Cosa succede tra Tsahal e il governo di Netanyahu

La divisione rischiosa su Gaza davanti all’evidenza: Hamas non si arrende. Le richieste degli israeliani al generale Zamir

C’è un punto fermo su cui tutti gli israeliani concordano: Hamas non si arrende. Sul da farsi, di fronte all’evidenza, si apre la nuova voragine che sta riscrivendo la storia della guerra a Gaza e racconta la divisione pericolosa tra il governo di Benjamin Netanyahu e Tsahal. Il premier e i suoi ministri, alcuni sostenitori da sempre dell’annessione della Striscia, credono che la soluzione sia un’occupazione militare totale di Gaza, che vuol dire entrare anche nelle zone in cui si è rintanato Hamas, in cui si è spostata gran parte della popolazione e in cui sono tenuti prigionieri gli ostaggi. Per il premier non c’è alternativa e lapidario sostiene che soltanto l’occupazione sia la strada giusta. Ma la realizzazione del piano ovviamente non è un affare politico, è militare ed è proprio l’esercito a essere scettico. Lo scetticismo si è trasformato in opposizione silenziosa, perché il capo di stato maggiore, Eyal Zamir, ha cercato di non esternare la sua contrarietà. A porte chiuse ha più volte spiegato perché entrare nelle roccaforti di Hamas sia un rischio infruttuoso. E’ un ramatkal, il comandante supremo di Tsahal che, come gli altri che hanno ricoperto il ruolo prima di lui, per gli israeliani è una figura di cui fidarsi: non tutti nella storia dello stato sono stati brillanti, ma spesso sono stati più considerati dei leader politici. Zamir non voleva rivestire questo ruolo, è stato chiamato da Netanyahu in aprile per sostituire Herzi Halevi, accusato di non essere in grado di vincere a Gaza per i suoi rapporti tormentati con Netanyahu, risalenti a prima del 7 ottobre. Zamir conosce il premier da tempo, è stato suo consigliere militare. E’ stato un carrista, diverso dai suoi predecessori, tutti uomini delle forze speciali più esperti in tecnologia che in grandi manovre di terra. Molti analisti ritengono che il nuovo ramatkal sicuramente non ha apprezzato le scelte di Halevi, che all’inizio della guerra anziché procedere contro tutta la Striscia, l’ha divisa in settori, dando a Hamas la possibilità di sfuggire, riorganizzarsi, sopravvivere. Nonostante non abbia condiviso le decisioni del suo predecessore, Zamir non ne ha mai parlato apertamente e oggi è lui stesso contrario all’occupazione militare completa di tutta la Striscia: in ritardo. “C’è una tensione molto forte tra esercito e governo, tra Zamir e Netanyahu ma anche tra Zamir e il ministro della Difesa Katz”, dice al Foglio Michael Milshtein, esperto del Dayan Center, profondo conoscitore di Hamas e della Striscia di Gaza. Milshtein spiega che i motivi della tensione sono due: “Zamir non vuole procedere con l’occupazione perché metterebbe a rischio gli ostaggi, sa che così Hamas non diventerà più flessibile. Inoltre, ora Israele controlla il 75 per cento della Striscia, si tratta di territorio, non di persone. Se entrasse nel restante 25 per cento, avrebbe a che fare con gli abitanti, avrebbe la responsabilità di una popolazione che detesta gli israeliani. E’ un rischio per i soldati”. Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha detto che a Gaza ci sarà un governo militare, “Zamir è contrario, vuole che il suo esercito rimanga professionale”. Oggi il capo di stato maggiore è rimasto chiuso con il premier per tre ore, spiegandogli quali sono le opzioni a Gaza. Il governo è sicuro che l’esercito farà tutto quello che gli verrà chiesto. Gli israeliani si dividono tra chi chiede a Zamir di dimettersi per prendere le distanze dalle scelte del premier e dei suoi ministri e chi lo prega di restare per fare da argine, se ce ne sarà bisogno.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull’Unione europea, scritto su carta e “a voce”. E’ autrice del podcast “Diventare Zelensky”. In libreria con “La cortina di vetro” (Mondadori)

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