Non governare ma indignarsi. Per il Pd è pronta la nuova icona da cui ripartire: Francesca Albanese

Da Saviano a Papa Francesco, fino alla relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati: così la sinistra all’eterna ricerca di un segretario immaginario delega la propria identità a icone morali, per evitare di fare scelte politiche vere

In principio fu Saviano, dettato dal flatus del momento e imposto come guida morale a una sinistra che, non sapendo più dove andare, decise almeno di andare a presentare il suo libro. Poi venne Papa Francesco, proclamato in un editoriale di Repubblica “l’unico vero leader progressista”, e adottato da un partito che nel dubbio tra la redistribuzione e la ridistribuzione dei ministeri, scelse l’unzione. Ora è il turno di Francesca Albanese. Compagni, ripartiamo da Francesca Albanese! Nominata dall’Onu, adottata da X, beatificata dal Pd che le dona le chiavi di Bari (e del suo cuore). Albanese è la nuova icona: chi non l’adora è connivente. Chi la critica, sionista. Chi la ignora, fascista. La sua esistenza risolve il problema fondamentale della sinistra, ovvero quello di non dover decidere ma di saper parteggiare. Non governare, ma indignarsi. Non agire, ma dichiarare solidarietà. E’ perfetta. Albanese segretaria! Ripartiamo da Albanese!


Dal ceto medio riflessivo (ossia gente che si pente dopo aver votato Renzi), alla sinistra Ztl che quando va in piazza controlla prima se c’è parcheggio per la bici elettrica, ogni stagione politica ha avuto il suo segretario parallelo del Pd, più efficace del titolare. Uno da cui ripartire.



C’è stato un tempo in cui Veronica Lario, per dire, con una lettera, fu più influente di una Direzione nazionale. E un altro in cui Francesca Pascale – emancipata, arcobaleno e partenopea – fece innamorare un Pd che non sapeva più se sciogliersi o rifondarsi in nome dell’amore. Non mancò chi, davanti a una sua foto, pensò: “La sinistra riparta da lei”. Ecco.



Poi ovviamente c’è stata la sinistra gastronomica. Quella che si dava appuntamento da Eataly invece che in sezione, e inaugurò il periodo di Oscar Farinetti, segretario e filosofo politico. Ripartiamo dal bancone. Ma c’è stata anche quella che scambiava il Gambero Rosso per una corrente interna. E Carlin Petrini per Pajetta. Quella che applaudiva i girotondi e mangiava chilometro zero su piatti compostabili con un prosecco biologico da 28 euro a bottiglia, con etichetta “resistente”.


Il fatto è che il Pd ha un segretario vero, ma ne vuole sempre un altro immaginario. Ha bisogno, verrebbe da dire, di un’identità delegata. Che sia spirituale (Papa Francesco), narrativa (Saviano), sentimentale (Pascale), o commestibile (Farinetti), purché non sia politica. La sinistra ricominci da… qualcun altro. Chiunque. Purché non sia se stessa. E oggi, che Gaza è diventata la nuova via maestra dell’anima, e il Pd ha bisogno di assoluti, eccola: Francesca Albanese. E’ perfetta. Non si candida, non si iscrive, non partecipa. Ma detta la linea. Più che una segretaria, è un sacramento.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori “Fummo giovani soltanto allora”, la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.

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