L’Spd costringe Merz a una pazzia sulle pensioni. Ma con l’Italia c’è una differenza
Non è una novità per chi segue il dibattito politico tedesco. Ma fa comunque impressione, che la Spd in Germania costringa il governo Merz ad assumere sulle pensioni la stessa linea professata e muscolarmente difesa da anni da Salvini e Durigon, i protagonisti indiscussi di tutte le misure che hanno mirato a minare dalle fondamenta la riforma Fornero. E ancor oggi durissimi nel respingere l’aumento automatico che scatterà nel 2027 con ulteriori tre mesi di innalzamento dell’età per le pensioni di vecchiaia, a 67 anni e 3 mesi. La revisione in Italia scatta ogni biennio, in ragione dell’aumento o meno delle speranze di vita media. La Spd tedesca ha abbracciato una linea più dura. Una sconfessione dalle fondamenta di una delle riforme più efficaci varate dal cancelliere socialdemocratico Schröder quando era un sincero riformista e non l’uomo di Mosca diventato poi.
Negli anni 1998-2005 Schröder dovette riformare a fondo l’intero welfare tedesco, quando la Germania era il “malato della Ue”. Con il pacchetto varato l’altroieri, i requisiti tedeschi di sostenibilità per l’età previdenziale, tra cui anche quello dell’età anagrafica, vengono bloccati addirittura per sei anni. In più, si introduce un pericoloso meccanismo inflazionistico, perché si aggancia l’assegno previdenziale in essere all’aumento delle retribuzioni: ogni automatismo di questo tipo crea una spirale che rende più difficile venire a capo di inflazioni elevate. In più, si accresce l’assegno previdenziale per le madri con figli nati prima del 1992. Ma, detto tutto questo, c’è una differenza gigantesca tra la controriforma tedesca e Salvini. La Germania oggi ha un debito pubblico pari al 62,3 per cento del pil, l’Italia ha un debito sul pil più che doppio. Tutte le riforme previdenziali figlie della caccia a voti elettorali sono disastri. Ma alcune, come nel caso italiano, sono irresponsabilità assoluta.