L’ex presidente brasiliano è stato messo agli arresti domiciliari per ordine di Alexandre de Moraes, giudice del Supremo Tribunale Federale. Assieme ad altre 39 persone è indagato per imputazione di colpo di stato, abolizione violenta dello stato democratico e appartenenza a organizzazione criminale. I suoi sostenitori gridano alla “persecuzione”, e così l’Amministrazione Trump
L’ex-presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato messo ai domiciliari, per ordine del giudice del Supremo Tribunale Federale Alexandre de Moraes. Motivo: una violazioni di precedenti misure cautelari, che comprendevano i divieti di usare i Social, di uscire di casa dalle 19 di sera alle 6 del mattino durante i giorni feriali e tutto il giorno nei fine settimana e di conversare con ambasciatori, oltre a dovere indossare una cavigliera elettronica. “Agendo illecitamente, l’imputato Jair Bolsonaro si è rivolto ai manifestanti riuniti a Copacabana, a Rio, producendo dolosamente e consapevolmente materiale prefabbricato affinché i suoi sostenitori continuassero a tentar di fare pressione sulla Corte suprema ed ostacolare la Giustizia, tanto che la telefonata con suo figlio, Flávio, è stata pubblicata sulla piattaforma Instagram”, ha scritto de Moraes nel suo ordine di detenzione. “La Giustizia non è sciocca, tanto meno cieca e non si può permettere che l’accertamento di fatti così gravi — come quelli avvenuti in Brasile tra il 2022 e il 2023 — sia distorto da narrazioni artificiali forgiate strategicamente con l’obiettivo di manipolare l’opinione pubblica e delegittimare le istituzioni brasiliane”.
La partecipazione indiretta di Bolsonaro è stata una manifestazione di suoi sostenitori tenutasi ieri sulla spiaggia di Copacabana, in risposta a un’altra manifestazione che i sostenitori del presidente Lula avevano fatto appunto contro Bolsonaro e contro i dazi al 50 per cento che Trump ha imposto al Brasile appunto contro la “persecuzione” a Bolsonaro. In aggiunta a sanzioni personali contro de Moraes. E questa sentenza è stata seguita da un’altra protesta di sostenitori di Bolsonaro. Era stato il senatore Flávio Bolsonaro, figlio primogenito, a mettere in vivavoce il padre durante la manifestazione in suo supporto, in una diretta diffusa via Instagram. Oltre ai domiciliari, è ora a Bolsonaro anche proibito ricevere visite, tranne quelle dei suoi avvocati e dalle persone del suo nucleo familiare ristretto, a meno che non siano previamente autorizzate dal giudice de Moraes stesso. E tutti i cellulari a casa dell’ex-presidente sono stati sequestrati.
In risposta, appunto, simpatizzanti di Bolsonaro hanno sfilato durante la notte a bordo delle loro auto lungo i viali di Brasilia, suonando i clacson. E poi si sono radunati davanti al condominio dove l’ex-presidente dovrà scontare la misura restrittiva, nel quartiere Jardim Botânico della capitale. “Il Brasile si fermerà” hanno gridato alcuni dimostranti, avvolti nelle bandiere del Brasile e degli Stati Uniti. Un appoggio provocatorio ai dazi di Trump in sostegno di Bolsonaro. La Polizia militare del Distretto Federale ha rafforzato il pattugliamento nella regione centrale della capitale e bloccato la strada che porta alla Spianata dei Ministeri, a 13 chilometri di distanza, per impedire al gruppo di raggiungere la Corte suprema.
“Siamo ufficialmente in una dittatura”, ha commentato alla Cnn Flavio Bolsonaro, primogenito dell’ex capo di Stato, prevedendo che è “difficile che non ci sia una reazione” da parte di Washington. “Il Brasile non è più una democrazia”, gli ha fatto eco dagli Usa il fratello e deputato Eduardo Bolsonaro.
I difensori hanno annunciato di voler presentare ricorso, spiegando che Bolsonaro avrebbe rispettato “rigorosamente” tutte le misure cautelari previste. Assieme a altre 39 persone, Bolsonaro è indagato per i capi di imputazione di colpo di stato, abolizione violenta dello Stato democratico di diritto e appartenenza ad organizzazione criminale. In caso di condanna, la pena complessiva potrebbe superare i quarant’anni di carcere.
L’Amministrazione Trump ha subito condannato la decisione. In un post sui Social, l’Ufficio per gli Affari dell’emisfero occidentale del Dipartimento di Stato americano ha scritto: “Il giudice, ora un violatore dei diritti umani sanzionato dagli Stati Uniti, continua a utilizzare le istituzioni brasiliane per mettere a tacere l’opposizione e minacciare la democrazia. Imporre ulteriori restrizioni alla capacità di Jair Bolsonaro di difendersi in pubblico non è un servizio pubblico. Lasciate parlare Bolsonaro! Gli Stati Uniti condannano l’ordine di Moraes di imporre gli arresti domiciliari a Bolsonaro e riterranno responsabili tutti coloro che favoriscano e siano complici di questa condotta”.