In teoria i cercapersone nelle tasche dei miliziani libanesi sarebbero dovuti esplodere in caso di guerra aperta tra Israele e il Libano, non prima. Ma alcuni combattenti avevano iniziato a insospettirsi e l’intelligence israeliana se n’è accorta. Israele dice che la nuova fase della guerra è a nord
Oggi il Mossad ha fatto esplodere centinaia di walkie-talkie (e altri pager) usati dai membri di Hezbollah in una seconda ondata dell’attacco cominciato ieri. Nelle strade del sud di Beirut sono saltate in aria le auto in cui i membri del gruppo avevano lasciato le loro radioline portatili, alcuni appartamenti hanno preso fuoco, due micro-bombe infilate nei walkie-talkie e controllate a distanza hanno ferito i partecipanti al funerale di quattro miliziani uccisi il giorno prima dall’esplosione dei loro cercapersone. Le radio con gli ordigni farebbero parte della stessa fornitura di device – che i servizi israeliani hanno intercettato e manomesso – dei pager-bomba. In Siria il regime di Bashar el Assad ha ordinato a tutte le truppe e agli agenti segreti di sbarazzarsi subito di walkie-talkie e altri “apparecchi portatili per le comunicazioni”. In teoria i cercapersone nelle tasche dei miliziani libanesi sarebbero dovuti esplodere in caso di guerra aperta tra Israele e il Libano, non prima. Poi un combattente di Hezbollah ha cominciato a sospettare che ci fosse qualcosa di strano nel suo pager ed è stato ucciso. Pochi giorni dopo un secondo membro della milizia ha capito che il suo cercapersone era compromesso e ha deciso di informare i superiori.
L’intelligence israeliana se n’è accorta, perché intercetta vari membri della milizia-partito libanese. A questo punto il Mossad aveva due opzioni: sfruttare subito il suo asset (le microcariche esplosive piazzate con successo nei device di migliaia di esponenti di Hezbollah) oppure lasciare che i sospetti sui pager raggiungessero i vertici del gruppo libanese a Beirut e che la sua operazione d’intelligence venisse smascherata e saltasse. Dopo una riunione durata undici ore, gli israeliani hanno deciso di far detonare i cercapersone. Questa è la ricostruzione che una fonte negli apparati di sicurezza ha fatto ai giornalisti di al Monitor, la testata arabo-americana con sede a Washington. Separatamente tre funzionari americani hanno dato una versione compatibile al sito di notizie Axios: “Era quel tipo di momento in cui o utilizzi quello che hai oppure lo perdi per sempre”, ha detto uno dei tre al giornalista Barak Ravid.
La posizione ufficiale della Casa Bianca è che gli Stati Uniti non hanno concordato con Israele l’attacco che in totale ha ferito più di quattromila miliziani oltre all’ambasciatore iraniano a Beirut e ha ucciso almeno venticinque persone, tra cui due bambini. Ieri nel villaggio di Saraain, in Libano, ci sono stati i funerali di Fatima Abdullah, di nove anni. Nel villaggio di Saraain, in Libano, ci sono stati i funerali di Fatima Abdullah, di nove anni. “Gli Stati Uniti non sono stati informati in anticipo del piano né hanno partecipato in alcun modo all’operazione, stiamo raccogliendo informazioni su quello che è successo anche noi”, ha detto martedì il portavoce del dipartimento di stato Matthew Miller. Oggi gli ha fatto eco il segretario di stato Antony Blinken dal Cairo. Alcuni funzionari americani hanno confermato alla stampa internazionale che dopo aver indagato l’attacco, hanno capito che dietro c’era l’intelligence israeliana. Come è prassi per tutte le sue operazioni all’estero, i vertici del Mossad e il suo capo David Barnea non hanno rivendicato o commentato la serie di esplosioni in Libano.
Secondo le fonti di Sky News Arabia i cercapersone esplosi provenivano tutti da un lotto che era stato spedito a Hezbollah cinque mesi fa. Anche secondo le fonti del Wall Street Journal a Beirut i pager incriminati provenivano da un’unica fornitura che il gruppo libanese ha ricevuto di recente. Probabilmente il Mossad è riuscito a mettere le mani sul lotto da circa cinquemila pager prima che varcasse i confini del Libano e venisse consegnato alla milizia. Il presidente della società produttrice, il taiwanese Hsu Ching-kuang, ha detto che non è stata la sua Gold Apollo a fabbricare i cercapersone che sono esplosi martedì, ma un’altra società con la licenza per il confezionamento dei pager che ha sede in Europa, a Budapest. Forse è lì che il responsabile dell’attacco contro Hezbollah ha infilato un po’ meno di venti grammi di Petn, un materiale esplosivo molto potente, e un sistema per innescare la detonazione da remoto dentro a ciascun apparecchio. Oggi il ministero degli Affari economici di Taiwan ha fatto una dichiarazione compatibile con questa versione e ha detto che la Gold Apollo non esporta direttamente in Libano, ma tra il 2022 e il 2024 ha venduto più di duecentocinquantamila cercapersone nei mercati europei e americani. È credibile che – in qualsiasi fabbrica, deposito o cantina sia avvenuta la manomissione o la sostituzione dei pager con altri già farciti di esplosivo – il Mossad non abbia informato il responsabile della produzione.