Piano di Bilancio, deficit sotto il 3% nel 2026. Giorgetti si muove in sintonia con l’Ue

Niente extradeficit per la prossima manovra, anticipo del rientro del disavanzo, riduzione del debito pubblico e riforme. Il Piano strutturale del governo meloni è in linea con le nuove regole fiscali europee

Di numeri ce ne sono ancora pochi, ma lo schema del Piano strutturale di bilancio che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha presentato in Consiglio dei ministri indica una direzione precisa. Che è in piena sintonia con le nuove regole fiscali europee. La traiettoria della “spesa netta”, che è l’unico obiettivo programmatico vincolante nel nuovo Patto di stabilità e quindi l’unico indicatore monitorato dalla Commissione europea, sarà in crescita dell’1,5% per tutto l’orizzonte del Piano “in linea con le aspettative delle autorità europee”.

Peraltro, questa traiettoria è coerente con il quadro tendenziale di finanza pubblica previsto dal Def dello scorso aprile. Vuol dire, in sostanza, che il governo non prevede di scostarsi – come quasi sempre è accaduto in autunno per la nuova legge di Bilancio – dagli obiettivi fissati in primavera. Niente extradeficit, insomma. Ad allentare leggermente i margini ristretti del governo, c’è il buon andamento delle entrate che sono cresciute (+6,5% nei primi sette mesi) molto di più di quanto ipotizzato nel Def (+2,65%) e, come anticipato dal Sole 24 Ore, hanno migliorato il quadro tendenziale: non ci sarebbe più l’aumento del rapporto debito/pil stimato in crescita quest’anno dal 137,3% al 137,8%.

Il condizionale è d’obbligo, perché ancora non ci sono cifre ufficiali. Per quelle il governo sta attendendo i dati della “Revisione generale delle stime annuali dei Conti nazionali del periodo 1995-2023” dell’Istat, che ha già annunciato una revisione al rialzo del pil nominale del 2021 attorno all’1%. L’Istat diffonderà la revisione, come previsto dal suo calendario, il prossimo 23 settembre e dopodiché il governo trasmetterà il documento aggiornato alle Camere. Ciò vuol dire che, inevitabilmente, l’Italia invierà a Bruxelles il suo Piano Strutturale di Bilancio dopo la scadenza prevista del 20 settembre, ma con tutta probabilità non sarà l’unico paese in ritardo. La revisione dell’Istat dovrebbe migliorare leggermente il dato sul debito, ma non fornirà margini per il futuro. Perché, partendo da un livello elevatissimo, ciò che conta non è tanto il dato di partenza ma la tendenza per il futuro. In questo senso, come detto, aiutano l’andamento delle entrate migliore del previsto e il dato della crescita (+1%), che è in linea con le previsioni del Def, ma all’epoca venne accolto con scetticismo perché considerato eccessivamente ottimistico.

Il governo conferma la sua politica fiscale “prudente e responsabile – dice il Mef – proponendo un percorso di rientro dal disavanzo eccessivo realisticamente più ambizioso di quello prefigurato dalla Commissione europea attraverso la traiettoria tecnica, impegnandosi a scendere sotto la soglia del 3% del rapporto deficit/pil già nel 2026”. Ciò vuol dire un miglioramento rispetto alle previsioni del Def, che indicavano un disavanzo esattamente del 3% nel 2026. A partire dal 2027 “il percorso proposto consentirà di garantire la stabilità del debito pubblico italiano e permettere alla finanza pubblica di affrontare con maggiore efficacia le sfide future”.

In realtà, dal 2027 l’Italia non dovrebbe garantire la “stabilità del debito pubblico”, come dice il comunicato del Mef, ma la sua discesa. Anche perché se il governo prevede di scendere sotto il 3% di deficit, vuol dire che l’Italia uscirà dalla procedura per deficit eccessivo e quindi sarà obbligata, secondo le regole fiscali, a ridurre il rapporto debito/pil dell’1% ogni anno. Tra l’altro non dovrebbe affatto essere un obiettivo difficile per l’Italia, dato che dopo il 2026 verrà superata la “gobba” del Superbonus – che in questo triennio si scaricherà, da solo, sul debito per circa 40 miliardi l’anno – e pertanto il debito dovrebbe iniziare a scendere automaticamente. A fianco al percorso di aggiustamento fiscale, il Piano include le riforme e gli investimenti concordati con Bruxelles che, sulla scia del Pnrr, dovranno affrontare vari nodi dalla pubblica amministrazione alla giustizia, dalla competitività al fisco.

In attesa di conoscere i numeri e i dettagli, il quadro definito dal governo Meloni è ambizioso: niente extradeficit per la prossima manovra, anticipo del rientro sotto il 3% di deficit, riduzione del debito pubblico, riforme. E questo soprattutto perché altri paesi in deficit eccessivo, come ad esempio la Francia, hanno serie difficoltà politiche a fare l’aggiustamento fiscale richiesto.

Il problema, per Giorgia Meloni, sarà far rientrare in questo quadro stretto tutti gli obiettivi (come gli aiuti alle famiglie con figli annunciati da Giorgetti) e le pendenze (18 miliardi di tagli di tasse o spese in scadenza, tra cui la decontribuzione) previsti per la prossima legge di Bilancio. Senza considerare le ulteriori richieste, ad esempio sulle pensioni, dei partiti di maggioranza.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali

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