Runjaic, l’allenatore venuto dal nulla

Storia del tecnico dell’Udinese, che prima di allenare è stato assicuratore, agente immobiliare e barista

L’Udinese è da sola in testa alla classifica per la prima volta dal campionato 2011-12. Allora i friulani potevano contare su giocatori quali Di Natale e Handanovič ed erano guidati in panchina da Francesco Guidolin. I meriti del successo di oggi sono invece da attribuire in larga parte a Kosta Runjaić.

Arrivato in Italia con molte perplessità, pronosticato da molti come il primo allenatore ad essere esonerato (primato non invidiabile che, invece, è stato a sorpresa centrato da De Rossi), il tecnico dei friulani si è imposto all’attenzione pubblica per il lavoro svolto, per come fa giocare la squadra e, ça va sans dire, per i risultati fin qui ottenuti.

Nato in Austria, ma di cittadinanza tedesca, Runjaić è però di origine serba (o, come dichiarato da lui stesso, jugoslava). Il padre era infatti serbo e la madre bosniaca ma anch’essa di famiglia serba. Runjaić è cresciuto con la nonna nei Balcani, prima di raggiungere i genitori in Austria. Questo crogiolo di culture, caratteristico di molte persone provenienti o originarie della ex Jugoslavia, ha certamente avuto un peso nella capacità del nostro di sapersi adattare a vari contesti e di sapersi relazionare con spogliatoi che, a livello internazionale, sono sempre più multietnici.

Ex calciatore che ha dovuto interrompere prematuramente la carriera a causa di un infortunio, per vivere dopo aver appeso gli scarpini al chiodo Runjaić ha fatto l’assicuratore, l’agente immobiliare e anche il barista. Nel frattempo studia da allenatore (andando a spiare anche gli allenamenti del Mainz di un giovane Jürgen Klopp) e comincia ad allenare come assistente in Germania, nelle serie minori, passando dalla seconda squadra del Kaiserslautern, dal Wehen Wiesbaden e dal VfR Aalen.

Nel frattempo Runjaić viene anche ingaggiato come analista della ZDF per i Mondiali del 2010, lavorando in quella occasione a supporto di Oliver Kahn, ex colonna del Bayern e della nazionale tedesca.

La prima, grande opportunità il tecnico slavo la ottiene col Darmstadt, passando poi al Duisburg e di nuovo al Kaiserslautern, stavolta con la prima squadra. Successivamente è la volta del Monaco 1860.

Nel 2017, per quegli strani giri che il destino a volte fa, Runjaić si ritrova ad allenare in Polonia, al Pogoń. Qui la sua carriera svolta: cinque stagioni a Stettino trasformano il Pogoń da squadra di metà classifica a potenza della Ekstraklasa (il massimo campionato polacco), finendo per aprire al tecnico le porte del più prestigioso Legia Varsavia.

Con la squadra della capitale Runjaić conquista Coppa e Supercoppa polacca, disputando anche la Conference League.

Qui, nella scorsa stagione, viene notato dai solerti scout dell’Udinese, col club friulano che decide di affidargli un nuovo progetto dopo un anno vissuto pericolosamente e risolto con una salvezza sul filo del rasoio conquistata da un Fabio Cannavaro che ha sì centrato l’obiettivo della permanenza in massima serie, ma senza mai convincere sul piano del gioco.

Runjaić sbarca a Udine fra la perplessità generale e da solo, dato che ha deciso di lasciare la moglie dentista e i tre figli in Germania. L’uomo venuto da Est si presenta alla stampa citando nientemeno che JFK: “quando il presidente Kennedy nel 1958 disse che in dieci anni l’uomo sarebbe sbarcato sulla Luna, nessuno gli credette. Nella vita, possiamo sognare in grande, è giusto farlo. Io sono partito da zero e oggi mi trovo qui ad allenare in Serie A”.

Alla guida dei bianconeri friulani arriva quindi questo tecnico sconosciuto, che non parla italiano, ma che si fa capire dalla squadra. La questione della lingua ha accompagnato Runjaić anche in Polonia, dove è stato criticato per non essere riuscito ad imparare praticamente nemmeno una parola, nonostante i sette anni trascorsi lì.

Una situazione della quale parlò lo stesso allenatore in una intervista al tedesco Kicker. In quella circostanza Runjaić dichiarò che pensava che il polacco fosse più semplice da imparare ma che comunque gli andava bene continuare ad esprimersi in inglese, perché altrimenti il suo polacco sarebbe finito per sembrare “il tedesco di Trapattoni”, ricordando le ben note difficoltà avute dal Trap nel parlare tedesco durante la sua esperienza sulla panchina del Bayern.

In Friuli per ora è sufficiente l’inglese, avendo a che fare con una rosa che conta giocatori provenienti un po’ da tutto il mondo.

Fin qui l’uomo, ma poi c’è il campo. E anche lì Runjaić ha dimostrato di saperci fare. Per la prima volta dopo anni l’Udinese è tornata ad essere una formazione piacevole da guardare.

La difesa è rimasta a tre, vero marchio di fabbrica dei friulani dai tempi in cui la varò Alberto Zaccheroni. Per il resto la struttura base alterna il 3-5-2 al più offensivo 3-4-2-1. La proposta di gioco è però tornata a essere offensiva, dopo tante stagioni in cui l’Udinese, pur cambiando allenatori, era rimasta essenzialmente legata alla difesa in blocco basso e al contropiede.

Ora invece i bianconeri friulani giocano e muovono palla quando sono in possesso mentre, al momento di difendere, sono aggressivi in avanti, cercando di conquistare velocemente il pallone per andare poi a sviluppare rapide transizioni.

Questo tipo di approccio ha rivitalizzato alcuni giocatori, a partire da Florian Thauvin e Lorenzo Lucca. Il francese, con più palloni a disposizione in zone più vicine alla porta avversaria e con compagni attorno pronti ad appoggiarlo, sembra di nuovo quel calciatore ammirato a Marsiglia.

Da parte sua Lucca, già due gol segnati, potrebbe superare le cifre dello scorso campionato, chiuso con otto reti e quattro assist prodotti. Qualora poi la squadra avesse bisogno di rinforzi, Runjaić si farà sentire. Esattamente come è stato al Legia lo scorso anno, quando si lamentò delle cessioni a gennaio di due giocatori chiave come Bartosz Slisz (all’Atlanta United in MLS) e Ernest Muçi (in Turchia al Besiktas). Anche questo finì per incrinare i rapporti con la dirigenza che portarono all’allontanamento di Runjaić dal Legia ad aprile (il campionato venne concluso dal portoghese Gonçalo Feio, ancora oggi alla guida della formazione di Varsavia).

Se l’Udinese sarà in grado di continuare a stupire, solo il tempo ce lo dirà. Di certo Runjaić, con i suoi metodi e le sue conferenze stampa serafiche, è il personaggio del momento e va a rinverdire i fasti di quella scuola slava che in passato ha prodotto allenatori come l’ex sampdoriano Vujadin Boškov, Bora Milutinovic, Ivica Osim, Tomislav Ivić (un breve passato all’Avellino) e Radomir Antic.

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