Parliamo della tedesca, attuale europarlamentare, che entrò a forza in un porto italiano con la sua Sea Watch 3, speronando una nave della guardia di finanza e mettendo in pericolo i militari a bordo.

Se non fosse una pagina molto seria e negativa della storia del Paese e dell’Europa, il caso Rackete sembrerebbe una barzelletta. Una capitana tedesca che entra in un porto siciliano e sperona una nave militare, che viene assolta e poi si candida per la sinistra e conquista un seggio a Bruxelles come la sua sodale italiana Ilaria Salis.

Parlavamo del fondo creato a Berlino per sostenere le Ong. In questo serbatoio, dal 2020, sarebbero transitati quasi 2 milioni di euro, di cui più di 450.000 assegnati a progetti di ricerca e salvataggio in mare. Il tutto senza dimenticare provvedimenti come quello del novembre 2022: il governo di Berlino ha concesso un finanziamento triennale per complessivi 6 milioni di euro per alcune Ong e in particolare per la Sea Watch.

Inoltre, dalla Germania alcuni parlamentari avevano esercitato pressioni sulla Commissione europea per rallentare il progetto di collaborazione tra l’Italia e la guardia costiera libica, con particolare riferimento alla dotazione di mezzi per il contrasto dell’immigrazione clandestina a partire da quattro motovedette donate da Roma a Tripoli.

Per dirne un’altra: nel maggio 2023 il ministero degli Esteri di Berlino ha organizzato una conferenza sui salvataggi nel Mediterraneo centrale coinvolgendo alcune Ong. Un impegno ulteriormente testimoniato dalla presenza, in Sicilia, di un’articolazione di un’organizzazione tedesca denominata Borderline Europe, particolarmente attiva nella raccolta sistematica di dati sui flussi migratori irregolari che interessano l’Italia. Negli organi direttivi dell’associazione ci sono esponenti fortemente legati alla chiesa evangelica tedesca e ad alcune organizzazioni sindacali. Nel consiglio della fondazione c’è anche una politica in quota verdi: Margit Gottstein.

Sempre dalla Germania è partito un finanziamento per un lungometraggio prodotto da una casa produttrice francese sull’emergenza sbarchi in Italia, con taglio ovviamente polemico. Non proprio un esempio di cordialità europea.

Germania molto accogliente? Certo, ma con i confini degli altri. Berlino, infatti, non brilla per collaborazione nei confronti del nostro Paese sul fronte dei ricollocamenti. Non sono soltanto i tedeschi a mostrare una particolare generosità nei confronti delle Ong. Anche altri Paesi come Francia e Norvegia rispondono presente. La Ong transalpina Sos Mediterranée, attiva in mare con la nave Ocean Viking, risulta finanziata da un gruppo di armatori d’Oltralpe. Lo scopo non sembra squisitamente umanitario, perché le compagnie mercantili accusano consistenti perdite economiche per le operazioni di salvataggio a cui spesso devono far fronte.

Ecco perché, in molti casi, preferiscono finanziare le Ong che così trasportano gli immigrati immediatamente in Italia, facendo risparmiare tempo e quattrini alle realtà private che fanno commercio con le navi. Facendo un salto indietro nel tempo, solo nel 2014 le navi mercantili avevano soccorso circa 42.000 persone sulle 170.000 portate in salvo complessivamente nel Mediterraneo. Era successo dopo la conclusione dell’operazione Mare Nostrum. Ecco perché le società erano immediatamente corse ai ripari, mettendo mano al portafogli e facendo ricche le Ong, tanto che nel 2015 le persone soccorse dei mercantili erano state circa 15.000 su quasi 154.000 soccorsi complessivi.

L’associazione degli armatori norvegesi, che rappresenta gli interessi di 150 compagnie navali, tra il 2014 e il 2015 aveva formalmente lamentato, anche per via diplomatica, l’impiego forzato di propri mezzi per interventi di soccorso di migranti nel Mediterraneo centrale dopo la esplicita richiesta del centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma. In effetti, l’Italia aveva chiesto un aiuto a 24 navi norvegesi nel 2014, raddoppiate l’anno dopo. Da Oslo avevano reclamato soluzioni europee e internazionali per impedire ulteriori disastri in mare, uno slancio certamente umanitario ma che di fatto celava la legittima preoccupazione di consistenti perdite economiche.

All’appello dei finanziatori delle Ong non mancano altre realtà europee: il comune di Barcellona si è costituito parte civile nel processo di Palermo contro di me, perché è uno dei finanziatori della Ong Open Arms, che, oltre al già citato Richard Gere, gode di altri sponsor Vip.

Ecco spiegato, almeno in parte, il tesoretto di cui possono godere le Ong. Che contano perfino su alcuni piccoli aerei privati per il pattugliamento dei mari davanti alle coste libiche. I velivoli appartengono ad associazioni private che hanno sede legale all’estero, soprattutto Svizzera e Francia.

Il loro obiettivo è individuare barconi in difficoltà, senza però coordinarsi con le competenti autorità marittime e sovrapponendosi alle operazioni di recupero ufficiali e coordinate tra gli Stati. Peraltro, come già visto per alcune imbarcazioni, anche questi velivoli ometterebbero intenzionalmente di indicare la zona di effettivo sorvolo, così da evitare la potenziale mancata autorizzazione al decollo. Siamo di fronte a una infinità di irregolarità, piccole e grandi.

Aggiungo che molte delle navi utilizzate dalle Ong non sono omologate per le operazioni di salvataggio, e spesso non possono caricare a bordo più di un piccolo drappello di persone oltre all’equipaggio. E’ il motivo per cui Open Arms non voleva andare in Spagna. A esser sospettosi, verrebbe da pensare che faccia comodo utilizzare queste imbarcazioni per raccogliere persone, così da poter immediatamente dichiarare condizioni di sovraffollamento e avere un argomento in più per sbarcare rapidamente. Ovviamente in Italia. Per la felicità di istituzioni pubbliche e private straniere.

In questo quadro oggettivamente molto preoccupante e difficile, il governo italiano si trova a dover operare anche in un clima interno tutt’altro che semplice. Non mi riferisco solo all’impostazione molto faziosa di gran parte di stampa e televisioni, solide roccaforti del Pd, ma anche per le posizioni di alcuni magistrati. Durante il governo Conte 1, emergerà in seguito e l’ho già rammentato, l’allora capo dell’associazione nazionale magistrati Luca Palamara intratteneva conversazioni telefoniche con alcuni colleghi in cui attaccava pesantemente il sottoscritto e, a proposito degli sbarchi, arrivava a dire: “Salvini ha ragione, ma va attaccato”.

Nessuno poteva saperlo, ma proprio nelle stesse ore in cui Palamara sosteneva che i giudici dovessero accanirsi contro il sottoscritto perché chiudevo i porti come avevo promesso in campagna elettorale, una toga scendeva in piazza in una manifestazione organizzata dall’estrema sinistra per attaccare la Lega di Salvini. Per la precisione, era il 25 agosto del 2018. Molo di Catania. Al largo delle coste siciliane galleggiava la nave Diciotti che a bordo aveva alcuni immigrati. I centri sociali si erano mobilitati per insultare la polizia. Tra loro, nelle prime file, c’era il giudice Iolanda Apostolico, diventata famosa alla fine del 2023 per aver bocciato il decreto Cutro con l’effetto di rimettere in circolazione alcuni immigrati clandestini, clandestini che il governo Meloni aveva deciso di trattenere nei centri per le espulsioni.

Ditemi voi: un giudice apertamente ostile alla linea sull’immigrazione del centrodestra, può giudicare serenamente un provvedimento del centrodestra sull’immigrazione?


Sono certo che a Palermo i giudici saranno certamente più equilibrati della collega Apostolico. D’altronde, per un caso analogo a quello Open Arms, sono già stato assolto a Catania. “Non luogo a procedere” per aver rallentato lo sbarco di alcuni immigrati dalla nave Gregoretti. Per il gup “il fatto non sussiste”. Perfino i pm avevano chiesto il non luogo a procedere.

Era il maggio 2021.

Io amo ricordare l’articolo 52 della Costituzione. “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. L’ho fatto e lo rifarei.

Matteo Salvini

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.