Il divario digitale dipende più da istruzione e reddito che dalla banda larga

Il digital divide in Europa è spesso affrontato con incentivi per la diffusione della banda larga in fibra ottica, trascurando la dimensione culturale del problema. Un recente studio di Harvard e Wharton mostra come fattori come istruzione e urbanizzazione siano determinanti nell’uso delle tecnologie

Nel dibattito sul digital divide in Europa è stata posta un’enfasi particolare sulla banda larga in fibra ottica, con l’obiettivo ambizioso di connettere ogni europeo con la velocità di un gigabit per secondo entro il 2030. Inoltre gli indicatori di avanzamento della società digitale costruiti da Eurostat includono l’uso di internet e di alcune applicazioni rilevate tramite interviste. Di conseguenza le politiche pubbliche sono prevalentemente costruite sull’offerta, sostanzialmente sussidi alle aziende per cablare con la fibra. Ora un recente working paper disponibile sul National Bureau of Economic Research (Nber) fa emergere come il digital divide abbia un’importante dimensione culturale e che non sia solo determinato dall’accesso alla fibra, ma sia influenzato in modo significativo da fattori come livello di istruzione, reddito e urbanizzazione. Il lavoro condotto un gruppo di ricerca di Harvard, Wharton e Microsoft considera i dati sull’uso di 12 classi di applicazioni informatiche su 40 milioni di pc e device con i dati di monitoraggio di Windows per un periodo di 6 mesi (9 mila minuti al mese). Si tratta quindi di dati molto ricchi e dettagliati.

I dati sono aggregati nei 28 mila codici di avviamento postale degli Stati Uniti e per ognuno costruiscono gli indici di “Media and information literacy” e “Content creation and computational literacy”. Il primo cattura l’uso dei computer generico e legato ai media attraverso il monitoraggio di programmi come il word processor, il foglio elettronico o Powerpoint; il Cccl invece misura applicazioni più specializzate legate alla creazione di contenuti e a skill più avanzati come la manipolazione di immagini o lo sviluppo di software. I ricercatori esaminano la varianza tra codici postali e contee e trovano una notevole variazione sia tra le regioni sia all’interno delle regioni. Spesso ci sono variazioni significative all’interno della stessa area metropolitana, mentre emerge un generale divide tra città e campagna. In linea di massima emerge come le differenze negli indici siano correlate in modo significativo con il reddito e la scolarità, anche una volta che si tiene conto delle differenze nella disponibilità di infrastrutture fisiche sia informatiche che di telecomunicazioni.

Le tradizionali misure di alfabetizzazione digitale si sono basate su indicatori di possesso di pc o di abbonamento/disponibilità di accessi a banda larga, talvolta integrati da interviste sulla frequenza di accesso alla rete o all’uso di alcune applicazioni. Qui invece si rilevano in modo sistematico, su una popolazione molto grande, i tempi e la tipologia di utilizzo di un gran numero di applicazioni su cui si costruiscono gli indici. Non sorprendentemente la mappa che mostra la disponibilità della banda larga nelle singole aree è molto più omogenea rispetto a quella dei due indici.

L’uso del digitale è più basso in aree con popolazione più anziana, dove ci sono più maschi, e dove ci sono più caucasici. Gli indici di uso digitale sono più elevati nelle aree densamente popolate. Quando si introducono gli effetti fissi per stato che dovrebbero assorbire un certo numero di altre variabili rimane la correlazione significativa con reddito e istruzione, mentre la semplice presenza di rete broadband non predice in modo statisticamente significativo le differenze negli indici di digital literacy.

Questi risultati hanno naturalmente implicazioni importanti anche per l’Europa. In Italia le politiche per lo sviluppo dell’uso del digitale si sono quasi interamente concentrate in incentivi all’offerta per aumentare la dotazione delle reti broadband nella convinzione ingegneristica che l’offerta di infrastrutture avrebbe generato le applicazioni e trainato l’uso. Gli incentivi sono stati poderosi con oltre 6 miliardi spesi per il cablaggio di aree bianche e grigie. Quasi nessun intervento è stato fatto sul lato della domanda, sia in termini di accesso alle infrastrutture sia per lo sviluppo di skill e abilità che facilitassero l’uso di applicazioni avanzate. Naturalmente, come al solito, i risultati delle politiche di sostegno non sono stati misurati, ma sono stati monitorizzati con un approccio tautologico del tipo: finanzio gli accessi in fibra e vedo quanti accessi alla fibra ottengo. In parte queste politiche sono frutto della capacità lobbistica dei gestori di tlc capaci di dettare l’agenda del dibattito pubblico sia per la forza dei loro apparati di relazioni pubbliche, sia per il possesso di competenze tecnologiche specialistiche che l’amministrazione pubblica, e anche le agenzie dedicate a questi settori, controllano poco.

Ma sarebbe ora di far rientrare nel dibattito sull’Europa digitale i fattori di domanda e azioni per lo sviluppo di competenze specifiche e di ripensare le politiche pubbliche anche in questa direzione.

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