Cinque dati sorprendenti da mettere in valigia per farsi ambasciatori dell’Italia che funziona

Dal fisco all’export. E (persino) la giustizia e la lotta alle disuguaglianze. Storie che raccontano la differenza tra il paese reale e il paese percepito. Motivi per essere orgogliosi dell’Italia senza essere meloniani

Nell’estate della grande gnagnera, nell’estate delle discussioni basate spesso sul nulla, nell’estate delle polemiche politiche che si concentrano spesso sulla fuffa e poco sulla realtà, c’è un tema importante che sfugge agli occhi degli osservatori, e anche a quello dei politici, specie a quelli dell’opposizione, ed è un tema che riguarda un dovere civico, per così dire, che ciascuno di noi dovrebbe far proprio soprattutto durante l’estate. Il dovere civico in questione, per così dire, è quello di provare a essere tutti, specie quando si viaggia, quando si gira, quando si incontrano nuove persone, dei piccoli e positivi ambasciatori per l’Italia. E per farlo è necessario fare un passo in avanti rispetto alla valutazione che ciascuno di noi e di voi può dare del governo ed è sufficiente farsi un’idea su quali sono i punti di forza dell’Italia di cui andare orgogliosi quando si gira il mondo.

Si può essere orgogliosi dell’Italia senza essere meloniani. Si può essere orgogliosi dell’Italia senza essere nati a Colle Oppio. Si può essere orgogliosi dell’Italia senza essere ottimisti sul governo. Si può essere fiduciosi sul futuro del paese anche senza sentirsi rappresentati dal progetto politico portato avanti dalla destra. E per esserlo, per provare a essere ambasciatori positivi del paese, per non esportare fuori dai nostri confini il nostro tafazzismo imperante, il nostro pessimismo dilagante e per governare la nostra incapacità a capire l’Italia per quello che è e non per quella che appare, ci sono almeno quattro storie sorprendenti che vale la pena mettere in valigia.

La prima notizia positiva riguarda un grande vizio italiano: l’evasione fiscale. L’Italia, lo sappiamo, viene descritta spesso, quando si affronta questo tema, come la pecora nera d’Europa, e in effetti lo siamo, ma persino su questo tema, quando si guardano i dati, c’è qualcosa che si muove e va verso la direzione giusta. In cinque anni (dati della Commissione Ue) la quota di evasione in Italia è scesa dal 21 al 16 per cento. E nel 2023 (dati dell’Agenzia delle entrate) sono affluiti nelle case dello stato 4,5 miliardi in più rispetto al 2022 (in tutto, 24,7 miliardi, praticamente una legge di stabilità) che corrispondono a una crescita del 22 per cento anno su anno. Il secondo dato, semplicemente clamoroso, riguarda le esportazioni. Quando sentite dire che l’Italia nel mondo non conta nulla, non vale niente, non pesa un tubo, suggerite di non fare confusione, di non fare di tutta un’erba un fascio, ops, e di separare le carriere. Da un lato, c’è la politica, con le sue inconcludenze, e dall’altro lato c’è l’Italia, con le sue eccellenze. Un dato utile, per arrabbiarvi quando qualcuno vi dice che l’Italia è al collasso: nel 2023, abbiamo raggiunto un record storico nelle esportazioni con vendite per 666 miliardi di euro e siamo ancora oggi la settima manifattura del mondo e l’ottavo paese esportatore più importante del mondo. Ma il dato più confortante, eccitante, è che le vendite all’estero (rapporto Ice 2024) sono cresciute del 30,4 per cento rispetto al 2019, cioè prima del Covid, e sono cresciute senza problemi nonostante le tensioni causate dai conflitti in Ucraina e in medio oriente e sono cresciute del 60,5 per cento rispetto al 2012 quando avevano raggiunto il valore di 390 miliardi di euro.

Il terzo dato, che dedichiamo anche a noi stessi, riguarda il mondo della giustizia e riguarda un elemento sorprendente del sistema giudiziario italiano: la lunghezza dei processi. Da questo punto di vista, l’Italia è poco difendibile, lo sappiamo. Nel nostro paese, in primo grado, il termine medio di definizione di un processo civile è di 675 giorni, mentre è di 498 giorni il tempo medio di un processo penale. La media dei paesi europei è di 237 nel civile e 149 nel penale. In appello, poi, le cose vanno ancora peggio. Nel civile la durata media di un processo in grado di appello è di 1.026 giorni e di 1.526 giorni in cassazione: nella media europea è di 177 giorni in appello e 172 in cassazione. Nel rito penale, i tempi medi sono di 1.167 giorni in un processo di appello e di 237 giorni in cassazione, mentre in Europa sono di 121 giorni in appello e 120 giorni in cassazione. Nonostante tutto, nonostante tutto questo, qualcosa sta cambiando. E se è vero che per misurare la forza di un paese occorre studiare la sua traiettoria si può dire che persino nel disastrato terreno della giustizia c’è una traiettoria di cui si può iniziare a essere orgogliosi. Ecco i dati di maggio del ministero della Giustizia. Primo dato: le pendenze totali nel settore civile sono in continua decrescita dal 2011, si riducono del 4,8 per cento nell’ultimo anno e raggiungono il valore minimo pari a 2.720.259 procedimenti. Secondo: nello stesso periodo, l’arretrato civile è diminuito del 5,8 per cento in Corte di Cassazione, del 13,2 per cento in Corte di appello e del 17 per cento in tribunale. Terzo dato: nel settore penale la riduzione delle pendenze complessive sull’anno precedente è del 14,3 per cento, il valore più elevato dall’inizio della rilevazione, con un totale di pendenze che raggiunge il valore minimo dal 2003, pari a 1.228.311 fascicoli.

Il quarto dato, anch’esso clamoroso, ha a che fare con un altro stereotipo che riguarda l’Italia, e che suona grosso modo così. Qualsiasi cosa di positivo si possa dire sul nostro paese arriva sempre in un momento in cui, i più lagnosi, alzano la mano e dicono: eh, va bene tutto, ma come si fa a essere orgogliosi di un paese corrotto? I dati utili per provare a contro argomentare sono quelli offerti il 15 luglio dal ministero dell’Interno, che ha analizzato il trend di alcuni reati-spia quando si parla di corruzione: concussione (articoli 317 e 319 quater del Codice penale), reati corruttivi (articoli 318, 319, 319 ter, 321, 322, 346 bis del Codice penale), peculato (articoli 314 e 316 del Codice penale), abuso d’ufficio (articolo 323 del Codice penale). Il periodo considerato va dal 2004 al 2023. Trend della concussione: -55,8 per cento. Trend dei reati corruttivi: -50,5 per cento. Trend del peculato: -5,8 per cento. Trend dell’abuso d’ufficio: -35,2 per cento.

Il quinto dato, anch’esso sorprendente, riguarda la lotta contro la diseguaglianza. Se vi capiterà di affrontare questo tema non siete costretti a dire che tutto va bene ma vi potrebbe essere utile sapere che nel 2023, grazie o nonostante il governo, decidete voi, la diseguaglianza, valutata attraverso l’indice di Gini, è passata dal 31,9 per cento al 31,7 per cento e anche il rischio di povertà è diminuito di oltre un punto percentuale, passando dal 20 al 18,8 per cento. Nei momenti di sconforto, quando vi dicono che l’Italia è uno schifo, quando vi dicono che l’Italia è un rottame, quando vi dicono che in Italia non funziona nulla, se volete provare a essere piccoli e positivi ambasciatori del paese, senza patriottismo eccessivo, tirate fuori dalla valigia questi cinque dati e provate a sorprendere il vostro interlocutore spiegando che tra l’Italia che ciascuno di noi ha in testa e l’Italia che emerge dai numeri c’è tutta la differenza che passa tra l’Italia della percezione e quella della realtà.

Di più su questi argomenti:

  • Claudio Cerasa
    Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e “Ho visto l’uomo nero”, con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.

Leave a comment

Your email address will not be published.