Quanto è verde Trump. Difficile che il repubblicano e Musk vadano d’accordo sui temi energetici

L’ex presidente non è un grande sostenitore delle rinnovabili. Per questo sulle auto elettriche ha poco a che spartire col patron di Tesla. E le differenze con Harris? Ci sono, ma più sul lungo periodo

Musk, che appoggia la campagna presidenziale di Trump, ha scambiato le proprie opinioni con il candidato repubblicano su molti argomenti e lo ha fatto con una nuova modalità, attraverso X, già Twitter. Le opinioni di Trump in campo energetico sono note, egli crede che le materie prime non rinnovabili siano meglio di quelle rinnovabili nei loro molteplici usi, incluso quello dei motori endotermici. Le opinioni e gli interessi di Musk come grande produttore di automobili a trazione elettrica dovrebbero essere l’opposto di quelle di Trump. Le posizioni sono inconciliabili, eppure qualcuno, aduso al saggezza del compromesso, potrebbe suggerire un accordo fra i due che passi dalla promozione di automobili ibride.

Per approfondire la questione di un mondo più o meno “verde”, si possono osservare le differenze fra i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti. Come nel caso del contenzioso con la Cina le differenze sono meno marcate di quanto non appaia se si segue solo la polemica politica. Trump e Harris, infatti, non sembrano volere un conflitto militare e neppure un’interruzione dei rapporti economici con la Cina. Anche nel caso delle politiche volte, nel caso Trump, a rendere “meno o per niente verdi” o, nel caso di Biden-Harris “verdi del tutto” gli Stati Uniti le differenze sono meno marcate. Proiettando non le dichiarazioni ma le probabili politiche dei due candidati, si hanno dei percorsi di decarbonizzazione più o meno graduali. Secondo le proiezioni delle politiche probabili e non dichiarate non si ha un ritorno a un mondo “che non è più verde”, così come non si ha un mondo che diventa “verde del tutto”.

Una premessa. La ragione della differenza non molto marcata dipende da un’ampia gamma di fattori che influiscono sulla traiettoria delle emissioni. Non è un presidente “buono” o “cattivo” che fa differenza. Il prezzo del petrolio, il prezzo dell’energia rinnovabile, delle batterie, il costo del capitale, la crescita economica, sono i fattori decisivi. Gli incentivi fiscali e le agevolazioni creditizie, insieme alla spinta autonoma del mercato che investe su un ciclo economico verde sono stati il motore della politica economica verde di Biden. Vediamo il merito. La differenza tra i percorsi di Trump e di Biden-Harris non è molto marcata nella proiezione di Wood MacKenzie (Hitting the brakes: How the energy transition could decelerate in the US), mentre è più marcata nella proiezione di Carbon Brief (Analysis: Trump election win could add 4bn tonnes to US emissions by 2030). In breve, le molteplici forze che spingono le politiche a essere più o meno “verdi” non possono essere del tutto smontate, nel caso di Trump, così come non possono essere portate agli estremi nel caso di Harris. Ciò però non porta all’equivalenza dei due percorsi. Come nel caso delle relazioni fra gli Stati Uniti e la Cina, si hanno delle differenze anche a livello internazionale fra le due politiche.

Secondo una simulazione di origine governativa citata da CarbonBrief, la vittoria di Trump potrebbe portare a quattro miliardi di tonnellate di emissioni in più entro il 2030 rispetto ai piani di Biden-Harris. Questi quattro miliardi di tonnellate di anidride carbonica causerebbero danni climatici globali stimati per oltre 900 miliardi di dollari. Inoltre, questi quattro miliardi in più che si formano in cinque anni dopo le elezioni presidenziali equivalgono alle emissioni annuali combinate dell’Unione europea e del Giappone, o al totale annuo combinato dei 140 paesi con le emissioni più basse del mondo. Come si vede, le differenze sono difficili da percepire nell’immediato, ma diventano rilevanti, anche a livello internazionale, in un tempo più lungo.

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