Possibile doppia scissione dei 5 stelle: politica e linguistica

Il presidente Giuseppe Conte e il fondatore Beppe Grillo si sono scambiati messaggi poco lusinghieri tra loro, ma con due forme diverse: l’insulto greve da un lato e l’antilingua evasiva dall’altro

Una scissione politica del M5s sarebbe una buona notizia, per quanto ancora insufficiente (l’unico destino da augurarsi per quello sgorbio irriformabile è la completa estinzione). Nel frattempo, accontentiamoci della scissione linguistica, che non è cosa di poco conto. Ormai, siamo a Pasquino contro Azzeccagarbugli. Ieri Salvatore Merlo ha composto un bel florilegio dei due frasari in lotta, tra il fondatore che espettora cose postribolari come “dare due linguate al culone della Merkel” e il curatore fallimentare che usa formule involute come “la caducazione” e “la soggettivazione del conflitto”. Queste due lingue, la truculenta e la plebea, incarnano due tentazioni storiche dell’italiano – per dirla con Umberto Eco, il “parla come mangi” e l’“esprimiti siccome ti nutri”.

Sono come l’acqua e l’olio, possono convivere occasionalmente in forma annacquata (in fondo, la lingua dei politici è spesso un’alternanza calcolata di semplificazioni triviali e complicazioni inutili, a seconda che convenga farsi capire o no); ma nella loro forma purissima – l’insulto greve e l’antilingua evasiva – è raro che le due aberrazioni si combinino stabilmente. Quando lo fanno, c’è da stare guardinghi. Il caso di scuola è la lingua-tipo del comunicato brigatista, dove si saldavano perfettamente circonlocuzioni come “la capacità di operare una selettività a partire dai ruoli e dalle funzioni della struttura speciale predisposta” ed epiteti come “maiali” e “boia”. Oggi non rischiamo nulla di simile, per fortuna. Ma per igiene linguistico-politica è più prudente avere un Movimento Cinque Vaffa e un Movimento Cinque Pec anziché un unico Movimento Cinque Punte.

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