I risultati verranno analizzati da una giuria composta da cittadini che deciderà se ci sono gli estremi per avviare un procedimento penale. Ma l’obiettivo della Casa Bianca sarebbe quello di ricostruire una narrazione mediatica favorevole
La procuratrice generale Pam Bondi ha deciso di aprire nuove indagini sul Russiagate, per chiarire se l’ex presidente Obama, o persone della sua Amministrazione, abbiano infranto la legge durante le indagini sulle interferenze russe. Lo ha fatto cinque anni dopo la chiusura del rapporto della commissione bipartisan del Senato, che ha evidenziato la campagna di disinformazione russa volta a danneggiare la candidata democratica Hillary Clinton alle presidenziali del 2016. Alla riapertura del caso si è arrivati per via delle rivelazioni della direttrice dell’intelligence Tulsi Gabbard, che il mese scorso ha reso pubblici nuovi documenti sul tema: a suo dire, questi dimostravano un tentato colpo di stato dell’Amministrazione Obama, che avrebbe tentato di rendere da subito illegittima l’elezione di Trump, ma nessuna delle nuove informazioni sovverte i risultati della commissione bipartisan del Senato. Secondo Gabbard, infatti, Obama avrebbe saputo da subito che i russi non avevano le capacità di alterare il processo di voto della democrazia statunitense, ma avrebbe comunque dato credito alle accuse. Il punto, però, è che le indagini sulle interferenze russe non riguardavano il sovvertimento diretto del voto popolare, che non è stato mai dimostrato, ma il tentativo di minare il processo democratico attraverso cyberattacchi ai server della campagna Clinton, l’utilizzo di bot social per diffondere fake news e l’incontro a New York con alcuni esponenti della campagna Trump per dare loro materiale compromettente sull’avversaria.
Al termine delle indagini volute da Bondi, i risultati verranno analizzati da una giuria composta da cittadini, che deciderà se ci sono gli estremi per avviare un procedimento penale. Come riportato dal New York Times, Bondi ha deciso di presentare il caso a un tribunale della Florida, e non a Washington, dove si sono svolte le decisioni principali sul Russiagate in questi anni, probabilmente perché era più facile trovare giurati favorevoli alle posizioni dell’Amministrazione Trump. Nonostante le scarsissime probabilità di giungere a un processo contro un qualsiasi esponente di spicco dell’Amministrazione Obama, l’obiettivo della Casa Bianca sarebbe quello di ricostruire una narrazione mediatica favorevole: prima di una decisione della giuria, infatti, verranno rilasciati nuovi documenti, saranno chiamate persone a testimoniare, e questo potrà per qualche mese riabilitare l’idea che il Russiagate sia stato davvero una “caccia alle streghe”, come Trump afferma da sempre. Non è un caso, infatti, che Bondi abbia pre-allertato della riapertura del caso proprio Fox News, la principale rete conservatrice americana, ancora prima di annunciarlo in conferenza stampa. Per di più, un lungo dibattito su questo tema potrebbe allontanare l’interesse dal caso Jeffrey Epstein, che la Casa Bianca fatica a controllare: nei prossimi mesi su questo tema verranno chiamate a testimoniare al Congresso decine di persone, tra cui ex direttori dell’Fbi e gli stessi Bill e Hillary Clinton.
Le presunte nuove rivelazioni di Gabbard hanno ottenuto grande risalto all’interno del mondo repubblicano. I sostenitori di Trump vedono in questa riapertura la conferma del fatto che sarebbe sempre esistita una cospirazione delle alte sfere democratiche, riunite nel cosiddetto deep state, per screditare il presidente. Gabbard, poi, grazie a queste presunte scoperte ha riottenuto un ruolo centrale nell’Amministrazione, dopo essere stata marginalizzata negli ultimi mesi per via della sua contrarietà al bombardamento sull’Iran ordinato a giugno da Trump. Bondi, invece, dimostra di star dando fede alla volontà di Trump di vendicarsi dei suoi avversari politici, rendendo il dipartimento di Giustizia un braccio armato della Casa Bianca. Nel frattempo, il presidente ha dichiarato di non avere in alcun modo interferito con la decisione di riaprire le indagini, ma che comunque Obama “se lo meriterebbe”.