“Complici di Israele”. L’evento dei geografi a rischio boicottaggio

Vari accademici preparano una lettera rivolta agli organizzatori del Congresso geografico italiano (a Torino a inizio settembre), chiedendo spiegazioni sulla scelta di alcuni relatori perché considerati vicini alle posizioni dello stato ebraico. La loro presenza “rischia di trasmettere un messaggio politicamente, moralmente problematico”

Minacciano di boicottare il prossimo Congresso geografico italiano. Esigono spiegazioni e provvedimenti dagli organizzatori mentre ad alcuni dei relatori chiedono di rinnegare le proprie posizioni a sostegno di Israele. “Ci riferiamo in particolare all’invito al Prof. Michael Storper per la conferenza inaugurale e alla presenza della Hebrew university of Jerusalem come affiliazione di uno degli interventi”, si legge nella lettera che numerosi esponenti di università italiane – professori, dottorandi e non solo – invieranno al comitato organizzativo dell’evento in programma a Torino dal 3 al 5 settembre al Campus Einaudi e al Castello del Valentino. La conferenza, promossa dall’Associazione dei geografi italiani, si svolge ogni 4 anni, radunando docenti ed esperti di rango italiano e internazionale. Ma che quest’anno rischia di tenersi in un clima di censura. L’intervento di apertura è affidato al geografo americano Micheal Storper, professore della London school of economics and political science, ma anche a SciencePo in Francia e all’Università dela California, e autore di varie pubblicazioni scientifiche. La sua presenza “rischia di trasmettere un messaggio politicamente, moralmente problematico”, si legge nella lettera (per ora privata) che tuttavia gira online da qualche giorno nei canali accademici.

Nel testo si fa riferimento “al genocidio in corso in Palestina” e per questo “non è più accettabile assumere un atteggiamento ambiguo o accogliente nei confronti di posizioni che contribuiscono a delegittimare il movimento Bds” (che sostiene il boicottaggio di Israele). La questione è insomma politica, non riguarda competenze tecniche e scientifiche, i contenuti del congresso. Storper nel suo intervento si occuperà di diseguaglianze urbane e sociali. Nel novembre 2023, accusano gli animatori della protesta, il professore “figura tra i firmatari di lettere sottoscritte da oltre 300 docenti dell’Ucla che hanno espresso una ferma condanna delle acampadas studentesche in sostegno alla Palestina”. E per questo deve pagare dazio. Con lui, al centro delle contestazioni, c’è la Hebrew university of Jerusalem, “nota per la sua collaborazione con l’esercito israeliano” e “attivamente complice del sistema di occupazione, colonizzazione e apartheid”, scrivono nel documento i contestatori. L’università israeliana sarà rappresentata da Anvi Nufar, docente del Dipartimento di geografia, che affronterà il tema della resistenza urbana e del ridimensionamento del potere nell’era dell’arretramento democratico. Anche di questo non v’è menzione nella lettera, che prosegue chiedendo al Comitato di “agire con urgenza e responsabilità”. E poi, richiamando un’iniziativa di protesta analoga, organizzata dalla Palestinian campaign for the academic and cultural boycott of Israel (Pacbi) in occasione del recente forum dell’Associazione internazionale della sociologia (Isa), si chiede sostanzialmente di annullare i panel di alcuni relatori, qualora non vengano soddisfatte alcune condizioni. Il partecipante israeliano deve quindi “riconoscere pubblicamente e senza ambiguità i diritti inalienabili del popolo palestinese”. Il suo intervento dovrà inoltre collocarsi “esplicitamente all’interno di un quadro di co-resistenza all’oppressione (e non di semplice coesistenza sotto oppressione)”. Mentre l’organizzazione deve “verificare che i partecipanti israeliani non siano stati coinvolti, direttamente o indirettamente – inclusi incitamento o giustificazioni disumanizzanti – in gravi violazioni dei diritti del popolo palestinese, in particolare crimini di guerra, contro l’umanità (incluso l’apartheid) o genocidio”. Diversamente, si evince infine dalla missiva, non resta che il boicottaggio del congresso torinese.

Dal comitato organizzativo ieri cercavano di minimizzare la polemica, non senza imbarazzo, derubricandola a “questione privata tra gli organizzatori”. E sarà pure una faccenda tutta interna, ma certamente rivela molto dell’aria che si respira nell’accademia italiana.

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