Trump e Putin si vedranno da soli. I rischi dell’incontro

Negoziati senza un cessate il fuoco e con Zelensky e gli europei fuori dalla porta, proprio come vuole Mosca. I punti di un accordo

Indagare la mente di Vladimir Putin è un genere letterario. Le case editrici internazionali fioccano di titoli che promettono di intrufolarsi nel pensiero del capo del Cremlino, come fosse un luogo inaccessibile ma indispensabile da infiltrare per capire il mondo. La testa di nessun altro leader odierno ha suscitato tanto interesse quanto quella di Vladimir Putin. Il capo del Cremlino conosce questa ossessione per la sua mente, si diletta nel mostrare la sua presunta inintelligibilità. Spesso la testa di Putin si rivela un posto meno tortuoso delle attese e la ragione per cui ora può aver accettato un incontro con il presidente americano, Donald Trump, è frutto di un calcolo semplice: il Cremlino vuole continuare la guerra contro l’Ucraina e ha due strade per farlo. La prima, quella che Putin preferisce, non prevede scontri eccessivi con gli Stati Uniti. La seconda invece mette in conto la possibilità di un conflitto (non diretto) ma più aperto con gli Stati Uniti.

Mercoledì l’inviato americano Steve Witkoff ha incontrato Putin al Cremlino. I due hanno parlato della possibilità di un vertice con Trump e se due capi di stato si incontrano per parlare della fine di una guerra vuol dire che esiste una proposta solida sul tavolo e il colloquio può affrontare temi concreti. I russi si aspettavano che Witkoff arrivasse a Mosca portando in dote qualcosa di importante, i media internazionali hanno cercato di ricostruire i punti principali della proposta. Tra i dettagli che cambiano, tutti concordano su un fatto: a Putin la proposta deve essere sembrata abbastanza generosa da concedere a Trump un incontro, che rappresenta anche la via più rapida per ritardare l’ultimatum del presidente americano che aveva indicato l’8 agosto come data limite per ottenere un cessate il fuoco o procedere con sanzioni secondarie contro Mosca. Tra le offerte che la Casa Bianca può aver presentato a Putin ci sono il riconoscimento dei territori occupati e l’eliminazione delle sanzioni. Questi punti erano già presenti in passato e finora rifiutati dal Cremlino, ma la missione di Putin ora è guadagnare tempo per continuare la guerra e gli conviene trovare il modo di tenere Trump il più tranquillo possibile.



Il presidente americano è arrivato alla Casa Bianca promettendo la fine del conflitto in Ucraina in un massimo di cento giorni. Non ci è riuscito e ha cambiato il suo atteggiamento nei confronti del capo del Cremlino, riconoscendo di essere stato preso in giro e definendo gli attacchi contro le città ucraine dei massacri “disgustosi” . Il professore di Studi strategici, Phillips O’Brien, non ha mai creduto nel cambiamento di Donald Trump. Anche secondo diversi esperti ucraini non si è mai trattato di un vero cambiamento, semplicemente il presidente si sentiva frustrato dagli ostacoli posti da Putin alla fine della guerra. Trump non ha capito cosa accade, non è entrato in sintonia con gli ucraini, si è sentito offeso, inascoltato, messo da parte. Dopo l’incontro tra Witkoff e Putin, il presidente americano ha detto che sono stati compiuti “grandi progressi”.

Per gli ucraini i grandi progressi sarebbero rappresentati dal porre fine alla guerra con delle garanzie di sicurezza che impediscano una futura invasione. Per Trump il grande progresso è anche solo rappresentato dal fatto che le diplomazie americane e russe stanno organizzando un incontro tra lui e il suo omologo russo da tenersi la prossima settimana in un paese che secondo il consigliere russo per la politica estera, Yuri Ushakov, è stato deciso ma non può essere rivelato, mentre per Putin ancora non è stato stabilito: “Abbiamo molti amici – ha detto il capo del Cremlino mentre si aggirava per il suo palazzo in compagnia del presidente emiratino Mohammed bin Zayed – potremmo anche incontrarci per esempio negli Emirati”, ha sorriso indicando il suo ospite arrivato a Mosca per parlare di affari.



Secondo O’Brien, Trump ha soltanto alzato i toni, mentre nei fatti ha continuato a favorire Putin, che ha sempre dimostrato di stimare molto più di Zelensky. Né l’annuncio sulle sanzioni, né il piano per vendere agli europei le armi di cui Kyiv ha bisogno hanno costituito una vera minaccia contro il Cremlino. Il presidente americano ha soltanto continuato a concedere a Putin il tempo di cui ha bisogno.



Gli europei e gli ucraini avevano chiesto di essere coinvolti nelle discussioni sulla pace e invece saranno lasciati fuori dalla porta. Ovunque si incontreranno, i due leader di Russia e Stati Uniti saranno soli. Trump ha detto che potrebbe esserci un incontro con Volodymyr Zelensky, ma Putin lo ha escluso. Finora tutto sta andando secondo le volontà del capo del Cremlino che aveva detto di essere disposto ad accettare un cessate il fuoco soltanto dopo i negoziati. Zelensky e gli americani invece chiedevano, come si usa in diplomazia, un cessate il fuoco per poter negoziare. Su concessione di Trump, i due leader negozieranno mentre l’Ucraina sarà ancora sotto attacco.

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull’Unione europea, scritto su carta e “a voce”. E’ autrice del podcast “Diventare Zelensky”. In libreria con “La cortina di vetro” (Mondadori)

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